Il messaggio di Mons. Cantafora alle famiglie della diocesi di Lamezia
Riceviamo e pubblichiamo il messaggio del Vescovo, Mons. Luigi Cantafora, alle famiglie della Diocesi lametina, in preparazione all'Incontro Mondiale della Famiglie in programma a Milano dal 29 maggio al 3 giugno prossimi. Il Messaggio è stato distribuito ai fedeli, ieri sera nel quartiere di Capizzaglie a Lamezia, durante la Via Lucis organizzata dai Padri di San Giovanni Calabria. Per l'occasione è stato portato in processione il Quadro Divino della Madonna di Visora.
“Carissime famiglie, cari genitori,
mi rivolgo a voi con stima e affetto, per offrirvi qualche spunto di riflessione per la vostra vita fami¬liare e per il bene della Chiesa. La famiglia, spesso trascurata e lasciata a se stessa, si è trovata da sola ad af-frontare la sfida educativa e la trasmissione della fede.
Molti genitori sono preoccupati di offrire ai figli una formazione culturale, attività sportive o iniziative che li occu¬pino durante tutta la giornata e li facciano crescere, ma spesso si tralascia la cura della vita spirituale, ridotta semplicemente alla catechesi sacramentale, vissuta talvolta come opzionale e rituale, non come scelta di fede, come orientamento di fondo, decisivo per la vita.
Il relativismo imperante si è innestato an¬che nel nostro ambiente, per cui capita che anche chi si impegna in un cammino di fede in qualche gruppo o associazione, di fatto viva tutto questo in modo ancora superfi¬ciale.
Se il Signore entra in modo forte nella vita, tutto cambia: le scelte e i criteri, il modo di vivere e di pensare. Noi non viviamo più per noi stessi, ma per Lui che è morto e ri¬sorto per noi (2Cor 5,15). Per amare qual¬cuno occorre conoscerlo e per conoscerlo oc¬corre frequentarlo. Così è per la vita di fede.
Manca talvolta una consapevolezza della dimensione comu¬nitaria delle proprie scelte. Ogni nostra azione ha un ri¬svolto sulla vita della comunità: possiamo in-quinarla o al contrario rendere più giusto e più bello il mondo in cui vi¬viamo.
È vero che i ritmi di vita sono cambiati e anche nella nostra piccola realtà risen-tiamo di un mutato assetto sociale, tuttavia, proprio perché noi abbiamo ancora un tesoro di va¬lori familiari, affettivi e spirituali, occorre vigilare su di essi, cu-rarli e incrementarli.
Come? Non credo che ci siano ricette, ma certamente occorre crescere nella consape¬volezza di alcuni valori.
Essere genitori è bello. È un dono grande di Dio essere padri e madri che comu-nicano la vita e la fanno crescere nell’educazione dei figli, all’ombra di quel Pa-dre, da cui ogni paternità prende nome (Ef 3,14-15).
È straordinariamente importante l’esempio più che le parole. Se i figli vedono i genitori pregare, partecipare all’Eucaristia, vivere con onestà e serietà il proprio impegno profes¬sionale e casalingo, donarsi agli altri, so¬prattutto ai poveri, questo vale più di ogni di¬scorso.
Se i figli vedono che il dialogo, pur nella fatica del perdono reciproco, è la via scelta dai genitori, che l’interesse dell’altro è più importante del proprio, questo inciderà per sempre nella vita in modo positivo.
Certo occorre sbilanciarsi verso una dimensione oblativa in cui l’egoismo personale, sempre latente, abbia sempre meno spazio; in cui mi decido per il bene dell’altro e non a difendere sempre i miei interessi.
Ci conforta l’esempio e l’intercessione di tanti testimoni della fede. Ad e-sempio, è stato recentemente beatificato Giuseppe Toniolo (1845-1918), padre di sette figli, ai quali ogni sera egli spiegava una pagina del Vangelo. Per Toniolo i giovani sono “sacro deposito” da dirigere nelle vie del Signore.
Educare è bello. Non è solo impegnativo. Alcune volte mi è purtroppo capitato di vedere genitori poco attenti o spaventati dal loro compito educativo. È vero, educare è difficile, ma è possibile ed entusiasmante. Educare è tirar fuori ciò che è già dentro ogni creatura ma anche trasmettere ciò che è più caro per me, ciò in cui credo e che vivo.
La crescita armonica dei figli dipende da tanti fattori, ma certamente sono necessari l’attenzione e l’affetto maturo, non morboso e possessivo, l’equilibrio che sa riconoscere anche gli errori dei propri figli.
A scuola per esempio, si assiste spesso ad una difesa spietata dei meriti e dei di-ritti dei propri figli, come se i nemici fossero sempre fuori di noi. Raramente ho sentito qualcuno che mettesse in luce i doveri! Educare significa ancora sfuggire ogni forma di permissivismo, diventando “amiconi” e così tradendo il proprio ruolo di pa¬dre e madre.
Educare alla gratuità. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”, ha detto Gesù (Gv 15,13). La nostra società spinge piut-tosto a forme di accaparramento, di interesse personale, dove tutto ha un costo e si ragiona solo in termini di tornaconto.
Non mercanteggiamo l’educazione. È in questione lo stile di vita che scegliamo: la collaborazione all’andamento della casa, ciascuno per la sua parte, il rispetto per l’ambiente nel quale viviamo, la responsabilità di una vita sobria, es-senziale, dove siano banditi gli sprechi e i consumi irrazionali.
Non abbiate paura! Riprendere contatto con le dimensioni reali dell’esistenza quali il sacrificio, l’accoglienza reciproca, la disponibilità, la lealtà, l’accettazione di eventuali insuccessi, è fondamentale per stare saldi davanti alle sfide della vita.
Carissimi, educhiamo alle cose vere, alla bontà, all’amore e alla gratuità. Questo è il lavoro da svolgere insieme come famiglie e come Chiesa. Impegniamoci davanti al Signore per un mondo più umano, più simile a come Lui l’ha creato e voluto.
Riapriamo l’accesso a Dio nelle nostre famiglie, sapendo che il tempo dato a Dio è tempo guadagnato. Diamo spazio, sia singolarmente che in famiglia, alla preghiera, all’ascolto della Parola del Vangelo, all’Eucaristia, alla catechesi e alla vita parrocchiale. Il frutto dello Spirito del Signore accolto nel cuore "è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Fioriscano questi doni del Signore nelle nostre famiglie e nella nostra società.
Vi benedico.
+ Luigi, vescovo