Aziende e ‘ndrangheta, confiscati i beni a tre imprenditori reggini
Ammonta ad oltre 40 milioni di euro il valore complessivo dei beni che sono statti confiscati a tre imprenditori reggini che operano nei settori edile, immobiliare, alberghiero, dei servizi e ludico. Si trata di Andrea Francesco Giordano (di 71 anni) e di Michele e Giuseppe Surace (padre e figlio di 65 e 38 anni).
Il decreto fa seguito ad uno stesso provvedimento eseguito, ad agosto scorso, nei confronti di un altro imprenditore edile, Carmelo Ficara, e che ha consentito la definitiva confisca, da parte dello Stato, di un patrimonio che si stima nel complesso superi i 160 milioni di euro (QUI).
Secondo gli inquirenti, due dei tre indagati, dalla fine degli anni ’80 e fino al 2017, avrebbero avviato e consolidato la propria posizione imprenditoriale facendo leva sul sostegno di storiche locali di ‘ndrangheta, in particolare quella dei Tegano di Archi.
Elementi in al senso sarebbero emersi nell’ambito dell’operazione “Monopoli” (QUI), che avrebbe fatto luce su un presunto sistema di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori reggini che, sfruttando l’appoggio delle cosche cittadine, sarebbero riusciti ad accumulare - in un modo considerato del tutto illecito – degli enormi profitti subito riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali.
Le indagini culminarono, nel 2018, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti, tra gli altri, anche dei tre imprenditori di oggi, due dei quali sono stati condannati in primo grado per associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori, reato quest’ultimo a cui è stato condanno, sempre in primo grado, alche il terzo.
Alla luce di tutto ciò la Direzione Distrettuale Antimafia ha incaricato il Gico e lo Scico delle fiamme gialle ed il Nucleo Investigativo dei Carabinieri di svolgere una indagine economico-patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti dei tre imprenditori, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.
L’attività, anche valorizzando le risultanze delle precedenti indagini, ha portato a ricostruire le acquisizioni patrimoniali effettuate dal 1985 al 2017 e di rilevare, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente ed indirettamente nella disponibilità degli imprenditori, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.
A giugno del 2019 la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto, di conseguenza, il sequestro del patrimonio riconducibile agli stessi imprenditori e, successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con il provvedimento di oggi ha decretato la confisca dell’intero compendio aziendale di dieci imprese attive nei settori edile, immobiliare, del commercio al dettaglio di generi di monopolio e ludico, comprensivo, anche, di 49 immobili, quote di partecipazione al capitale di altre dieci società, 38 tra terreni e fabbricati, beni mobili, e disponibilità finanziarie per un valore complessivamente stimato in appunto in più di 40 milioni.
Con lo sesso provvedimento, il Tribunale ha sottoposto due dei tre imprenditori alla sorveglianza speciale per tre anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.
La misura - emessa dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria - è stata eseguita dai militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri del capoluogo dello Stretto, insieme al personale dello Scico, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia locale, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri.