Fili Meridiani e Instaruga Calabria portano l’Arberia nel calice e nel piatto

Crotone Attualità

Fili Meridiani e Instaruga Calabria lanciano la prima iniziativa sull’enogastronomia tipica dell’arberia crotonese. Il prossimo 7 agosto presso la Tenuta Renda di Carfizzi i ragazzi di Fili Meridiani presenteranno la prima degustazione guidata di vini arbëreshë dell’arberia crotonese coinvolgendo Luigi Mendicino, sommelier professionista e docente all’interno dei corsi di Fondazione Italiana Sommelier di Roma.

Un percorso articolato tra vini e prodotti locali con la volontà di trasferire un territorio nel calice e nel piatto, una vera e propria esperienza di gusto che narra una storia secolare di migrazioni e di identità culturale che si mantiene viva anche grazie alla perseveranza dei piccoli imprenditori locali che non si piegano alle logiche della vendita su larga scala, ma puntano alle nicchie di appassionati di questo specifico ambito. Il vino sarà l’inizio di un percorso che punterà a far conoscere l’Arberia nel piatto con i saluti forniti dal Salumificio San Cristoforo di Pallagorio

“L’idea di coinvolgere Luigi Mendicino – ha dichiarato Ursula Basta, Presidente di Fili Meridiani – nasce dalla volontà di educare e promuovere al valore che questa bevanda ha rappresentato nei secoli. L’enogastronomia, con il vino in testa, sono narratori del territorio ed è necessario che vengano coinvolti professionisti che possano essere delle guide professionali (i sommelier) che aiutino gli appassionati ad apprezzare le mille sfumature racchiuse in un calice”.

Sulla stessa linea il sommelier Luigi Mendicino: “Bisogna pensare al calice di vino come un piccolo museo: chiunque può riconoscere la bontà e la bellezza in senso generico, ma solo con la guida, con il narratore (il sommelier), si potranno cogliere quelle sfumature nascoste, quei particolari che rendono quel prodotto unico e inimitabile marcatore identitario del territorio. L’Arberia in questo senso racchiude all’interno dei suoi vini delle storie e dei valori figli della diaspora e, paradossalmente, dell’isolamento geografico che le hanno permesso di mantenere quasi intatte le sue tradizioni enogastronomiche”.