Crisi: Cia, famiglie più povere
A giugno le vendite di prodotti alimentari sono cresciute dell'1,3 per cento annuo: si tratta certo di un dato positivo, ma è assolutamente insufficiente a invertire la tendenza fortemente recessiva dei consumi, con la spesa alimentare delle famiglie bloccata sui livelli di quasi trent'anni fa. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando il report sul commercio al dettaglio diffuso oggi dall'Istat. D'altra parte, i numeri parlano chiaro: nel 2011 c'è stato un tonfo del 2 per cento -ricorda la Cia- e nel primo semestre di quest'anno le vendite alimentari sono rimaste ferme al palo, stagnanti, registrando un misero +0,2 per cento.
Il fatto è che le famiglie hanno il portafoglio vuoto, e anche la fiducia è ai minimi termini, considerato che oggi il "clima personale" sulla situazione economica è il peggiore dal 1996. Gli italiani sono stati costretti dalla crisi, dalla pressione fiscale alle stelle e dal "caro-benzina" a capovolgere stili e abitudini al supermercato, mettendo in atto comportamenti improntati al massimo risparmio. Secondo i nostri ultimi dati infatti -spiega la Cia- il 65 per cento delle famiglie compara i prezzi con più attenzione; il 53 per cento gira più negozi per cercare sconti, promozioni commerciali e offerte speciali e il 42 per cento preferisce le grandi confezioni, vale a dire il "formato convenienza".
Ma c'è anche chi, semplicemente, ha "tagliato" gli acquisti per la tavola: sono più del 30% dei nuclei familiari ad aver ridotto le quantità ed eliminato completamente gli "sfizi" culinari. Ovviamente, in questa ricerca del prezzo più basso e delle offerte, la Grande distribuzione organizzata vince sempre rispetto alle salumerie, ai macellai, alle botteghe di quartiere insomma. Una tendenza che va avanti da tempo e che trova conferma anche a giugno, con le vendite nei supermercati e nei discount che segnano rispettivamente +4 per cento e +3,9 per cento, mentre i piccoli negozi perdono per strada il 2,1 per cento.