Telefonini scoperti nel carcere di Rossano, annullato il sequestro per due detenuti

Cosenza Cronaca

Clamoroso annullamento per due detenuti del sequestro dei cellulari e di altri oggetti elettronici effettuato nel carcere di Rossano il 7 febbraio scorso (QUI).

L’attività è stata eseguita dalla Polizia Penitenziaria e ha avuto un ampio risalto mediatico per via dell’elevato numero di telefonini e materiali elettronici ritrovati, oltre che per il cospicuo numero di detenuti coinvolti nell’operazione: quasi cento, molti dei quali reclusi nei reparti di alta sicurezza.

Sequestro convalidato per quasi tutti, ad accezione infatti di due di loro, M.G. e P.G., entrambi difesi dall’avvocato Mario Alberelli del Foro di Cosenza che rilevando l’insussistenza del fumus del reato, si è opposto alla misura disposta dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, ritenendo illegittimi sia il sequestro che la successiva convalida.

“Sono particolarmente soddisfatto, non solo perché è stato annullato il sequestro nei confronti dei miei assistititi, ma anche perché il Tribunale del Riesame, in una composizione così altamente qualificata, ha accolto tutti i motivi di ricorso che ho suggerito” ha commentato in proposito il legale bruzio.

Il Collegio giudicante, composto Paola Lucente, Stefania Antico e Iole Vigna, ha accolto l’istanza dell’avvocato Alberelli, valutando una erronea attribuzione agli indagati dei beni sequestrati.

Innanzitutto non sarebbe stato dato l’avviso ai detenuti di nominare un difensore. Infatti il 6 febbraio, in un orario non meglio specificato nel verbale di sequestro, la Polizia Penitenziaria avrebbe portato via i cellulari e l’altro materiale e solo il 7 febbraio, quasi 48 ore dopo, sarebbe tornata dai reclusi per avvisarli che avrebbero potuto farsi assistere da un legale.

Un dettaglio che non è sfuggito all’avvocato Alberelli che ha evidenziato anche un contrasto narrativo e certificativo tra il decreto della Procura, dove si descrive che i cellulari erano “detenuti nelle camere di pernottamento”, ed il verbale di sequestro della Penitenziaria, dove invece si specifica che i “cellulari erano nell’aeratore metallico del bagno delle camere”.

Inoltre, i telefonini ritrovati proprio nell’aeratore - che si trova nel bagno che a sua volta si trova in cella - si è ritenuto avrebbe potuto metterceli chiunque, visto che al wc, di solito, si va da soli e che il locale, per definizione, sarebbe una stanza ad uso strettamente privato.

“Non si può certo pretendere che, per procedere legittimamente al sequestro, la Polizia debba avere diretta percezione dell’illecito penale, ma è necessaria non solo la presenza degli indizi di reato, ma anche e soprattutto il collegamento inequivocabile tra le tracce di reato e l’indiziatoha precisato in questo senso l’avvocato Alberelli.

“Ogni smartphone rinvenuto in carcere - ha poi aggiunto - è sicuramente un indizio di reato, ma è mancato il legame tra i due detenuti del reparto di alta sicurezza ed il materiale elettronico che potrebbe aver lasciato lì chiunque”.

A conferma dell’illegittimità del sequestro il legale ha sottolineato come non si sia proceduto nemmeno a una perquisizione personale nei confronti dei detenuti, “a riprova di quanto mancasse il fondato motivo di ritenere occultate tracce di reato sulle loro persone”.

Sarebbe quindi mancata, prima ad opera degli agenti e poi da parte della Procura, la motivazione sull’attribuzione dei beni sequestrati alle due persone ristrette.

In mancanza di prove certe, per gli inquirenti, nel dubbio, la detenzione dei cellulari era attribuibile a tutti, mentre per il Tribunale del Riesame è valso invece il sempreverde brocardo latino “in dubbio pro reo”, nel dubbio, cioè, in favore dell’imputato.

Poiché non è prevista per legge la restituzione di cose che costituirebbero esse stesse reato, i telefoni restano ora dov’erano, cioè a disposizione della Procura di Castrovillari.

Il Tribunale del Riesame di Cosenza ha annullato il sequestro, ed a catena la convalida nei confronti dei due detenuti difesi dall’avvocato Alberelli.