Crotone. Nel centro storico e sul lungomare lo spaccio era a gestione familiare
Sono sospettati di far parte di una associazione criminale che avrebbe gestito un traffico di droga, soprattutto cocaina, hashish e marijuana, poi spacciata nel centro storico e sul lungomare di Crotone.
Un business redditizio, che avrebbe consentito anche di costituire una cosiddetta “bacinella”, in pratica una “cassa” comune a sevizio dello stesso gruppo, usata anche per i successivi acquisti di grosse quantità di stupefacente, assicurandosi così una sorta di ciclo continuo delle forniture.
Stamani, però, il blitz. Nel corso dell’operazione chiamata in codice “Old Town”, per sei persone sono scattate le manette: per cinque di loro si sono quindi spalancate le porte del carcere mentre per una sono stati decisi i domiciliari.
La misura carceraria ha quindi colpito Francesco Riggio (di 40 anni) ed i figli Giulio Nicola (23) e Alfredo (22), Vito Mario Funaro (34) e Luigi Stumpo (49). Ai domiciliari la moglie di Francesco Riggio, Angela Sacconi (42).
In concomitanza con l’esecuzione delle misure cautelari sono state effettuate anche delle perquisizioni personali e domiciliari.
Agli arresti di oggi si arriva al termine delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e condotte dai Carabinieri della Sezione Operativa del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Crotone, che hanno eseguito numerosi servizi di osservazione, pedinamento e controllo, analizzato i risultati delle intercettazioni telefoniche e ambientali, e condotto attività di osservazione, anche video, tenendo sotto controllo i luoghi dello spaccio.
Gli investigatori, alla fine, ritengono di aver ricostruito numerosi episodi di approvvigionamento, detenzione e vendita di droga, riscontrate anche con sequestri di vari quantitativi di hashish e marijuana.
Si sarebbero poi ricostruiti i compiti svolti dai presunti compenti del gruppo, di natura prevalentemente familiare, essendo stato coinvolto nello spaccio un intero nucleo di parenti.
Nucleo composto dal padre di famiglia, Francesco Riggio, all’epoca dei fatti già ai domiciliari per altra causa, che è considerato il promotore e organizzatore dell’attività.
Poi la moglie e i figli, che lo avrebbero aiutato ed avrebbero spacciato al minuto la droga con la collaborazione di altri due soggetti, tanto per l’approvvigionamento degli stupefacenti che per la riscossione dei proventi dell’attività, così come per lo spaccio, il procacciamento di clienti e la gestione logistica per scansare i controlli delle Forze di Polizia.
Sarebbero state anche ricostruire le modalità operative: si ipotizza infatti che la base principale del commercio fosse l’abitazione dello stesso nucleo familiare, dove lo spaccio si praticava anche alla presenza di un altro figlio, allora ancora minorenne.
Una casa ritenuta sicura, anche quando nei pressi della stessa venivano effettuati sequestri di droga, che gli elementi indiziari acquisiti ne hanno delineato poi la riconducibilità ai componenti dell’associazione, alcuni dei quali, oltre che spacciare, facevano anche le “vedette”.