Figlio maggiorenne e ottimo studente: padre non lo mantiene più, condannato

Cosenza Cronaca

Un figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni anche da maggiorenne e fino a che non abbia raggiunto l’autosufficienza economica. A maggior ragione un figlio che frequenta con profitto l'Università: il mancato assolvimento di tali obblighi comporta responsabilità penali.

È successo ad un 57enne di Corigliano-Rossano che al compimento dei 18 anni del figlio ha interrotto ogni forma di mantenimento, nonostante il ragazzo stesse all’epoca frequentando l’ultimo anno di scuola superiore, con estremo profitto, e avesse quindi deciso di continuare gli studi.

Non un bamboccione quindi, né un fannullone, ma un serio e compito giovane che voleva solo avere la possibilità di continuare a studiare.

Il giovane, oggi ventitreenne, studente modello, si è rivolto all’avvocato Ettore Zagarese che ne ha assunto la difesa come parte civile, ottenendo, con motivata decisione del Tribunale di Castrovillari la condanna penale del padre e il diritto al risarcimento del danno e il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva.

A sua discolpa il padre aveva sostenuto la tesi che non avrebbe dovuto mantenere il figlio perché in fondo lo aveva visto solo quattro o cinque volte nella sua vita e il ragazzo, dopo la separazione dalla madre avvenuta era ancora in tenera età, “mi ha cercato poco”.

Ragioni che l’avvocato Zagarese ha qualificato, nel corso della sua arringa, come innaturali rientrando nel minimo dovere di un padre quello di cercare il proprio figliolo, specie se di pochi anni.

Oltretutto il papà avrebbe interrotto il mantenimento scientemente, non appena il figlio ha compiuto la maggiore età, nonostante lo stesso fosse uno studente modello con ottime prospettive di proseguire gli studi, cosa che ha poi fatto.

Un atteggiamento da condividere e sostenere - ha affermato il penalista - a fronte di un figlio studioso e con volontà di ottenere un titolo che possa permettergli l'agognata indipendenza economica ci si aggrappa a futili motivi come il ‘non mi ha cercato’, ‘non l'ho visto’. Affibbiando ogni responsabilità di questi mancati rapporti tutti al figlio, un figlio che non ha chiesto di essere messo al mondo”.

Tesi questa condivisa dal Giudice (il Pm ne aveva invece chiesto l’assoluzione) che ha per conseguenza emesso la severa condanna risarcitoria e penale.