Giornate Fai per le Scuole, nel catanzarese in visita alle chiede dimenticate
Tornano nella settimana dal 20 al 25 novembre le “Giornate Fai per le Scuole”, manifestazione tutta dedicata alle scuole che da dodici anni il Fai – Fondo per l’Ambiente Italiano Ets organizza, su modello delle Giornate Fai di Primavera e d’Autunno.
Protagonisti dell’evento saranno gli Apprendisti Ciceroni, studenti appositamente formati dai volontari del Fai in collaborazione con i loro docenti, che accompagneranno altri studenti in visita nei Beni e nei luoghi da loro selezionati e aperti grazie al Fai, sentendosi direttamente coinvolti nella valorizzazione del loro territorio, parte attiva della loro comunità e diventando esempio per altri giovani in uno scambio educativo tra pari.
Tra i beni aperti in Calabria, a Catanzaro Chiese dimenticate. "È un percorso - continua la nota della Fai - tra sei piccole chiese a navata unica, con prevalente orientamento a est, tracce dell'origine medievale di Catanzaro. Tra l'edificato, compromesso dalla modernità, le chiese, pur alterate nelle loro strutture architettoniche, consentono di recuperare l'idea di una città che si sviluppava per piccoli gruppi umani che nei rioni, le antiche “rughe”, riconoscevano i tratti distintivi identitari della propria cultura. I nomi delle chiese sono: Sant'Omobono, Sant'Anna, Sant'Angelo, Santa Maria de Figulis, San Nicola Morano, Santa Maria di Mezzogiorno.
Il percorso parte dalla chiesa di Sant'Omobono, che sorge vicino al sito sul quale si trovavano il castello e la porta d'accesso nord della città. L'edificio, utilizzato come deposito, è stato scoperto nel suo valore storico artistico e culturale dalla storica dell'arte Emilia Zinzi e restaurato. Quasi tutte le altre chiese hanno origini medievali tranne la chiesa di Sant'Anna - del XVIII sec. e già cappella di famiglia nobile - interclusa tra due palazzi. Altre chiese erano collegate invece alle attività principali dei rioni di appartenenza: così i tessitori avevano la loro chiesa di Sant'Angelo, mentre i sarti erano devoti al Sant'Omobono e Santa Maria de Figulis richiama i vasai.
Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni della Scuola Media e del Liceo Classico “Pasquale Galluppi” di Catanzaro, del Liceo Scientifico “Luigi Siciliani” di Catanzaro, del Liceo Scientifico “Enrico Fermi” di Catanzaro e dell’Istituto Tecnico Settore Tecnologico "Ercolino Scalfaro".
Curinga e i suoi luoghi sacri. Curinga rappresenta uno dei “borghi d'eccellenza” della Calabria, per le sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche e per il pregio del centro antico che, collocato sulla sella istmica, si affaccia sul mar Tirreno. Nel territorio le testimonianze archeologiche attestano presenza del periodo romano con le famose terme. L'impianto urbanistico, ricostruito dopo il terremoto del 1783, lascia intravedere la maglia medievale e il centro antico è costituito da abitazioni contadine con tipologia a schiera, costruzioni destinate agli artigiani e palazzi borghesi con cortine edilizie. L'itinerario prevede la visita delle principali chiese della città. La Chiesa dell'Immacolata edificata sui resti dell'antica chiesa di S. Nicola, dopo il terremoto del 1783, presenta tre navate con transetto e cupola su tiburio ottagonale. Il Convento di Sant'Elia e Santuario di Maria SS. del Carmelo è un complesso monastico edificato verso la metà del ‘600 che comprende tre settori: il cimitero sotterraneo, sostanzialmente integro; il convento, di cui resta soltanto un'ala; il Santuario della Madonna del Carmine. Il convento risulta in costruzione nel 1629 e la prima pietra della Chiesa fu posta il 25 ottobre del 1652, mentre i frati carmelitani del convento di Sant'Elia Vecchio vi si trasferirono intorno al 1662. Poiché la volta del cimitero sostiene il peso della soprastante chiesa, è sostenibile l'ipotesi che il cimitero sia stato realizzato nel 1629, contestualmente alla realizzazione dell'area conventuale e, solo dopo, fu su di esso costruita la chiesa. Si tratta di un cimitero sotterraneo, con ambienti dotati di sepoltura «a coro», cioè con seggi in muratura addossati alla parete, canale di scolo e pozzo centrale di raccolta. Il Monastero di S. Elia Vecchio risale alla prima occupazione normanna e a un discusso documento del 1062. Il complesso architettonico comprende i resti del “Sancta Sanctorum”, un vano a pianta quadrata chiuso da una con cupola in buono stato di conservazione, la navata e i resti dell'antico cenobio. Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni del Liceo Classico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme e dell’Istituto Comprensivo “Guglielmo Marconi” di Curinga . A Roccabernarda alla riscoperta del Convento di San Francesco.
