Terzo appuntamento con Med-Art: Parole rubate ai sassi di Katia Colica
Con l’ultimo appuntamento nella chiesa ortodossa di Sbarre chiude i battenti Med-Art 2013, una cinque giorni giocata tra il Foyer del Teatro Cilea con la mostra personale di Kreszenzia Gerher, il palazzo della Provincia di Reggio Calabria, con Salvatore Romeo e il suo libro L’Eco di Iside, e ora l’ultimo appuntamento con la presentazione del libro Parole Rubate ai Sassi di Katia Colica. Una serie di eventi che ha avuto contributi esterni da Verona e dal Lussemburgo e un comun denominatore in quella che Pino Rotta, direttore di Helios Magazine, promotore di Med-Art, definisce “la vena mediterranea che unisce la nostre civiltà. Stasera – ha spiegato nel suo intervento introduttivo della serata- avremo Katia Colica, scrittrice e giornalista, nelle vesti di poetessa; e devo dire la verità, è stata una piacevolissima sorpresa. Katia è una narratrice degli ultimi, degli emarginati, quello che esprime è molto in tema con i suoi scritti letterari ma anche con il luogo in cui ci troviamo, oggetto recentemente di un attentato incendiario.
Abbiamo voluto fortemente fare questo evento qui anche per manifestare il nostro affetto e la nostra solidarietà al nostro amico Padre Daniele Castrizio e alla comunità tutta della chiesa ortodossa che ci ospita”. Invitato a prendere la parola, Castrizio si è detto “molto contento di avervi qui, in questa sala che è stata bruciata l’11 settembre e che, pur essendo stata già inaugurata, di fatto praticamente con questa occasione presentiamo alla città”. Entrando nel merito dell’evento, Castrizio ha ribadito quindi l’importanza della poesia: “Credo che il mondo senza poesia sarebbe morto, il poeta e il prete fanno due mestieri complementari. Quando qualcuno ha stabilito che non bisogna pubblicare libri di poesia credo che abbia tentato di uccidere la nostra anima. Ho letto con enorme dolore il libro di Katia Colica perché il poeta deve trasmettere il suo profondo e quando è un vero poeta si sente, c’è il dolore e la voglia grandissima di vedere la luce alla fine di questo tunnel fatto di tante promesse tradite”. Castrizio, tra le tante, ha citato la poesia “Non sei così semplice Reggio”, che parla di una città che “prima fa la madre, poi la matrigna, poi ci uccide poi ci costringe ad amarla”. Ed è bello ha concluso, vedere qui così tante persone che amano la poesia. Ha preso poi la parola l’artista Caterina Spanò, pittrice, curatrice della scenografia e della videoproiezione Entr’acte che ha accompagnato il reading in una dimensione concettuale profonda. “Questi elementi scenici - ha spiegato - nascono dall’essenza del libro Parole rubate ai sassi, per esprimere al meglio ciò che Katia Colica voleva dire. È un percorso giocato tra il bene e il male, sugli opposti, sul bivio di un cammino sempre doppio. Il sale è il sale dell’esistenza ma ne rappresenta anche le lacrime, le foglie sono la vita, l’uomo. Poi c’è il vuoto, le foglie cave che sono la sofferenza della donna, l’infibulazione. Poi c’è il filo rosso che è il filo conduttore, di Arianna, il vestito vuoto, il manichino”. È stata la poetessa Daniela Pericone a curare l’introduzione critica del libro, con un’analisi molto profonda: “La poesia di Katia Colica - ha spiegato - è un frutto sanguigno, punta dritto allo scopo senza infingimenti, attenuazioni e orpelli espressivi, ogni verso della raccolta, come l’autrice stessa dichiara in uno dei primi testi, vuole essere "una combinazione di sangue e baci”. “L’intero andamento della silloge – ha continuato la Pericone - risponde a un ritmo di scrittura serrato e coinvolgente, che quasi non lascia respiro, con una trama linguistica fitta di immagini icastiche di grande efficacia e resa emozionale”. Oggetto della poesia di Katia Colica è dunque «la vita vera, concreta, carnale, esaminata in ogni sua piega, a volte dura e persino crudele, osservata sotto ogni aspetto, anche il più sordido e ripugnante, a evitare la facile tentazione di distogliere lo sguardo, e con esso la coscienza, dalle brutture del mondo e dalla sua violenza. Il poeta perciò interviene sulla realtà adoperando l’unico strumento che possiede, ossia la parola, il linguaggio, a condividere il pensiero dello scrittore Max Frisch sulla "scrittura come legittima difesa contro l’esperienza dell’impotenza".
“C’è un verso – ha concluso Daniela Pericone - che, forse più di altri, può ben rappresentare la poesia di Katia Colica, lapidario e perentorio: "Il destino volle me per recitarti: e io rinnego il fato". È qui ribadita quella che si può considerare la connotazione più pervasiva della sua scrittura, una insopprimibile tensione di rivolta contro un mondo che non riesce a corrispondere all’istanza d’amore e di rispetto della dignità umana, una mancanza o un’incapacità che induce a costruire baluardi di difesa, o anche mondi paralleli di sopravvivenza, e forse la letteratura, l’arte, ogni espressione della creatività umana possono essere concepite e vissute come un estremo tentativo di resistenza, un’affermazione di vita contro l’oscurità”. A seguire, è iniziato quindi il reading. Katia Colica ha letto poesie tratte dal libro accompagnata al basso elettrico da Antonio Aprile, con le immagini in videoproiezione sullo sfondo. Un ‘atmosfera toccante che, anche grazie a un pubblico attento che ha riempito la sala, ha fatto sì che la poesia rubasse per una sera la scena.