Teatro. Mario Pirovano e il “Mistero Buffo” a Soveria Mannelli
Nell’ambito di Soveria + Sveglia Italia!, calendario estivo dell’Amministrazione comunale di Soveria Mannelli, giovedì 11 agosto alle ore 21.30 è in programma il più famoso spettacolo teatrale di Dario Fo “Mistero Buffo” interpretato da Mario Pirovano. Si tratta di uno straordinario impasto comico-drammatico che farà rivivere il grammelot di Dario Fo, ormai considerato un classico del „900, in cui la fame, il potere, l‟ingiustizia, l‟innocenza sono raccontati attraverso una comicità straripante, che non perde mai di vista la tradizione né l‟attualità. I Vangeli raccontati come mai prima d‟ora da un affabulatore di razza che si contorce con un‟agilità da ragazzino pur avendo 61 anni. Pirovano si gira e si rigira, salta, canta a squarciagola un fittizio canto gregoriano, più in dialetto lombardo che in latino. E poi ride, con quella risata sguaiata che mostra tutti i denti e con quegli occhi che luccicano del bagliore della passione per il proprio mestiere. Mario Pirovano contagia tutti. Pirovano, che di Fo è allievo e amico, sta perpetuando ormai da venti anni la tradizione del famoso, e perché no irriverente, spettacolo riempiendo teatri di tutta Italia. Niente scenografia, o strani giochi di luce, o espedienti tipici del teatro, solo un palco e un attore. E la forza del teatro. «Mistero buffo» porta in scena le cosiddette “giullarate”, storie ispirate ai vangeli apocrifi del Medioevo, rappresentazioni che nascono dal popolo come mezzo di espressione popolare. Uno spettacolo di quelli “poveri” della tradizione giullaresca medioevale che si rappresentavano all‟aperto, in strada o nelle piazze, a volte all‟interno delle chiese. Basato solo sulla narrazione non avendo bisogno neppure di costumi: l‟attore era “vestito” della sua fantasia, dell‟abilità mimica e di parola. Uno spettacolo, come ammette Pirovano, dei più fraintesi, pesantemente censurato, perché ritenuto eccessivamente dissacrante e addirittura blasfemo. La capacità mimica eccezionale di Pirovano regala una carrellata di giullarate che divertono e in alcuni momenti fanno ridere il pubblico a crepapelle, ma fanno anche pensare recuperando potenziali agganci con la realtà e i fatti di cronaca. “La fame dello Zanni” sconquassa lo stomaco dello spettatore nel vedere il contadino che, morendo di fame, sogna di mangiarsi addirittura le interiora sfilandosele per la bocca e pure una polenta ricca, per poi accontentarsi di una mosca che gli si è posata sul naso. E ancora la giullarata di papa Bonifacio VIII o “Il primo miracolo di Gesù Bambino” che, isolato dai coetanei perché è «Palestina terun» fulmina un bambino e lo trasforma in una statuetta di terracotta, salvo poi essere redarguito dalla Madonna. Con le sue giullarate Pirovano piace al pubblico per quel suo essere buffone-clown, per quel suo interagire con la platea, saltellante, piroettante, contorsionista del corpo e dalla risata seduttiva che contribuisce a portare gli spettatori al fulcro della rappresentazione, alla ricerca di un messaggio non sempre facile, non sempre logico.