Cna Crotone: ritardi dei pagamenti, i settori più colpiti
Imprese, Pubblica Amministrazione e i ritardi dei pagamenti. I settori più colpiti: Una indagine realizzata dalla CNA su un campione di imprese associate su base nazionale permette di definire con chiarezza i contorni del problema dei ritardi dei pagamenti della PA verso il settore privato in Italia. Atteso che la PA risulta un cattivo pagatore a prescindere da quelli che sono i suoi fornitori, dall’indagine emerge una situazione particolarmente critica per i settori industriali.
Nello specifico, dall’indagine CNA emerge che:
1) Pagare in ritardo rappresenta purtroppo una regola, e non l’eccezione, per la PA. Il 73% degli Enti pubblici italiani paga oltre la scadenza contrattuale.
2) Le imprese che operano nei settori delle costruzioni e della manifattura sono le più penalizzate dalla cattiva attitudine della nostra PA a pagare in ritardo.
Per le imprese delle costruzioni il tempo complessivo di incasso delle fatture emesse verso enti della PA è di 238 giorni (in media 95 giorni di tempi contrattuali + 143 giorni di ritardo rispetto alle scadenze contrattuali). Si tratta di un dato che va tuttavia a sottostimare la gravità del fenomeno. Per le imprese manifatturiere il tempo di incasso è di 229 giorni (in media 96 giorni di attesa definita dai contratti cui si aggiungono 133 giorno di ritardo rispetto alla scadenza dei termini contrattuali). Il dato relativo alla manifattura risulta particolarmente preoccupante. Le imprese manifatturiere sono infatti le più esposte alla concorrenza internazionale. L’impossibilità di potere contare sulla regolarità degli incassi dell’attività realizzata, insieme alle difficoltà di accesso al credito, si traducono in una minore propensione all’investimento e rendono complesso il mantenimento dell’occupazione in tempi di congiuntura avversa.
La dimensione del fenomeno: La Pubblica Amministrazione appare sempre più come una macchina lenta e stanca, avviluppata su se stessa, in un groviglio di meccanismi burocratici che generano rallentamenti, intoppi, stop and go. E incassare una fattura è un percorso ad ostacoli per le imprese. I cavilli burocratici interni e i lunghissimi tempi di emissione dei mandati di pagamento sono all’origine del problema fondamentale per chi deve lavorare con la Pubblica Amministrazione: il ritardo nei pagamenti.
Italia maglia nera in Europa: La Pubblica Amministrazione italiana è il peggiore pagatore in Europa con un tempo medio di pagamento di 180 giorni: 90 giorni di scadenza prevista in fattura (il lasso di tempo in assoluto più ampio in Europa) + 90 giorni di ritardo medio rispetto al termine contrattuale (il dato peggiore dopo quello della Grecia dove il ritardo è addirittura di 108 giorni). E se poi facciamo il confronto con i tempi di pagamento della regione CALABRIA la situazione diventa assolutamente disastrosa. Il confronto con i dati relativi ai principali competitors continentali chiarisce come i tempi di pagamento della PA siano un vero e proprio fattore di svantaggio per le imprese italiane, assimilabile allo spread esistente tra i rendimenti dei nostri titoli di stato e di quelli tedeschi. Basti dire che in Germania il tempo medio di incasso presso le PA è di 35 giorni (di questi, solo 10 sono di ritardo rispetto alle scadenze contrattuali) mentre in Francia esso è di 64 giorni (con un ritardo sulle scadenze di appena 20 giorni).
Gli effetti dei ritardi sulla attività delle imprese:
Secondo questa indagine i ritardi dei pagamenti producono effetti negativi per le nostre imprese in termini di:
- · effetti sul bilancio: il 45% delle imprese intervistate denuncia una mancanza di liquidità derivante dai ritardi dei pagamenti; il 21% di esse deve sostenere costi aggiuntivi dovuti al pesante utilizzo dello scoperto bancario proprio per fronteggiare la carenza di liquidità;
- · effetti sull’organizzazione: per il 33% delle imprese italiane (una su tre!) i ritardi dei pagamenti si traducono in una minore credibilità con i fornitori e gli appaltatori; per il 15% essi comportano risvolti negativi sull’occupazione;
- · maggiori difficoltà nell’acceso al credito: per il 24% delle imprese (ovvero circa un milione di imprese), i ritardi dei pagamenti hanno comportato un irrigidimento sulla concessione di nuovi finanziamenti/fidi.
Oltre al danno, quindi la beffa quando le aziende tentano la strada del sollecito, le reazioni da parte degli interlocutori pubblici non sono certo incoraggianti. Se un buon 36% tenta di temporeggiare, il 19% si dimostra addirittura indifferente. Eppure, in un Paese in cui la Pubblica Amministrazione ha le sembianze di una lumaca sempre più affaticata, che tarda a pagare i propri conti alle imprese con cui lavora, Equitalia – la società per azioni a totale capitale pubblico – non manca di far sentire la propria voce e di correre come una lepre. Ad aver ricevuto cartelle esattoriali nell’ultimo anno è il 23% delle aziende. Si tratta in prevalenza di imprese che hanno sede nel Sud del Paese (27%) o nel Centro (29%), nonché delle aziende di medie dimensioni (37%). Paradossalmente, però, circa 240.000 imprese che hanno ricevuto cartelle esattoriali, sono anche le stesse che si trovano in una condizione creditoria nei confronti della Pubblica Amministrazione.
