Nascosti nel furgone valicavano il confine: presa la cellula che espatriava i migranti in Europa
L’aumento degli sbarchi di migranti sulle coste del reggino, registrato a partire da tre anni fa, nel 2020, aveva convinto i carabinieri a indagare sul fenomeno, soprattutto per il sospetto, non tanto remoto, che dietro si celasse una vera e propria organizzazione di trafficanti di esseri umani.
I militari, dunque, iniziarono ad indagare, raccogliendo più elementi, convergenti, che facessero chiarezza: ci si concentrò da subito sui movimenti dei migranti successivi allo sbarco, quando - in ragione dell’allora emergenza epidemiologica per il Covid - gli stessi venivano posti in isolamento fiduciario nei centri di contenimento sanitario temporaneo.
Ed è proprio dall’osservazione sul campo che gli investigatori notarono un 40enne afgano, residente in Francia, che venne intercettato a Bova Marina e a bordo di un furgone con la targa transalpina.
Da qui le indagini, avviate sotto il coordinamento della Dda reggina, portarono a registrare i movimenti dello straniero che, dopo avere fatto salire a bordo dieci connazionali, percorse l’intero territorio nazionale, facendo tappa in Abruzzo, in Lombardia e in Liguria, ed uscendo successivamente dall’Italia dal valico del Frejus.
A seguire, il 40enne varcherà più volte e nuovamente il confine, ma non dopo essere stato controllato dai Carabinieri di Susa prima di fare ingresso nel traforo, una circostanza che si ritiene abbia fotografato in maniera univoca l’intenzione del conducente di lasciare l’Italia per far entrare in Francia.
I PANNOLINI SOSPETTI
Nel corso di quel controllo, i militari constatarono che l’indagato fosse solo sul mezzo, anche se, da una successiva ispezione, si accertò che sui sedili posteriori vi fossero dei bagagli dentro i quali si ritrovarono pannolini per bambini ed altri vestiti chiaramente non appartenenti all’indagato. Inoltre si scoprì un vano, creato ad hoc nella parte posteriore del mezzo, presumibilmente usato per nascondere gli immigrati da far uscire fuori dall’Italia.
A questo punto, data anche una segnalazione inserita nella Banca dati Schengen, l’uomo fu arrestato dalla Polizia francese a Montgeneve, nel lato transalpino della località di frontiera, sorpreso a valicare il confine con sei connazionali clandestini.
Le indagini, proseguite con l’ausilio dei canali Eurojust ed Europol, per ricostruire i contatti e ulteriori componenti di una possibile catena di trasbordo dei migranti, hanno ora consentito di definire una filiera criminale di immigrazione clandestina localizzata in Turchia, Italia, Francia e Germania.
I RUOLI NELLA “CELLULA”
È questo, infatti, quanto hanno ricostruito gli inquirenti con l’inchiesta Parepidêmos (QUI), che oggi ha spalancato le porte del carcere per quattro afghani accusati appunto e a vario titolo di favoreggiamento pluriaggravato dell’immigrazione clandestina e di esercizio abusivo dell’intermediazione finanziaria ed arrestati in Francia e Germania.
Gli investigatori ritengono dunque di aver definito dettagliatamente i ruoli di tutti i soggetti coinvolti nell’indagine: il primo, ovvero il 40nne, che è considerato il promotore, organizzatore ed autista dei carici di esseri umani; un secondo uomo che avrebbe funto da intermediario tra il passeur e i parenti dei trasportati; un presunto sodale, localizzato a Marsiglia, preposto invece all’accoglienza dei migranti; ed un quarto, che stava in Germania, individuato come il terminale delle somme pagate per il viaggio.
LE AGGRAVANTI INUMANE
In definitiva, secondo gli investigatori, tutti gli indagati sarebbero stata una cellula sul territorio continentale che, attraverso delle modalità operative ben pianificate, sarebbe stata addetta a consentire ai migranti, una volta giunti nel reggino dopo l’arrivo in Italia a bordo di natanti e dopo il loro collocamento nei centri di accoglienza, di allontanarsi e partire verso località del centro Europa.
Proprio le circostanze con cui i migranti hanno raggiunto la destinazione agognata ha portato la Procura reggina a contestare le aggravanti, confermate poi nel provvedimento del Gip, di avere esposto le persone trasportate a pericolo per la loro vita, essendo stati abbandonati in una zona di montagna, al freddo ed alle intemperie, su sentieri scoscesi ed impervi; ma anche quella di aver commesso il fatto sottoponendo i trasportati ad un trattamento inumano e degradante, ovvero nascondendoli nel furgone.
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NEL VIDEO: il Colonnello Massimiliano Galasso, Comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri di Reggio Calabria.