Giustiziere ignoto fa saltare giro di pedopornografia: 32 indagati, anche un prelato

Calabria Cronaca

Sei mesi di indagini, svolte anche con agenti sotto copertura, che hanno consentito oggi di infliggere un colpo durissimo ad un presunto giro di pedopornografia online, che annoverava tra le sue fila numerosissime persone che divulgavano e pubblicavano contenuti realizzati sfruttando sul web dei minorenni.

Alla fine tre persone sono finite in manette, una trentina sono state invece denunciate, trenta tre le perquisizioni effettuate. È l’esito dell’operazione chiamata in codice “La Croix” che ha visto impegnati in tutta Italia gli uomini della Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica.

L’indagine - coordinata dalla Procura della Repubblica di Torino e condotta dagli agenti del capoluogo piemontese - si è concentrata sull’attività di un utente che, comunque interessato al procacciamento di materiale pedopornografico, avrebbe pubblicato su gruppi ristretti informazioni e tracce informatiche carpite nell’interazione con altre identità virtuali, di fatto svolgendo l’improbabile ruolo di giustiziere”.

I coinvolti nello scambio del materiale “vietato”, utilizzando degli accorgimenti tecnici per mantenere l’anonimato, disponevano di contenuti di diversa natura, talvolta che ritraevano anche delle vere e proprie violenze sessuali, e “chattavano” con molta discrezione per sondare la reciprocità di interesse alle tematiche di abuso sessuale, utilizzando linguaggi in codice.

L'INFILTRATO NELLA RETE DI CONTATTI

L’investigazione è stata determinata dal fondamentale accreditamento dell’ignoto giustiziere all’interno della rete di contatti; successivamente, una volta ottenuti i dati informatici sui soggetti d’interesse, gli accertamenti condotti dagli agenti cibernetici hanno valorizzato tutte le tracce informatiche esposte identificando i 33 utenti coinvolti, di fatto ripercorrendo in rewind la cronologia delle interazioni in rete del loro contatto principale.

Nella fase strettamente operativa sono stati coinvolti gli Uffici di Polizia Postale di Roma, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Palermo, Catania, Bari, Venezia e Trieste, che hanno curato l’esecuzione congiunta dei provvedimenti emessi dall’Autorità Giudiziaria.

IL CALEIDOSCOPIO DI UTENTI

Gli indagati, precisano poi gli inquirenti, sono di diversa età, condizione lavorativa o ubicazione geografica: si va dai professionisti agli operai o agli studenti. Tra gli arrestati, residenti rispettivamente nel milanese, cagliaritano e beneventano, figurano un appartenente alle forze dell’ordine e un prelato.

Le perquisizioni personali, locali e sui sistemi informatici eseguite contestualmente, poi, hanno portato al sequestro di telefonini, tablet, hard disk, pen drive, computer e account di email e profili social.

Sempre durante le perquisizioni sono stati anche ritrovati gli account utilizzati dagli indagati per la richiesta del materiale pedopornografico, ed in alcuni casi un ingente quantitativo di materiale illecito custodito sui supporti informatici sottoposti a sequestro, che saranno oggetto di successivi accertamenti.

L’ALLARME SUI GIOVANI UTENTI

“Il riscontro di casi di detenzione di materiale da parte di giovani e giovanissimi - evidenziano gli inquirenti - conferma inoltre il rischioso avvicinamento delle nuove generazioni alla materia, certamente favorito dall’evoluzione tecnologica nell’uso di piattaforme peer to peer, come quella oggetto di indagine”.

Da qui l’impegno della Polizia Postale sul piano della prevenzione rispetto a quelle forme di dipendenza dall’uso dello smartphone nell’effettuazione di questo tipo di ricerche di materiale, talvolta anche cruento, da parte degli utenti, che vede una totale spersonalizzazione della vittima dello sfruttamento.