Rosarno. Spari a negozio, portone e auto: agì per vendetta, c’è un arresto
Al termine di una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina, un 27enne è finito in carcere con l’accusa di tentato omicidio plurimo, detenzione e porto illegale di un’arma da fuoco e danneggiamento, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
I fatti contestati risalgono al 31 maggio scorso quando, tra le 10.30 e le 11 del mattino, l’indagato, già segnalato per atti persecutori, lesioni aggravate, armi e resistenza a pubblico ufficiale, avrebbe sparato numerosi colpi di pistola tra le vie di Rosarno (QUI), dapprima contro la vetrina di un negozio, al cui interno, in quel momento, c’era il titolare, e subito dopo, all’indirizzo del portone di un’abitazione, per poi concludere il suo raid esplodendo ben dodici colpi sull’auto di un avvocato del foro di Palmi.
L’aggressione nel negozio
Secondo quanto ricostruito dalla Polizia, il movente di tutto ciò sarebbe da ricercare in una violenta aggressione subita dall’uomo il giorno precedente, il 30 maggio, all’interno di un negozio di abbigliamento di Rosarno.
Intervenuti subito dopo i fatti, gli investigatori della Sezione Investigativa del Sisco e della Squadra Mobile di Reggio Calabria, sotto la costante direzione della Procura, hanno esaminato i filmati estrapolati dalle telecamere della videosorveglianza cittadina.
La ricostruzione dei fatti
È così che sono riuscirti a ricostruire gli spostamenti del potente motociclo utilizzato dal giovane, riconoscibile in quanto senza gli specchietti retrovisori, fino a raccogliere indizi sufficienti in relazione alla coincidenza tra il casco e gli indumenti, in particolare una felpa azzurra, indossati dall’autore dei raid e quelli usati dal 27enne, identificato compiutamente nei pressi della sua abitazione.
In un estremo tentativo di eludere le investigazioni, il giovane, due giorni dopo i fatti, avrebbe poi rimontato gli specchietti retrovisori sulla moto.
L’aggravante mafiosa
L’aggravante del metodo mafioso è stata contestata, allo stato come capo di incolpazione provvisoria, per le modalità plateali del gesto, avvenuto in pieno giorno “per affermare la forza intimidatrice tipica delle organizzazioni mafiose”, sostengono gli inquirenti,
Al termine delle formalità di rito, l’uomo è stato condotto nella casa circondariale “Panzera” di Reggio Calabria a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.