Unsic: “Chi svilisce lo smart working è insensibile alla desertificazione di molte aree del Paese”
“Nel discorso di fine anno, il Presidente Mattarella ha giustamente richiamato il problema del declino demografico che diventerà une vera e propria emergenza nei prossimi anni. L’Istat prevede un calo di oltre cinque milioni di persone nei prossimi vent’anni, con un rapporto tra giovani e anziani che arriverà ad uno a tre e soprattutto la popolazione in età lavorativa scenderà in trent’anni dal 63,8 al 53,3 per cento. Entro dieci anni ben l’81 per cento dei comuni avrà un calo di residenti, percentuale che tocca l’87 per cento per i comuni di zone rurali, maggioritari in Calabria. La qualità della vita sarà uno dei fattori strategici per frenare l’emorragia. In tal senso, lo smart working, se ben gestito, potrà rappresentare l’approccio ideale sia per conciliare i bisogni aziendali con le molteplici esigenze individuali di lavoratrici e lavoratori sia per limitare gli spostamenti fisici, riducendo di conseguenza l’inquinamento, lo stress e, nella fase pandemica, i contagi”. È quanto spiega, in una nota, l’ufficio comunicazione dell’Unsic, sindacato datoriale che ha lanciato una petizione a sostegno del “lavoro agile” per rafforzare la sensibilizzazione sul tema.
“La diaspora dal Mezzogiorno, ma anche da altre aree del Paese, ha come primaria motivazione la ricerca di opportunità lavorative – continuano dall’Unsic. “Eppure, a livello ecologico e salutare, si tratta di ambienti più favorevoli rispetto a metropoli ormai invivibili. Da qui la necessità, specie con i fondi del Pnrr, di rafforzare le infrastrutture tecnologiche di quell’Italia penalizzata dalle partenze e di promuovere il lavoro a distanza anche per rivitalizzare luoghi suggestivi ma svuotati dall’emigrazione”.
Per l’Unsic “ogni ostinazione contro lo smart working è figlia di preconcetti datati e fuori dal tempo, spesso dettata unicamente da voglia di protagonismo o dalla difesa di posizioni e status quo privilegiati”.
Per il sindacato, questo strumento, sempre se ben gestito, al di là dell’esigenza in fase pandemica può rappresentare una spinta per riconfigurare e rimodellare, con l’aiuto delle nuove tecnologie, l'organizzazione e il funzionamento di un luogo di lavoro, favorendo benefiche forme di flessibilità finalizzate all’efficienza, all’autoresponsabilità e alla produttività”.