Il Clan Gallace sempre più vivo con un piede nel Comune e le mani sul territorio
Ancora una volta sotto la lente degli inquirenti è finita la cosca dei Gallace, al cui vertice vi sarebbe Cosimo Damiano Gallace (di 64 anni).
Un blitz scattato alle prime luci dell’alba ha riacceso infatti i riflettori sulla locale di Guardavalle - piccolo centro sullo jonio catanzarese -attiva nel Soveratese ma con ramificazioni al Centro-Nord Italia.
Locale che avrebbe controllato il territorio e l’economia attraverso estorsioni e furti, con la droga, in particolare marijuana, con la coltivazione di cannabis, con le armi e con il loro traffico, alcune anche da guerra e provenienti da Serbia, Montenegro e altri Paesi.
La Dda di Catanzaro contesta, a vario titolo, una serie di reati che vanno dall’associazione mafiosa, di matrice evidentemente ‘ndranghetista, alla procurata inosservanza di pena, dal traffico d’armi alla droga, fino allo scambio politico elettorale mafioso.
L’AIUTO ALLE ELEZIONI
Tra le 44 persone arrestate ci sono infatti ed anche sindaco, vice sindaco e presidente del Consiglio comunale di Badolato, nell’ordine Giuseppe Nicola Parretta, Ernesto Maria Menniti e Maicol Paparo (posti ai domiciliari).
Partendo proprio dal primo cittadino, si ipotizza che la cosca sia stata capace di “aiutare” Parretta alle consultazioni elettorali del 2021, da quest’ultimo stravinte con un risultato “bulgaro”: conquistò infatti più del 92 per cento di preferenze, confrontatosi con una lista capeggiata da Menniti, poi divenuto vice sindaco. Una “lista civetta” per gli investigatori, che sarebbe stata creata per eludere il raggiungimento del quorum.
A gestire la composizione delle liste e consentire quindi il successo di Parretta, avrebbe contribuito un altro degli arrestati odierni, Antonio Paparo, la cui “attività” si ritiene sia stata importante per far eleggere oltre che il sindaco anche suo figlio, Maicol Paparo, poi nominato presidente della Civica Assise. Obiettivo della cosca sarebbe stato quello di controllare l’ente e dunque condizionarne l’attività.
LA BACINELLA E I LAVORI PUBBLICI
Le porte del carcere, come accennavamo, si sono aperte anche per il presunto boss della cosca, Cosimo Damiano Gallace. La Dda sostiene che anche dopo il suo arresto, avvenuto circa quattro anni fa (QUI), abbia continuato a gestire il clan in tutto e per tutto.
In ciò sarebbe stato aiutato poi da Domenico Vitale (56 anni, fermato in Toscana), che avrebbe curato la cosiddetta “bacinella” in cui confluivano i guadagni dell’usura e del traffico di droga.
Un altro soggetto, omonimo di quest’ultimo, Domenico Vitale (ma di 49 anni), secondo gli inquirenti avrebbe curato invece l’infiltrazione negli appalti pubblici: un particolare riferimento è quello ai lavori di posa in opera dei frangiflutti tra Soverato e Guardavalle.
Infine il già citato Antonio Paparo, il cui compito sarebbe stato appunto quello di controllare il Comune di Badolato e curare gli interessi imprenditoriali della cosca.
IL SUPPORTO AL CAPO
L’inchiesta avrebbe fatto luce anche sull’aiuto dato a Gallace dai sodali per sottrarsi alle ricerche delle forze dell’ordine durante la latitanza e permettere a Cosmo Leotta di eludere l’esecuzione della condanna.
Le indagini avrebbero infatti ricostruito, anche grazie all’analisi delle chat emerse dai criptofonini (con tecnologia SkyECC) in uso agli indagati, il ruolo della famiglia di imprenditori edili di Badolato nella “gestione” della latitanza del presunto boss, al quale sarebbero stati garantiti vitto e alloggio in dei bunker, realizzati ad hoc e dotati di videosorveglianza ed allarme, oltre che il trasporto negli spostamenti suoi e dei suoi stretti familiari.
Nel corso delle investigazioni sarebbe emersa, infine, l’intestazione fittizia delle aziende a dei fiancheggiatori e le cointeressenze della locale nei loro affari imprenditoriali, tra cui nella realizzazione di un metanodotto nel foggiano.
Contestualmente all’esecuzione degli arresti, infatti, i militari stanno sequestrando le quote e i beni mobili e immobili, tra cui due cave, di due società di calcestruzzi e trasporto inerti, ritenuti riconducibili alla stessa famiglia imprenditoriale e considerate oggetto di una intestazione fittizia.
GLI ARRESTATI
Le porte del carcere si sono dunque spalancate per Francesco Aloi, Cosimo Andreacchio, Cesare Antonio Arcorace, Giuseppe Bava, Nicola Chiefari (cl. ’73), Giuseppe Foti, Angelo Gagliardi, Cosimo Damiano Gallace (cl. ’61), Antonio Paparo, Ivano Piperissa, Moreno Rocco Riitano, Cosimo Sorgiovanni, Bruno Vitale, Domenico Vitale (cl. ’69), Domenico Vitale (cl. ’76)
Sono stati invece disposti i domiciliari per: Agazio Andreacchio, Andrea Bressi, Antonio Bressi, Massimo Carè, Ilario Comito, Giuseppe Antonio Fiorenza, Pasquale Franco, Bruno Gagliardi, Antonio Galati, Francesca Galati, Francesco Galati, Domenico Geracitano, Antonella Giannini, Francesco Giorgi, Massimiliano Giorgi, Gregorio Grande, Vincenzo Grupico, Ernesto Maria Menniti, Angelo Domenico Paparo, Gregorio Paparo, Maicol Paparo, Nicola Paparo, Pasquale Paparo (cl.’92), Pasquale Paparo (cl.’98), Giuseppe Nicola Parretta, Antonio Cosimo Perronace, Giovanni Renda, Giuseppe Riitano, Antonio Ussia.