Ricadi. Incontro Legambiente “Ecomafie, modello Vibo”
La Calabria è terra di disastri ambientali. Un dato - si legge ii una nota stampa di Legambiente - di fatto che, impietosamente, il dossier Ecomafia di Legambiente conferma anno dopo anno. Nel 2011 la regione è seconda nella classifica dell’illegalità ambientale, tra le prime per quanto riguarda il dissesto idrogeologico, i reati legati al ciclo del cemento e la depurazione, ed è maglia nera sul fronte del ciclo dei rifiuti. La provincia di Vibo, in particolare, è terra di frane, abusivismo e rifiutopoli. «Siamo a Ricadi – ha detto Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente – perché questa provincia è un caso emblematico della realtà calabrese e nazionale». «Con 177 reati – ha dichiarato Franco Saragò, della segreteria di Legambiente Calabria – per la sola provincia di Vibo e circa 135mila tonnellate di rifiuti pericolosi sul territorio ci troviamo di fronte a una Calabria che sui rifiuti ha fallito».
Dunque Vibo emblema della Calabria, nel bene e nel male. Perché all’iniziativa “Ecomafia, il caso Calabria”, che si è svolta ieri pomeriggio a Ricadi, insieme al prefetto Luisa Latella e al procuratore di Vibo Mario Spagnuolo, c’erano sindaci e amministratori, politici e sindacalisti, i rappresentanti delle forze dell’ordine e in particolare del Corpo forestale dello Stato, protagonisti di quello che Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente, ha definito il “Modello Vibo”. Una stagione brillante, di concertazione e coraggioso impegno: «Allo stesso tempo – ricorda Fontana – esiste un modello positivo a Vibo Valentia che è quello offerto dalla Procura e dalle forze dell'ordine che lavorano, dalle istituzioni coinvolte che aiutano i cittadini a costruire la legalità». Dalla sala del consiglio comunale di Ricadi, stracolma come non mai, è partita un’ovazione spontanea nell’accogliere e accompagnare le parole del procuratore Spagnuolo. «Non è possibile – ha detto il magistrato riprendendo il discorso tenuto in aula durante il processo Golden House – costruire duecento appartamenti in una zona che solo qualche anno fa è stata alluvionata. Mentre questo è scontato in altri luoghi, forse non lo è a Vibo». E allora occorre che, ognuno per parte sua, sposi quell’etica della responsabilità che ci impone il rispetto dell’ambiente, è il messaggio di Spagnuolo, per non rubare il futuro ai giovani.
Tante le denunce, molti i fronti aperti e le tematiche calde affrontate nel corso dell’incontro. Sono arrivate anche le proposte concrete. «Vogliamo tenere alta l’attenzione sul caso Calabria – ha aggiunto Nuccio Barillà - e per questo lanciamo un’iniziativa importante come la costituzione dell’Osservatorio regionale Ambiente e Legalità». Una proposta che ha subito trovato l’adesione del vicepresidente della commissione regionale antimafia Bruno Censore, che ha voluto impegnarsi pubblicamente sposando l’iniziativa. Proposte concrete, tra le altre, anche da Francesco Alì, responsabile del dipartimento legalità della Cgil Calabria: si apra una indagine su Trenitalia, per verificare se effettivamente si muovono ancora in Calabria treni all’amianto; e si avvii una seria riflessione sulla gestione delle maestranze da parte delle cosche, come si legge nelle carte dell’inchiesta “Bellu lavuru”. Secondo Alì, un’idea che ha riscosso consensi, occorre costruire e imporre alle imprese un meccanismo concertato per dare lavoro a chi lo merita.
Un ultimo significativo impegno è venuto da Enrico Fontana e da Legambiente: «Oggi non abbiamo perso tempo, siamo stati a Vibo in passato, siamo tornati oggi per rendere omaggio all’impegno delle istituzioni, torneremo tra un anno per rendere conto di quello che noi, in prima persona, avremo realizzato per affrontare concretamente il caso Calabria».