Al via decreto fermo pesca obbligatorio. L’allarme del Cpc: s’incoraggi uscita dal settore
Con il decreto pubblicato dal Ministero sul fermo 2023 sono state impartite le “Disposizioni in materia di interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca”.
Dal 4 settembre prossimo scatta quindi l’arresto temporaneo obbligatorio da Brindisi a Reggio Calabria per i motopescherecci autorizzati alla pesca con attrezzi tipo “reti a strascico a divergenti (OTB)”, e simili.
Il blocco terminerà il successivo 3 ottobre, mentre per il tirreno calabrese è dal 1° al 31 ottobre. Inoltre, è prevista “L’interruzione temporanea obbligatoria aggiuntiva” che per la GSA 19, per i battelli pari o inferiori ai 18 metri, è di 66 giorni, invece per quelli superiori è di 61 giorni, mentre nella GSA 10 sono 35 e 45 giornate.
E come spesso viene comunicato “burocraticamente” le giornate aggiuntive obbligatorie sono effettuate “nel rispetto delle limitazioni di cui alla vigente normativa unionale” che sembrano penalizzare la GSA 19 ionica.
“Infatti – spiega Salvatore Martilotti del Comitato Pescatori Calabria - se sommiamo le giornate di fermo pesca a quelle aggiuntive, a tutti i sabato e domenica con i giorni festivi dell’intero anno obbligatori e comprendendo anche i giorni di cattivo tempo, complessivamente le giornate lavorative per un’impresa di pesca sono in media intorno alle 145 sui 365 giorni dell’anno”.
“Pertanto – prosegue Martilotti - una domanda sorge spontanea: può un’impresa di pesca con queste poche giornate lavorative nell’intero anno essere competitiva e, soprattutto, produrre utili? Purtroppo, queste scelte incoraggiano l’uscita dal settore. Infatti, i ricavi diminuiscono, i costi operativi aumentano in maniera esponenziale e così gli utili spariscono con il risultato finale di un bilancio annuale di un’impresa di pesca in perdita e di conseguenza in tanti decidono l’uscita dal settore con la riduzione della flotta da pesca e con gli equipaggi che vanno ad ingrossare l’esercito dei senza lavoro”.
Secondo il numero uno del Cpc, invece, “è di tutt’altro avviso ad oggi la risposta ‘burocratica’ di Bruxelles: la decisione assunta dall’Unione europea è il risultato della ricerca scientifica applicata condotta nelle varie GSA. Allora come si fa ad individuare un punto di equilibrio fra ambiente, risorse disponibili e sostenibilità economica e sociale? Si può frenare l’uscita dal settore?” I
In questa fase delicata è possibile meglio razionalizzare programmi e interventi ma per Salvatore Martilotti è determinante il ruolo della Regione per tutelare i pescatori e le imprese di pesca a Bruxelles, a Roma e, in particolare, in Calabria.
“Perché – si domanda - non si coinvolgono, preventivamente, le imprese di pesca e i pescatori convocando, magari, la "Consulta regionale della pesca" prevista dalla L.R. n.27/2004? A tutti ormai è noto che la lunga crisi, prima sanitaria, poi per la guerra in Ucraina, con aumento esponenziale dei costi operativi, che sommati alla “crisi strutturale” che viene da lontano, hanno prodotto il risultato di mettere il settore in ginocchio”.
“E poi, non aver governato il cambiamento in atto con l’ammodernamento, l’innovazione e la diversificazione inter-settoriale per formare una nuova figura professionale in grado di avviare il ricambio generazionale, non ha consentito di cogliere le nuove opportunità occupazionali, in particolare, nell’ambito dell’economia costiera” puntualizza.
“Forse – continua il presidente del Comitato Pescatori - per una gestione abbastanza opinabile degli strumenti UE, a partire dai FLAG? Ma anche non aver attivato e resi operativi gli strumenti di gestione partecipata già normati della Legge regionale di settore (L.R. n. 27/2004) come l’Osservatorio regionale della pesca e la mancanza di politiche a sostegno per non aver elaborato un “Programma triennale regionale della pesca e dell’acquacoltura” unico e vero strumento di programmazione del settore, dotandolo di una copertura finanziaria adeguata a sostenere progetti di innovazione e modernizzazione del comparto, hanno contribuito ad amplificare la crisi. Adesso con un settore in forte declino da dove partiamo?”
“Oltre che da una diversa gestione degli strumenti messi a disposizione dalla Programmazione UE 2021/2027, non è più rinviabile, accanto a questi,- conclude Salvatore Martilotti - un forte investimento sulla promozione dell’associazionismo, sulla imprenditoria giovanile e femminile, sulla formazione e la qualificazione professionale per costruire una nuova figura di pescatore che sia in grado di essere protagonista nella gestione del prodotto mediante la filiera corta a partire dal decollo delle OP, ma anche con proposte, programmi e progettualità in grado di tutelare in sede comunitaria e nazionale l’economia ittica calabrese.”