Truffa fondi legge 448 nel catanzarese, estinzione per 3 imputati

Catanzaro Cronaca

"Non doversi procedere per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione". È quanto stabilito dal tribunale di Catanzaro nei confronti di persone coinvolte nell'inchiesta della Procura della Repubblica relativa ad un presunta truffa ai danni dello Stato realizzata grazie alla Legge 488 ed alla società "Ready Spa" di Squillace Lido. La decisione è arrivata oggi, al termine del processo a carico dei tre imputati, davanti al giudice monocratico Barbara Fatale, che ha anche disposto la restituzione dei beni sequestrati all'epoca delle indagini, chiedendo infine 40 giorni di tempo per il deposito delle motivazioni. Si chiude così, senza alcun giudizio di merito, il processo a carico di Luigi Sinopoli, 68 anni, nato a Satriano e residente a Montepaone, legale rappresentante della società al centro dell'inchiesta; e poi Pietro Antonio Abruzzo, 55 anni, nato e residente a Soverato, geometra che ha firmato la relazione esplicativa degli investimenti realizzati; e infine Giuseppantonio Staglianò, 67 anni, nato e residente a Chiaravalle Centrale, titolare della ditta che, secondo l'accusa, avrebbe emesso le fatture fittizie per realizzare la truffa, tutti rinviati a giudizio il 13 aprile scorso. L'inchiesta che ha portato i tre indagati in aula è venuta alla luce nel luglio del 2011, quando il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro ha sequestrato beni per oltre 800.000 euro alla Ready spa, operante nel settore della fabbricazione di prodotti di calcestruzzo, beneficiaria di cospicue agevolazioni comunitarie, cofinanziate con risorse nazionali, ai sensi della legge 488/92.

Secondo quanto contestato, attraverso la società incriminata, il suo rappresentante legale e le altre persone finite nell'inchiesta si sarebbero rese a vario titolo responsabili dei reati di truffa aggravata a danno dello Stato e dell'Unione Europea, falso, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni economiche inesistenti nonché di abusivismo edilizio. La condotta fraudolenta sarebbe stata posta in essere grazie a documenti fasulli predisposti ad hoc per comprovare il regolare pagamento delle fatture necessarie ad ottenere l'erogazione delle singole quote di contributo pubblico nonché attraverso la presentazione di documentazione sempre rigorosamente fasulla attestante la regolarità edilizia della struttura oggetto di finanziamento. (AGI)