Diffamazione: direttori concordi, nella riforma no al carcere
No al carcere per i giornalisti, anche se è chiaro che nessuno vuole sottrarsi alle proprie responsabilità, consapevoli che un conto è l'errore, un conto è agire con dolo. Lunga audizione oggi, in commissione giustizia della Camera, dei direttori delle principali testate giornaliste italiane sulla riforma della diffamazione a mezzo stampa. Diverse le prese di posizione sui nodi principali: sanzioni, responsabilità oggettiva del direttore e rettifica, tenendo conto delle differenze che esistono fra carta stampata e Tv.
"In un Paese civile, il carcere non dovrebbe essere previsto per i reati d'opinione, e ritengo che questa potrebbe essere l'occasione per un riesame complessivo della responsabilità del direttore e dell'attività di controllo che che si è fortemente complicata, ma ubbidisce a una legge scritta quando i giornali uscivano una volta al giorno, avevano poche pagine e il direttore poteva leggere tutto", ha detto in il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli.
"Il settore dell'editoria ha caratteristiche talmente specifiche che non è assimilabile alle altre imprese", ha detto, fra l'altro il direttore de 'Il Giornale', Alessandro Sallusti, che, d'accordo sull'eliminazione della pena detentiva, ha comunque aggiunto: "non siamo una casta né vogliamo sottrarci a responsabilità di carattere penale. Qualora venga dimostrato che un giornalista scriva il falso sapendolo con lo scopo di trarne beneficio o di danneggiare lì siamo in un diverso campo".
"Il direttore di un tg risponde anche di quello che dicono gli ospiti in onda", ha sottolineato Bianca Berlinguer, direttore del Tg3 e sull'istituto della rettifica ha osservato: se giudicata esauriente non si deve andare oltre. Berlinguer ha anche sottolineato che quando si querela un tg, si querela il direttore, il giornalista e il conduttore che ha introdotto la notizia. "L'azione giudiziaria coinvolge tre persone e non ha senso", ha aggiunto.(AGI)