Presunta Truffa sui “certificati bianchi”: blitz a Torino, 16 arresti. L’indagine arriva a Crotone

Crotone Cronaca

Una truffa sui “certificati bianchi” per 30 milioni di euro e un presunto riciclaggio per oltre 13 milioni con l’esecuzione di 22 misure cautelari a carico di altrettante persone indiziate di appartenere, a vario titolo, a un’associazione a delinquere finalizzata appunto alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio, autoriciclaggio e bancarotta fraudolenta, nel settore dell’efficientamento energetico.

L’operazione, nome in codice “Bianco Sporco”, è scattata a Torino ma si è estesa in gran parte della Penisola, anche in Calabria, esattamente nel crotonese, oltre nelle province di Alessandria, Cuneo e Verbania, in Piemonte; nel milanese, in Lombardia: in provincia di Savona, in Liguria; nel vicentino, nel Veneto; nella province emiliane di Bologna, Modena e Rimini ed in quella siciliana di Messina.

Per 13 degli indagati è stata disposta la misura del carcere, mentre tre sono stati sottoposti ai domiciliari e sei avranno l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria.

L’inchiesta, avviata nel 2018 dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle fiamme gialle di Torino, e coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, attualmente in fase di indagini preliminari, ipotizza l’esistenza di una estesa truffa avvenuta tra il 2014-2021.

IL MECCANISMO

Al centro una presunta associazione criminale con base nella provincia torinese che si sarebbe mossa tramite i cosiddetti “certificati bianchi” (o TEE, Titoli di Efficienza Energetica), il principale strumento di promozione dell’efficienza energetica in Italia, introdotto nel nostro ordinamento a partire dal 2005.

Alla base del meccanismo vi è l’obbligo, da parte delle aziende distributrici di energia elettrica e gas con più di 50mila clienti finali, di conseguire annualmente determinati obiettivi di risparmio energetico.

Le stesse aziende possono assolvere all’obbligo realizzando progetti di efficienza che diano diritto appunto ai “certificati bianchi”, oppure acquistando quest’ultimi da altri operatori del settore, le cosiddette Energy Service Company (E.S.Co.), società che scelgono volontariamente di realizzare progetti di riduzione dei consumi negli usi finali di energia.

Il Gestore dei Servizi Energetici (il GSE), società a partecipazione pubblica, riconosce sia alle aziende distributrici, sia alle E.S.Co. un controvalore in certificati in misura corrispondente al risparmio di energia derivante dagli interventi realizzati.

I certificati sono poi liberamente scambiabili sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica a cura del Gme, il Gestore dei Mercati Energetici.

Il meccanismo si esaurisce con la presentazione annuale dei “certificati bianchi” presso il GSE da parte delle aziende distributrici che, in tal modo, dimostrano il raggiungimento degli obiettivi di risparmio prefissati e, contestualmente, maturano il diritto all’ottenimento di un contributo tariffario in denaro da parte della Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA).

L’entità del contributo pubblico erogato dalla Cassa è parametrato al valore di mercato dei “certificati bianchi” scambiati e viene finanziato, in ultima analisi, da tutta la collettività, attraverso i prelievi sulle bollette energetiche alla voce “oneri di sistema” (per l’energia elettrica, componente tariffaria UC7).

LE INDAGINI

Le attività d’indagine, avviate a seguito di specifici spunti investigativi, sono state svolte mediante lo sviluppo di segnalazioni di operazioni sospette, l’esecuzione di intercettazioni telefoniche e indagini finanziarie nonché l’esame di ingente documentazione.

Secondo gli inquirenti il presunto meccanismo fraudolento si sarebbe articolato in tre fasi. Nella prima, le società italiane aventi qualifica di E.S.Co., presentavano al G.S.E. documentazione comprovante la realizzazione di progetti relativi a lavori di efficientamento energetico rivelatisi fittizi (ad esempio lavori di installazione caldaie, collettori o cappotti termici mai effettuati, dati identificativi dei soggetti destinatari dei lavori alterati o inesistenti ovvero dati catastali risultati fittizi o non riconducibili a soggetti beneficiari dei medesimi progetti. Dall’esame di oltre mille progetti presentati al G.S.E., 508 sarebbero risultati fittizi.

Nella seconda fase, sulla base della documentazione presentata, le E.S.Co. ottenevano così l’assegnazione di “certificati bianchi”, successivamente messi sul mercato gestito dal G.M.E. e quindi monetizzati. In merito, le operazioni di compravendita analizzate hanno riguardato oltre 300 mila TEE.

Infine, i responsabili delle ES.C.o. procedevano a trasferire parte del denaro così ottenuto in Italia e all’estero (in Lituania, Inghilterra, Romania e Bulgaria) su conti correnti intestati sia a società a loro riconducibili, sia a soggetti terzi, giustificando queste movimentazioni con fatturazioni attestanti ipotetiche prestazioni di servizio o cessioni di beni.

Una volta ricevuto sul proprio conto corrente le somme di denaro provenienti dalla truffa, si effettuavano prelievi sistematici, ai bancomat e agli sportelli bancari, anche acquistando oro e oggetti preziosi. In tal modo sarebbero stati riciclati oltre 13 milioni di euro.