Il Convento di San Francesco di Paola si trova nel territorio del comune di Roccabernarda, piccolo centro collinare della provincia di Crotone. La struttura conventuale o, meglio, quello che ne resta, è situata su una collina prospiciente il paese, immersa nell'area naturalistica di monte Fuscaldo, così importante da essere designata come zona SIC (sito d'importanza comunitaria). Il Convento di San Francesco da Paola in Roccabernarda risale al 1539, a opera di Lorenzo da Roccabernarda, costruito sopra un preesistente centro conventuale abbandonato e intitolato a San Gerolamo.
Il monumento è quindi un vero e proprio luogo della memoria. Il complesso, attualmente sotto forma di rudere, è costituito dalla Chiesa e dal Monastero, che si sviluppa attorno a un chiostro centrale. Nell'ambito del Monastero si possono riconoscere almeno due fasi di costruzione di cui la più antica è rappresentata dall'angolo sud-ovest, che si presenta con una struttura quadrangolare. Su un lato di questa si apriva una monofora, successivamente murata, mentre all'interno un sistema di volte si appoggia su due archi sorretti, nel punto di congiunzione, da un pilastro in opera mista, a sezione circolare.
Tale struttura è congiunta, mediante un muro, a un'altra struttura semicircolare, che occupa l'estremità opposta del lato ovest del Convento. In fasi successive sembra essersi costituito tutto il complesso claustrale con l'annessa Chiesa. Nella fase definitiva si ha un chiostro quadrato, con un porticato che si sviluppa su tre lati. Sul porticato e sul lato sud erano costruite le celle dei monaci, distrutte dal terremoto del 1783.
Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni del Liceo Classico dell’Istituto Omnicomprensivo “Diodato Borelli” di Santa Severina.
A Vibo Valentia, “De re rustica” - L'agricoltura ai tempi dei romani.
Il museo archeologico nazionale "Vito Capialbi" di Vibo Valentia è ospitato all'interno del maestoso castello medievale che, dall'alto della collina su cui sorgeva l'acropoli dell'antica Hipponion, domina l'intera città moderna e il territorio circostante.
Da qui, lo sguardo accarezza la bassa valle del Mesima e si spinge lontano a scorgere le sagome dell'Etna e dello Stromboli; un paesaggio che, nel corso degli anni, ha incantato innumerevoli visitatori. Il Museo è intitolato al conte Vito Capialbi, illustre personaggio monteleonese e grande studioso di antichità, vissuto a cavallo tra ’700 e ’800. Fu il Capialbi a riunire nella sua collezione privata, ora del Museo, le testimonianze del lontano passato della città, lasciando ai posteri un ricco patrimonio di ceramiche e monete antiche.
Negli anni, le esposizioni museali si sono progressivamente arricchite offrendo, in maniera particolare, un prezioso spaccato sulla civiltà greco-romana. Il castello che ospita il Museo fu voluto da Federico II di Svevia quando decise di ripopolare la nuova città di Monteleone (l'attuale Vibo Valentia) e di costruire una fortezza a sua difesa. Anche se, probabilmente, una prima semplice costruzione fortificata esistette già con i Normanni, l'attuale struttura del castello di Vibo non ha conservato nessuna traccia riconducibile a quel periodo.
Nei secoli successivi, poi, le varie dominazioni che si sono avvicendate e i devastanti eventi sismici, hanno cambiato radicalmente il volto della struttura originaria che nel tempo fu utilizzata anche come dimora della potente famiglia dei Pignatelli. Dopo un periodo di abbandono alternato a saltuari utilizzi, il castello fu restaurato per divenire, a partire dal 1995, sede del Museo. Visite a cura degli Apprendisti Ciceroni del Liceo Classico "Michele Morelli" di Vibo Valentia.