Associazione Spazio civile: a Catanzaro chiusi 853 negozi
“La Calabria, secondo fonte ISTAT, con il 24,6% si attesta al primo posto tra le regioni italiane per disoccupati. I giovani sono la fascia più colpita.- È quanto si legge in una nota dell’ Associazione Spazio civile - Preoccupa la situazione del catanzarese. I dati diffusi dall’Osservatorio economico della provincia di Catanzaro non sono affatto confortanti: dal 2009 al 2012 il volume di affari delle imprese nella provincia è stato in continua recessione e Catanzaro è il terzo capoluogo di regione per tasso di disoccupazione (19,2 %).
Il 2013, per la nostra provincia, risulta essere ancora un anno buio, non si intravede nessuno spiraglio di ripresa e nel periodo che va dal primo gennaio 2013 al 21 giugno 2013 sono stati ben 853 gli esercizi costretti a chiudere mentre 394 hanno procedure concorsuali in atto. – Continua la nota - L’attenzione è rivolta al governo centrale che mira ad una riduzione della pressione fiscale attraverso un piano di tagli della spesa pubblica, allo stop all’aumento dell’iva ed altro ancora. Certo è che non si può non concordare che la via giusta è quella dei tagli alla spesa pubblica, o meglio, agli sprechi nella spesa pubblica.
Maggiori incertezze si hanno se si guarda invece alla politica regionale, all’intera classe dirigente, quindi non solo politica, che sembra inerme e completamente impreparata ad affrontare una fase di straordinaria difficoltà come questa. Per la Calabria e in particolare per la provincia di Catanzaro, servono piani di sviluppo duraturo per consentire investimenti anche e soprattutto privati e quindi nuova occupazione. Nessuno però va oltre gli annunci che tuttavia sono anch’essi sempre più rari.
Appare sconcertante come non sia chiaro ai calabresi che vivono nella provincia di Catanzaro quale possa essere il loro futuro, magari anche solo quello “programmato” perché individuato dalla classe dirigente politica, imprenditoriale e culturale. Si potrebbe guardare con allarme, ad esempio, ai fondi assegnati dall’Unione Europea e scarsamente utilizzati, alla mancanza di politiche locali tese a valorizzare le risorse naturali più tosto che a promuovere il turismo e i prodotti tipici. – Conclude la nota - Invece con sdegno si riscontra un assordante silenzio che sempre più condanna il nostro territorio all’abbandono non solo di natura economica e occupazionale ma anche culturale e sociale, cioè la morte della speranza in un futuro normale.”