Le proposte della CNA per ridurre (e possibilmente superare) il problema dei ritardi dei pagamenti
Proposta 1 E’ necessario dare immediata attuazione alla Direttiva Comunitaria 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali che introduce alcuni elementi innovativi rispetto alla disciplina vigente che rafforzano le disposizioni a favore dei creditori.
In particolare:
- · viene effettuata una distinzione tra transazioni commerciali fra privati, e transazioni fra privati e P.A., stabilendo per la P.A. termini di pagamento non superiori a 30 giorni, salvo particolari eccezioni per le quali il termine può essere allungato fino a 60 giorni.
- · per i privati viene confermata la libertà contrattuale di indicare termini anche superiori a quelli indicati, intervenendo, però, affinché gli Stati membri assicurino interventi affinché in tali transazioni non venga superato il termine di 60 giorni.
Il termini per il recepimento della direttiva è il 16 marzo 2013, ma in seguito alle disposizioni di cui all’art. 10 della Legge 180/2011 “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese.”, tale direttiva deve essere recepita entro il 15 novembre 2012, ovvero entro un anno dall’entrata in vigore della medesima legge.
Proposta 2 Nel 2010 l’attività di riscossione dell’evasione posta in essere dal Gruppo Equitalia ha portato ad un incremento di incassi del 15% rispetto al 2009 e del 27% rispetto al 2008) per un valore che, al 31 dicembre 2010, si attesta a 8,9 miliardi. I dati relativi ai primi 4 mesi del 2011 (manca ancora il dato complessivo ufficiale), secondo dichiarazioni di ATTILIO BEFERA, dicono che l’attività di riscossione ha portato incassi per 3,1 miliardi di euro, pari a più del 12% di incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’attività di recupero dei crediti fiscali e contributivi cresce a ritmi impressionanti mentre il pagamento dei corrispettivi per prestazione per servizi, lavori e forniture da parte della P.A. continua e rallentare a ritmi preoccupanti. Lo stesso Governo ammette che lo stock di debito accumulato dalla Pubblica Amministrazione allargata nei confronti delle imprese è prossimo a 100 miliardi (tra debiti commerciali e tributari). Una cifra impressionante la cui indeterminatezza rischia di generare dubbi nell’affidabilità dei conti pubblici recando grave danno alla credibilità del Paese. Serve chiarezza e la messa in atto di un serio progetto di estinzione del debito pregresso. Si deve altresì dare piena attuazione, con l’estensione a tutte le Amministrazioni (oggi prevista solo dalla legge di stabilità 2012 per le Regioni e Enti locali) dell’obbligo di certificare i crediti certi, liquidi ed esigibili per favorire una agevole cessione e smobilizzo.
Proposta 3 I risultati di questa indagine hanno messo in evidenza che il 24% delle imprese che hanno ricevuto cartelle esattoriali da Equitalia vantavano crediti nei confronti della P.A.. E’ urgente modificare la disciplina, mai attuata, che attualmente stabilisce la possibilità di compensare crediti maturati nei confronti di Regioni, enti locali e SSN solo con debiti iscritti a ruolo (cfr art. 28-quater del D.P.R. n. 602 del 1973). La norma deve essere attuata con apposito DM che a distanza di quasi due anni non è ancora stato emanato. La modifica dovrebbe prevedere l’estensione dell’ambito di applicazione:
1. ai crediti commerciali vantati dalle imprese anche nei confronti di altri enti diversi da quelli sopra ricordati;
2. alla compensazione con tutti i debiti tributari ed i contributi e non solo con quelli iscritti a ruolo.
Con riferimento alla seconda alinea, infatti, non si può non considerare che limitare la possibilità di compensare i crediti con i debiti iscritti a ruolo, determina delle forti distorsioni risolvibili solamente dalla progressiva estensione del principio ai debiti fiscali emergenti dalle dichiarazioni annuali. Considerata la scarsità delle risorse pubbliche sotto il profilo finanziario, si potrebbe ipotizzare un entrata in vigore graduale delle modifiche proposte con un limite minimo di credito commerciale rimborsabile, da identificare ogni anno tramite un apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base delle risorse disponibili.
Proposta 4 Adottare al più presto, e comunque entro il 31 dicembre 2012, la direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010, emanata specificatamente per consentire a tutti i Paesi membri di introdurre un regime IVA di cassa a tutte le imprese con volume di affari fino a 2 milioni. Tale regime aiuterebbe l’equilibrio finanziario delle imprese - con limitato impatto sul bilancio dello Stato - agendo su due diversi versanti:
1) obbligherebbe l’impresa a versare l’IVA, solamente dopo il pagamento del corrispettivo da parte del proprio cliente (il beneficio si applicherebbe,di fatto, a circa il 95% delle imprese italiane);
2) spingerebbe alla velocizzazione dei pagamenti relativi alle operazioni commerciali tra imprese, poiché la detrazione dell’IVA sarebbe consentita solamente dopo il pagamento del corrispettivo.
Va infine notato che tale regime sarebbe anche coerente con il regime di cassa previsto per la determinazione del reddito dei soggetti semplificati che dovessero adottare il regime della trasparenza fiscale (art. 10 D.L. n. 201 del 2011).