Il consulente calabrese e l’imperatore: smantellata la gang delle bancarotte pilotate
Associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta aggravata e in concorso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita ed omesso versamento dell'Iva.
Sono questi i reati di cui - a vario titolo - risultano gravemente indiziate otto persone destinatarie di altrettante misure cautelari emesse dal Gip presso Tribunale di Perugia su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della stessa Procura, e notificate stamani dai Carabinieri del Ros con il supporto, in fase esecutiva, dei Comandi Provinciali di Perugia, Roma e L’Aquila.
Tra gli indagati spicca la figura di un consulente finanziario di origini calabresi, residente da tempo nel perugino, ritenuto ai vertici del sodalizio insieme ad un altro soggetto romano.
Le investigazioni sono iniziate nel febbraio 2020 ed originariamente si erano focalizzate proprio sulla figura del consulente finanziario calabrese.
L’uomo, nei cui confronti erano state autorizzate intercettazioni telefoniche, è risultato sin da subito in stretti rapporti con un ex commercialista romano, in passato coinvolto in diverse vicende giudiziarie.
“IL VERO SODALIZIO CRIMINALE”
Le indagini tecniche, estese nei confronti di quest'ultimo, hanno portato a far ritenere che lo stesso - che era solito farsi chiamare con l’appellativo di “imperatore” dai suoi presunti sodali - fosse l’artefice di un complesso sistema che, attraverso delle bancarotte pilotate, delle truffe ai danni di altri imprenditori, frodi fiscali ed altro genere di reati gravi, avesse portato al dissesto un cospicuo numero di aziende, accumulando enormi debiti, stimati in quasi 50 milioni di giuro, a discapito di fornitori e dipendenti delle società e dell’erario.
Secondo quanto reso noto dagli inquirenti, gli indizi raccolti farebbe emergere un “un vero sodalizio criminale”, al cui vertice vi sarebbero stati il consulente calabrese e l’imprenditore romano, finiti in carcere; poi tre altri soggetti, operanti soprattutto a Roma, con il ruolo di amministratori, e che sono stati sottoposti agli arresti domiciliari, nonché tre “prestanome”, considerati i titolari fittizi di aziende variamente coinvolte e destinatari della misura di obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.
IL "MODUS OPERANDI"
Secondo quanto emerso dalle indagini, il “modus operandi” avrebbe previsto l'acquisizione sul mercato di società, in Umbria, Toscana, Lazio, Lombardia, Puglia, Trentino Alto Adige e Campania, operanti in settori come quelli della pubblicità, edilizia, turismo, sanità assistenza agli anziani, gestione di asili, informatica e commercio, anche tramite impegni di pagamento, in favore degli imprenditori cedenti, lasciati poi insoluti.
Da qui si provvedeva alla loro intestazione a presunti prestanome e, ancora, col trasferimento degli asset più redditizi ed in attivo, spesso comprendenti anche importanti commesse pubbliche (dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza, del Comune di Ravenna e della Provincia di Bolzano), ed altre società riconducibili all'organizzazione, mediante contratti di cessione di ramo d'azienda stipulati per corrispettivi incongrui.
LE SOCIETÀ SVUOTATE
Gli indagati sarebbero così riusciti a svuotare di ogni responsabilità le società acquisite, privandole di ogni risorsa patrimoniale aggredibile, sopprimerne la documentazione contabile e poi destinarle all'inevitabile fallimento, rendendo così vane le pretese dei creditori ed Erario.
Dall’altro campo avrebbero proseguito nella gestione delle attività redditizie distratte, e acquisite di fatto senza impegno di capitali, dirottando gli ingenti ricavi in ulteriori società, anch'esse intestate a prestanome o, attraverso altri canali, contratti di consulenza fatti arrivare direttamente ai solidali.
Il Gip del Tribunale di Perugia nel condividere il quadro indiziario delineato, ha però individuato nel Tribunale di Trento, dove si è verificata la bancarotta più datata, la sede competente a celebrare il processo nei confronti dell'intero complesso dei reati per cui si procede, commessi nel corso degli ultimi otto anni in più regioni italiane, emettendo comunque la misura cautelare in quanto ritenuta necessaria ed urgente per interrompere le condotte criminose.