Parla il narcotrafficante Mancuso coinvolto in due inchieste calabresi
Le confessioni del narcotrafficante colombiano, Salvatore Mancuso, stanno facendo tremare il Sudamerica. Salvatore Mancuso l'italo-colombiano per anni a capo del gruppo paramilitare "Autodefensas unitas de Colombia" è stato estradato negli Stati Uniti e condannato a quarant'anni di reclusione per i crimini commessi dal suo gruppo. Mancuso, emigrato in Sudamerica nel 1956, è coinvolto in due inchieste antidroga - "Decollo" e "Tiburon" - condotte dalle procure di Catanzaro e Reggio Calabria per far luce sui rapporti tra i narcos colombiani e gli esponenti della 'ndrangheta calabrese. Il "generale" d'origini italiane con una lettera spedita dal penitenziario Usa dove si trova recluso ha reso noto d'essere pronto a rendere confessioni sui rapporti mantenuti per anni con le autorità colombiane. In entrambe le inchieste calabresi, il "generale" con passaporto italiano e colombiano, appare come il dominus di un colossale traffico di droga messo in piedi con esponenti della 'ndrangheta. La magistratura calabrese, proprio per questo, ne ha chiesto l'estradizione che però, non è stata concessa. Salvatore Mancuso, due anni addietro, è stato invece consegnato alle autorità degli Stati Uniti insieme con altri 13 "comandanti" dei gruppi paramilitari tra cui Diego Fenando Murillo, detto "Don Berna", erede di Pablo Escobar a Medellin. Il narcotrafficante, poi, ha rivelato anche l'esistenza di un piano per deporre il presidente del Venezuela, Chavez.