Imprese Restuccia: Cassazione, nessun elemento giustifica il sequestro
La Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, ha definitivamente statuito in merito all’inconsistenza delle accuse mosse dalla Procura di Catanzaro nei confronti dell’imprenditore Vincenzo Restuccia. La vicenda processuale – informa una nota dello studio legale dell’imprenditore - aveva avuto inizio con l’emissione del decreto di sequestro preventivo da parte del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Catanzaro in data 4.11.2010, ed eseguito in data 15.12.2010, con il quale sono stati sequestrati beni mobili ed immobili fino alla concorrenza della somma di € 2.143.383,88. Il procedimento aveva ad oggetto l’aggiudicazione da parte dell’ATI Restuccia Vincenzo SPA della gara d’appalto per il rifacimento di lavori interessanti il torrente Mente. La Procura della Repubblica ipotizzava reati di falso e truffa in capo all’imprenditore Restuccia e alle imprese Vincenzo Restuccia Costruzioni s.r.l. e Torrente Menta s.c.a.r.l.
Il 7.1.2011 il Tribunale del Riesame di Catanzaro, accogliendo i riesami proposti dagli Avv.ti Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino del Foro di Vibo Valentia e Nicola Cantafora del Foro di Catanzaro, aveva escluso l’esistenza della astratta configurabilità dei reati contestati, restituendo quanto sequestrato al Sig. Restuccia. Avverso detto provvedimento la Procura di Catanzaro, nella persona del Dott. Salvatore Curcio, aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. Alla udienza del di 11.1.2012, su richiesta conforme del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione che aveva chiesto il rigetto del ricorso presentato dall’Ufficio di Procura di Catanzaro, e degli Avv.ti Vecchio e Cantafora, si ha avuto il pronunciamento definitivo della Suprema Corte che ha confermato la regolarità della condotta delle imprese Restuccia e quindi l’assenza di alcun elemento che potesse giustificare il provvedimento di sequestro.