Pittura: mostra opere Remo Squillantini in città
Al pittore espressionista Remo Squillantini e' dedicata la mostra curata dai fratelli Luca e Maurizio Sicilia, in collaborazione con Dora Marano, a Crotone, nella galleria d'arte di via Torino 105, dal 5 al 25 giugno. L'esposizione testimonia gli ultimi venticinque anni dell'attivita' pittorica dell'artista toscano, nato a Stia, in provincia di Arezzo, nel 1920.
Squillantini, ha vissuto e lavorato a Firenze, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1996. Dopo una intensa attivita' di illustratore ,che lo ha visto impegnato con importanti editori italiani e stranieri, a partire dal 1970, si e' dedicato esclusivamente alla pittura. In questo periodo ha elaborato una serie di personaggi intenti nei riti della quotidianita' e di cui evidenzia vizi, abitudini, debolezze e conformismi che la "Galleria Marano" propone con " Visioni di imprevedibili astrazioni". Uomo semplice e schivo, ha parlato soprattutto attraverso le sue opere sempre piu' richieste. Spesso si e' dedicato a rivisitazioni ironiche di opere del passato e sviluppata la propria ricerca per cicli tematici: "I sette peccati capitali", "Il mare", "Il cabaret", "Sinopie primi '900".
L'ironia espressionista di Squillantini si dispiega con vigore nella rappresentazione dei piu' caratterizzati "tipi", spesso narrati in contesti cari agli impressionisti, a Ce'zanne e agli Espressionisti tedeschi della Neue Sachlichkeit. Paolo Levi cita uno scritto su Squillantini di Mino Maccari il quale afferma che i protagonisti dei dipinti dell'artista toscano "sono i degni eredi dei personaggi di Giuseppe Giusti, per non risalire fino a Giovenale". Figure che offrono una visione disincantata della realta' nel mondo cui appartengono: quelli del calcio, dei suonatori di jazz o dei borghesi che giocano a carte.
La "toscanita'" di Squillantini affiora, poi, nella frequentazione naturale, "osmotica" con Giotto e con Piero della Francesca, suoi maestri e conterranei, ma anche dal fatto che a Stia, paese natio dell'artista, e' anche il luogo in cui venne esiliato Dante ghibellino e dove, come afferma il pittore stesso "nasce l'Arno e nasce l'arte". Sulla sua pittura, perennemente in bilico tra la poesia e l'ironia, il divertimento e l'amarezza, Franco Formi afferma di essere "morbidamente capace di effondere veleni", in grado di "suscitare gaiezze di riscoperti erotismi" e di "comunicare una vibrazione al sogno, fatto di gioventu', di disfacimenti e di dolcezze".