Diga “fantasma” da centinaia di milioni: danno erariale, indagati dirigenti

Catanzaro Cronaca

Un’opera pubblica strategica per la Calabria che non sarà più realizzata: un finanziamento di poco meno di 260 milioni di euro concesso a mezzo della Cassa per il Mezzogiorno e, poi, dai Ministeri dell’ambiente e delle infrastrutture irrimediabilmente perso essendo stato revocato integralmente.

Nel frattempo, poi, oltre 102 milioni di euro che sono stati spesi in un impiego inutile di risorse pubbliche e per un’opera mai più realizzabile.

Senza contare il danno ambientale arrecato permanentemente dai manufatti realizzati con l’impiego di svariate tonnellate di cemento armato che deturperebbero delle zone di altissimo pregio ambientale.

È questa la contestazione che Procura della Corte dei conti muove al Consorzio di Bonifica Ionio-Catanzarese, l’ex Consorzio di Bonifica Alli-Punta di Copanello, e in solido ai due dirigenti di allora, dopo una lunga, attenta e meticolosa indagine coordinata dal Procuratore regionale Romeo Ermenegildo Palma e compiuta dal Sostituto Fernando Gallone, con il prezioso e decisivo contributo investigativo dei militari della Guardia di Finanza di Catanzaro.

L’opera sul Lago Azzurro

I fatti riguardano lo sbarramento artificiale sul fiume Melito e la mancata realizzazione dell’importante opera pubblica della “Diga sul fiume Melito” (o “Lago Azzurro”), che sarebbe dovuta sorgere tra i comuni di Gimigliano, Sorbo San Basile e Fossato Serralta, tutti in provincia di Catanzaro.

Le indagini, eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria del capoluogo, avrebbero fatto emergere numerosi profili di responsabilità erariale da parte dei destinatari del provvedimento.

In particolare, gli inquirenti sostengono che fin dalla consegna dei lavori è stata contestata dagli organi tecnici del Ministero della infrastrutture, il Servizio Italiano Dighe, cui compete la verifica rigorosa della perfetta realizzazione delle infrastrutture su tutto il territorio nazionale, la carenza del progetto iniziale e la necessità di operare importanti integrazioni per assicurare la perfetta tenuta dell’invaso artificiale, altrimenti pericoloso per le popolazioni a valle dell’opera.

I problemi di sicurezza

Una integrazione progettuale che, sebbene realizzata dallo stesso progettista responsabile del progetto originario ritenuto carente dal Servizio Dighe, progettista che è poi deceduto, non è mai stata ritenuta idonea a superare i problemi di sicurezza di un’opera che, nelle more dei numerosi contenziosi azionati con l’impresa aggiudicataria, avrebbe portato a determinare un avanzamento della spesa fino a ben 102 milioni di euro per un’opera già allora non realizzabile in quanto priva delle autorizzazioni necessarie.

La Corte dei Conti regionale ha quindi citato a giudizio il Consorzio di Bonifica Ionio-Catanzarese, in persona del Commissario Liquidatore e legale rappresentante, il Rup dall’anno 2003 al 2015 ed il Direttore Generale dal 1998 al 2014, mentre non è stato possibile procedere, in quanto defunti, nei confronti del Presidente dello stesso Consorzio e del Progettista e Direttore dei lavori di allora.

La carenza d’acqua

Per la Procura, all’entità del considerevole danno patrimoniale contestato, si affiancherebbero altri effetti negativi messi in luce dai militari della Guardia di Finanza: l’infrastruttura, inserita nel programma di opere strategiche per il territorio calabrese avrebbe dovuto costituire, secondo lo schema progettuale iniziale, uno dei più grandi interventi idrici nel panorama nazionale.

L’invaso avrebbe difatti dovuto risolvere l’annosa questione della carenza d’acqua per mezzo milione di cittadini calabresi e per centinaia di aziende agricole, ciclicamente interessate da fenomeni di siccità; ed avrebbe infine consentito una produzione di energia idroelettrica in grado di soddisfare le esigenze di circa cinquanta comuni a valle dell’infrastruttura.