Radio libere negli anni ‘70, una storia ripercorsa dall’istituto Costanzo
Un periodo storico irripetibile e che, sicuramente, ha cambiato il modo di comunicare e ha avuto uno straordinario impatto sociale sulle generazioni di allora, è quello che ha visto la nascita delle radio libere negli anni ’70 e precisamente il 28 luglio del 1976.
L’Istituto d’Istruzione Superiore «L. Costanzo», ottimamente diretto dalla preside, Maria Francesca Amendola in collaborazione con il DSGA, Giuseppe Ferrise, ha pensato bene di celebrarlo in un’intera giornata cui hanno preso parte le ultime classi del Liceo Scientifico e dell’ITI, dedicata proprio a questo evento epocale che avrebbe, definitivamente, messo la parola fine al monopolio delle emittenti radio e poi anche a quelle televisive di Stato.
Ospite graditissimo, il giornalista e conduttore radiofonico e televisivo, Paolo Giura che ha raccontato con grande passione e competenza ai giovani studenti, la gloriosa storia delle radio private. Un excursus partito dal primo storico annuncio e la prima trasmissione radiofonica, fino all’avvento dei network che, di fatto, hanno chiuso le radio libere.
Il viaggio compiuto da Giura sulla strada de «Le parole perdute» – così si chiama lo spettacolo proposto dal giornalista e di cui è co autore un altro storico speaker lametino, Gigi Grandinetti - ha molto divertito gli alunni che si sono ritrovati di fronte ad un vero a proprio labirinto formato da vocaboli totalmente nuovi per loro, che la radio non la ascoltano praticamente mai, ma che significavano tanto negli anni ’70-’80 e ’90 per i loro genitori. Così, tra un “panno” (pezzo di stoffa elettrostatica su cui poggiava il disco di vinile posto sul piatto) o un “dipolo” (che era la parte fondamentale di un’antenna per la trasmissione del segnale usata allora) il conduttore ha scherzato, presentando anche il suo bel libro «E passiamo alla prossima dedica» sul whatsapp ante litteram, ovvero le richieste che gli ascoltatori facevano al dj nei programmi musicali, accompagnandoli con delle dediche anche criptiche ad una bella ragazza cui si voleva comunicare i propri sentimenti, magari in modo stucchevole e che oggi fa sorridere, ma allora era il cliché che accompagnava i sogni di quelle generazioni.
Radio, ha proseguito Giura nella sua esposizione, “che era anche luogo di aggregazione e di socializzazione, ma anche di battaglie per i diritti umani e per la democrazia, come quella che vide in prima linea Peppino Impastato con la sua Radio Aut sbeffeggiò la mafia che poi lo uccise, ma fu un atto di coraggio e civiltà fondamentale per le generazioni future. O ancora la Radio dei Poveri Cristi che si può considerare la prima vera radio libera italiana che nel 1970 raccontava il drammatico terremoto del Belice”.
“Oggi – ha spiegato Giura – siamo nell’era dell’intelligenza artificiale che riesce a sostituire persino il conduttore interloquendo con ipotetici ascoltatori come un essere umano e la radio non è certamente più quel luogo romantico che dava l’opportunità di stare insieme e fare scoperte straordinarie, facendo viaggiare di fantasia non solo l’ascoltatore ma anche chi stava dietra al microfono”.
Questa particolarissima e singolare navigazione ad onde lunghe in modulazione di frequenza ha avuto come epilogo la chiusura delle tantissime radio private dislocate in tutti i paesi d’Italia e addirittura in alcune frazioni di essi, dovuta al sopravvento delle grandi emittenti nazionali e viste le difficoltà oggettive di poter sobbarcarsi le spese legate alle nuove regolamentazioni statali in materia di comunicazione, che le hanno costrette a cedere le proprie frequenze. In particolare, poi, Giura ha fatto una panoramica sulle radio private del Reventino, ormai tutte chiuse, che erano state in grado, di movimentare e creare un fermento giovanile, arricchendo dei piccoli borghi altrimenti ai più sconosciuti.