Carceri: tenta suicidio il giudice Giancarlo Giusti
Il giudice Giancarlo Giusti, condannato a 4 anni per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa, ha tentato il suicidio nel carcere di Opera. Giusti si trova ricoverato in ospedale in prognosi riservata. La notizia - scrive l'Ansa - è confermata in ambienti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Proprio il giorno prima del gesto per Giancarlo Giusti - 45 anni, dal 2001 giudice delle esecuzioni immobiliari a Reggio Calabria, dal 2010 gip a Palmi e poi sospeso dal Csm con l'arresto del 28 marzo scorso - era arrivata la sentenza di condanna in primo grado a 4 anni emessa dal gup di Milano, Alessandra Simion, con rito abbreviato.
Condannate anche altre 3 persone, tra cui l'avvocato Vincenzo Minasi. Giusti era stato arrestato per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa in uno dei 'filoni' dell'inchiesta della Dda di Milano sulla cosca dei Valle-Lampada, quello sulla cosiddetta 'zona grigia' della 'ndrangheta. A Giusti veniva contestato, in sostanza, di essere stato a 'libro pagà della mafia calabrese che, secondo l'accusa, gli avrebbe offerto, tra le altre cose, soggiorni in alberghi milanesi in compagnia di escort. Il magistrato, ricoverato in rianimazione, si trova in coma farmacologico.
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Il difensore di fiducia del magistrato Giancarlo Giusti, avvocato Paolo Carnuccio, ha convocato una conferenza stampa "in merito - si legge in una nota del legale - alle notizie riportate nei quotidiani locali e nazionali, ed a quelle diffuse tramite internet, sulla vicenda relativa al tentativo di suicidio del predetto magistrato". Il magistrato, condannato nel capoluogo lombardo a 4 anni di reclusione per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa, perché, secondo l'accusa, sarebbe stato a libro paga della 'ndrangheta, e' stato sospeso dal Csm all'indomani dell'arresto nel marzo scorso. Ora il suo difensore ha richiesto l'attenzione degli "organi di informazione presso il suo studio professionale, sito a Catanzaro per il giorno 1 ottobre 2012 alle ore 9.30, al fine - si legge a margine della nota - di fornire opportuni chiarimenti e doverose precisazioni nell'interesse del suo assistito".