Civita: gli arbëreshë commemorano i defunti “java e prigatorëvet”
In Italia accanto alla cattolica commemorazione dei defunti, esistono rituali legati alle costumanze dei paesi italo-albanesi, che seguono il rito bizantino-greco, e che si svolgono per lo più con l’arrivo della primavera e i primi giorni di marzo,secondo la tradizione greca legata alle “Anthesterie” (festa dei fiori celebrata ad Atene in onore di Dionisio) e alle “Febbriali Latine” che si svolgevano quando l’inverno cede il passo alla primavera e la natura rinasce.
Cerimonie che si perdono nella notte dei tempi,credenze dense di significato,immagini suggestive,testimoni di una spiritualità che dura da secoli. Come prescrive il “Tipikon” del rito bizantino-greco questa commemorazione dei defunti di tutti i discendenti di Skanderbeg , è una festa mobile che varia con il variare della Pasqua, viene celebrata la settimana che precede la prima domenica di Carnevale e 11 giorni prima delle ceneri e si protrae per l’intera settimana fino allo “Psicoseveton” ossia il sabato delle Anime del Purgatorio” dedicato all’ufficio della “Panaghia” per i defunti, la celebrazione dei morti, giorno in cui devono rientrare nei loro sepolcri,e questo rappresenta un dispiacere per i loro familiari tanto che c’è un detto che dice: possano tornare tutti i sabati, ma quello dei morti mai. Quest’anno la commemorazione è stata anticipata di una settimana in quanto il giorno suddetto cadeva il 2 febbraio, giorno in cui si ricorda la Presentazione di Gesù al Tempio, nota come Candelora perché in questo giorno si benedicono le candele simbolo di Gesù.
Essendo una festa despotica (dedicata al Signore) per celebrarla degnamente, tutte le altre ricorrenze che ricadono in questo giorno sono state anticipate di una settimana. Questa festa si svolge fin dai tempi più antichi il giorno della settimana sempre lo stesso, il sabato, in ricordo di due grandi Resurrezioni quella di Lazzaro e quella di Gesù. Durante questa settimana “Java e Prigatorëvet, in cui con rituali e preghiere si ricordano i morti,si crede che Gesù Cristo abbia dato loro il permesso di uscire dai sepolcri,o meglio di ritornare nel regno dei vivi come anime, per visitare i luoghi abitati in vita. Per questo motivo in molti paesi è consuetudine porre una lucerna sistemata in un bicchiere di vetro e alimentata con olio d’oliva, in modo che le anime dei defunti tornando a visitare l’abitazione terrena, vi trovino la luce. Un tempo, era tradizione della gente bisognosa ,chiedere l’elemosina, e in quei giorni c’era un’atmosfera diversa nelle strade ,dovuta alla presenza di due strani tipi,uno che portava la bisaccia e l’altro il campanello per annunziare il loro arrivo, tutti li accoglievano e dietro la porta c’era sempre il cesto con il pane e i fichi secchi e la gira dell’olio che dovevano essere distribuiti ai poveri i quali dicevano “Për shpirtën e prigatorëvet” per l’anima dei morti e andandosene ringraziavano dicendo “Nglezot gjithë të vdekurit” Possano riposare in pace i morti”. In questa settimana è tuttora in uso preparare il grano bollito,spesso condito in vario modo,che viene fatto benedire in chiesa e consumato in ricordo dei morti. Oltre al grano che ha una valenza chiaramente rituale,in quanto è simbolo della vita, che morendo nella terra, genera nuova vita, in suffragio delle anime dei defunti un tempo venivano preparati e distribuiti ai poveri che in questi giorni bussavano alle porte, cibi di ogni genere. La presenza del grano bollito,trova le sue radici non solo nella tradizione evangelica,ma affonda ancora più lontano, nei riti pagani (basti pensare alla simbologia legata al grano nel rito di Demetra).
“Se il grano di frumento caduto in terra non muore, non potrà produrre alcun frutto (Giov.XII 24). In questa frase del Vangelo, è racchiuso il legame tra la Commemorazione dei Defunti e la Pasqua.Come il frumento per germogliare ha bisogno di essere sotterrato, così coloro che devono essere partecipi dell’eterna beatitudine devono subire la morte.Non si risorge se non si muore.
Di spettacolare importanza il rito del “Trisaghion”, quando durante la messa del mattino del sabato il papàs sopra un tavolino posto davanti l’altare pone un piatto colmo di collivi o panaghie (grano cotto) che benedice. I collivi rappresentano per gli arbëreshë il simbolo della resurrezione, come il chicco di grano non muore, ma coperto dalla terra rinasce a nuova vita e produce nuovi frutti,così la vita dell’uomo non termina con la morte. Conclusa la cerimonia in chiesa i fedeli e il papàs si recano in processione al cimitero dove il papàs benedice i sepolcri con incenso e acqua santa e recita il “Contachion e l’Apolitichion”.