Le “Grotte di Diana” obbligano la politica ad intervenire sull’archeologia catanzarese
"Circa il “rumoroso” ritrovamento delle grotte di Diana nei pressi del Tribunale nuovo, Giambattista Vico direbbe “corsi e ricorsi storici”. - Comunica una nota stampa - Era infatti il febbraio 2005 quando la nostra associazione – in merito all’allora realizzando edificio tra il Musofalo e Via Pugliese (oggi completato e sede di uffici) – diramava il seguente comunicato che riportiamo stante la sua incredibile attualità:
“Stiamo seguendo in questi giorni la diatriba in merito al palazzo in costruzione nella zona di via Argento. Diciamo subito che la nostra vuole essere una riflessione costruttiva, non solo del caso specifico, ma una generale constatazione sullo sviluppo urbanistico della nostra città. Partendo dal caso in questione, non possiamo che esprimerci in modo contrario. Questa nostra avversità alla costruzione di questo edificio, si basa su alcune considerazione oggettive. La zona in cui si dovrebbe realizzare questo complesso edilizio, dovrebbe essere sottoposta a vincoli ambientali e archeologici. Ricordiamo che tutta la zona prospiciente, è caratterizzata dalle cosiddette Grotte di Diana, un complesso di caverne e cunicoli naturali che imperversano nella zona del Musofalo. Alcune di queste grotte si trovano nella zona del Tribunale nuovo. - continua la nota - Ebbene non sappiamo se queste antiche testimonianze, siano state studiate o vincolate dalle preposte Sovrintendenze, ma questo non ci meraviglia affatto, visto come operano tali enti sul territorio di Catanzaro. Invitiamo tutti ad una semplice riflessione: un così corposo complesso di grotte naturali potrebbe necessariamente essere stato utilizzato in epoca preistorica dai primi insediamenti abitativi della zona. Ricordiamo, infatti, che la Calabria è una delle aree abitative più antiche del mediterraneo, i primi ominidi del mondo occidentale videro la loro presenza proprio nella nostra terra. A conferma di ciò, ci sono antiche testimonianze nelle grotte e caverne sparse per la regione. Ci salta alla mente la grotta del bos primigenius di Papasidero, i Dolmen delle Serre, l’elefante di pietra ed il guerriero della Sila greca, gli scheletri giganti di Tiriolo, i ritrovamenti preistorici di tutta la zona del Corace, e dell’antico fiume Zaro, volgarmente detta Fiumarella (reperti bronzei dell’età Neolitica e del Ferro), ma anche il Musofalo non è stato esente da ritrovamenti di questo tipo. Basterebbe recarsi nel museo provinciale per avere certezza di ciò che stiamo dicendo. Ora aldilà delle semplici supposizioni, che se non provate da fatti e rilievi certi resterebbero solo ipotesi fantasiose, perché non fare degli studi approfonditi su queste grotte, prima che il realizzando complesso edilizio potrebbe cancellare?”- Continua la nota -
A distanza di sei anni da quella nostra nota c’è qualche palazzo in più, ma di ricerche, studi e cantieri archeologici nel centro città nemmeno l’ombra. Anzi, quando si tentò di scavare sotto qualche metro di terra nel cuore antico di Catanzaro, gli archeologi furono ostacolati sia da politicanti ignoranti (sospinti da qualche “venditore di cianfrusaglie”) che da una Sovrintendenza insensibile e poco attenta alla storia del Capoluogo di Regione. Non vorremmo che questa nostra sensibilizzazione fosse l’ennesimo grido nel deserto. Auspichiamo pertanto la massima pubblicità sulle indagini che saranno effettuate dall’archeologo incaricato dal Comune per le Grotte di Diana e, contestualmente, un perentorio intervento politico sia per avere risposte in merito alle tante “questioni archeologiche” irrisolte o poco chiare del capoluogo, sia per sollecitare ancora una volta l’ubicazione nel capoluogo calabrese delle Soprintendenze regionali. Al di là dei fatti contingenti come quello che oggi si palesa sotto il nuovo Tribunale o sotto la Cittadella Regionale, la città necessità di studi approfonditi e di un approccio serio alla tematica storico-archeologica".