Equitalia: ancora più cautele per i consumatori
Per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, sono molteplici, le sentenze che attribuiscono un sempre più stringente dovere di trasparenza a carico delle società incaricate della riscossione nazionale dei tributi. La mancata indicazione del procedimento di computo degli interessi e delle singole aliquote su base annuale, rende nulla la cartella esattoriale. E’ quanto disposto dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 21 marzo 2012, n. 4516. Il caso riguardava un contribuente il quale aveva impugnato la cartella di pagamento con cui l'Ufficio di Padova aveva iscritto a ruolo le somme riportate in un avviso d'accertamento, oltre interessi. Il ricorso è stato accolto dalla CTP, e su ricorso di Equitalia Polis S.p.A., tale decisione è stata poi impugnata dinanzi alla CTR del Veneto, la quale ha statuito che la mancata sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento non invalidava la cartella, aggiungendo inoltre che l'omessa indicazione delle modalità di calcolo degli interessi, riportati solo nel totale, violava il diritto di difesa del contribuente e pertanto rendeva parzialmente illegittima la cartella. Avverso tali sentenze, il contribuente e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso in Cassazione. Gli ermellini hanno respinto l’eccezione sollevata dal contribuente circa l’obbligo per l’ufficio di indicare il responsabile del procedimento visto che l’art. 7 della legge n. 212/2000, pur qualificando "tassativo" l'obbligo dell'indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell'Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione, non indica, in alcun modo, la sanzione connessa alla sua violazione. D’altra parte, con l'unico motivo dedotto, il Fisco ha censurato che, nell'annullare la cartella esattoriale nella parte relativa agli interessi, i giudici d'appello avrebbero disatteso il principio secondo cui la cartella esattoriale notificata a seguito di accertamenti definitivi non necessita di motivazione, anche "nella parte relativa al calcolo degli interessi disciplinato puntualmente dall'art. 20 DPR n. 602/73". I giudici di legittimità, hanno giudicato inammissibile tale motivo di ricorso. In particolare, è stata condivisa la decisione dei giudici d'appello, secondo i quali "nella cartella viene riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza essere indicato come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualità che nella fattispecie, vale sottolinearlo, essendo l'accertamento riferito all'anno d'imposta 1983, sono più di 23 anni calcolati". Sulla scorta di tali argomentazioni, l'operato dell'ufficio era ricostruibile "attraverso difficili indagini dovute anche alla vetustà della questione" che non competevano al contribuente che subiva in tal modo, una violazione del suo diritto di difesa. Ha sostenuto la Suprema Corte a tal proposito, di alcun pregio sono state valutate le considerazioni svolte da parte ricorrente circa la non necessità della motivazione della cartella derivante da una sentenza passata in giudicato, né dal richiamo all'art. 20 del dPR n. 602 del 1973, essendo rilevante non la spettanza degli interessi, bensì il modo con cui è stato computato il totale contenuto nella cartella. In conformità con la giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi per i quali si richiede la cassazione devono presentare, a pena d'inammissibilità, i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 17125 del 2007), tale motivo è stato, quindi, dichiarato inammissibile.