Calcio scommesse, è patologia anche tra i professionisti
Riceviamo e pubblichiamo comunicato stampa riguardante “Calcio scommesse, è patologia anche tra i professionisti: a quando la prevenzione?”: si tratta di un approfondimento, alla luce di quanto emerso negli ultimi giorni inerente ai nuovi casi di "calcio-scommesse", con una proposta socio-educativa che coinvolga tutte le Città di Italia, partendo da un progetto - pilota del CSI di Reggio Calabria, sul gioco d'azzardo patologico:
La procura di Cremona apre un nuovo ciclo di indagini, campioni del mondo coinvolti, ancora partite truccate e calciatori “malati” di scommesse: a quando la prevenzione? L’indagine “Last Bet 3” è il terzo ciclone dal 2006 ad oggi che coinvolge lo sport più seguito del Paese, il calcio, e che non risparmia anche volti notissimi. C’è una realtà, nel profondo sud, che vive lo Sport come contrasto alla criminalità organizzata ed alle devianze sociali, che già da un anno sta studiando il fenomeno del gioco d’azzardo patologico: è il CSI di Reggio Calabria assieme al Ce.Re.So. ; oggi il day after dello stupore e dei commenti, tra bar e social network, parte una proposta concreta.
Last bet 3: dietro agli scandali, c’è una povertà di valori | E ci risiamo, e – sperando di essere smentiti – non sarà neanche l’ultima volta. L’ennesimo scandalo del “calcio scommesse” che porta a 500 partite sotto la lente degli investigatori e rivela dettagli sconcertanti su campioni affermati del mondo dello Sport professionistico, conferma che – a parte il lavoro giudiziario delle Procure – è giunto il momento di affrontare il problema in modo sistemico ed in termini di prevenzione.
“… sono malati, si giocano fino a 300-400 mila euro l’anno in scommesse” non è solo un’intercettazione che nutrirà le chiacchiere e le boutade da bar, bensì deve tracciare un nuovo identikit: siamo nel novero dei casi di G.A.P., gioco d’azzardo patologico. Bisognerebbe smuovere le coscienze, prima ancora che dilungarsi in elenchi di squalifiche e radiazioni (passaggi legittimi in sedi giudiziarie). Il CSI, in questo – manco a dirlo – è antesignano: stiamo coltivando da tempo una campagna di ricerca e sensibilizzazione, proprio tra i giovani atleti del G.A.P. ed i dati sono davvero allarmanti.
Off side: lo sport mette in fuorigioco l’azzardo | Nato dalla collaborazione con il Ce.Re.So. (comunità terapeutica di Reggio Calabria specializzata nel contrasto alle dipendenze patologiche) la ricerca sul G.A.P. ha voluto sondare il terreno nel merito del gioco d’azzardo sui giovani sportivi. La percentuale dei coinvolti è altissima: i 2/3 di loro giocano abitualmente e quasi l’81% gioca più volte in una settimana alle “scommesse”. Un quadro che aumenta drasticamente quando si analizzano contesti sociali ed economi più degradati: il fenomeno del “gioco d’azzardo” è ormai abituale tra le giovani generazioni, grazie anche alle disponibilità di diversi mezzi, tra cui internet e gli smartphone, con cui “giocarsi” quelle poche risorse economiche che hanno.
Andrea Zorzi, un esempio contro il g.a.p. | Campione in campo e fuori, Andrea Zorzi, ha deciso da subito di sposare “OFF SIDE”, il progetto – pilota partito dal CSI di Reggio Calabria sulla prevenzione nel merito del gioco d’azzardo patologico. Zorzi incontrando 500 studenti ha parlato loro della grande differenza tra due sinonimi del termine “gioco” diametralmente opposti: uno che porta a socializzare, ad armonizzare il proprio corpo, l’altro ad alienarsi e perdere di vista la realtà. Una testimonianza che ha dimostrato come anche uno sportivo vero viva dei momenti di difficoltà e di solitudine, ma che attraverso le relazioni sociali e le scelte sofferte, possa uscirne fuori. L’unico modo in cui “sporcare” la propria carriere è il sudore in palestra. Parola di Zorzi.
DICHIARAZIONI | Andrea Zorzi, testimonial progetto OFF SIDE, in occasione dell’incontro a Reggio Calabria:
«Dobbiamo sentirci tutti responsabili, e non essere finti nel pensare che il problema si possa risolvere da un giorno all'altro. Serve un lunghissima battaglia: occorre l'aiuto di tutto: dei politici, delle famiglie, di tutti coloro i quali sono vicini al mondo dei giovani »
Luciano Squillace, portavoce del Forum Terzo Settore Calabria:
«Ci sentiamo di sostenere con forza un percorso, quello della Prevenzione rispetto al fenomeno del G.A.P. che deve partire proprio dagli sportivi; a leggere le cronache sono i campioni, coloro i quali oggi hanno ingenti somme di denaro, ad essere l’apice di questa patologia sociale. Dobbiamo intervenire, per prevenire e per rendere chiaro a tutti il vero valore educativo dello Sport »
Paolo Cicciù, presidente CSI Reggio Calabria e consigliere nazionale:
«Siamo coscienti che il gioco d’azzardo patologico, oggi, rappresenta una grave deficienza sociale, soprattutto nel mondo degli sportivi; ed è un paradosso: chi conosce l’autenticità dello sport, cerca altre scorciatoie, così come è anche per il doping, per “vincere facile”. Non dobbiamo pensare che squalifiche e condanne cambino la tendenza: come CSI siamo consapevoli che si deve ripartire con “educare al gioco” e trasformare esempi, oggi al centro delle cronache giudiziarie, in testimonial “rinati” ad un incontro, quello con i valori autentici dello Sport, che poi sono quelli della vita. Questa la nostra sfida, speriamo di non restare soli»
Il g.a.p. non rende liberi (e nemmeno ricchi) | “OFF SIDE” oltre che tratteggiare un nuovo profilo di “scommettitore”, che poi le indagini “Last Bet” individuano “ai piani alti” del mondo dello Sport, disegna anche un quadro sociale nuovo: anzitutto, è falso che i soldi delle scommesse rimpinguano le casse vuote dello Stato, anzi spesso e volentieri incrementano il capitale occulto delle organizzazione malavitose e criminali complesse.
Si veda nei rapporti poco limpidi con i broker internazionali delle scommesse negli scandali più noti, si leggano anche le dichiarazioni di diversi eminenti magistrati in prima linea nel contrasto della ‘ndrangheta che individuano in questo mercato, un fiorente atollo per il riciclaggio di soldi sporchi. Così i sacrifici di tanti genitori, oppure i milioni di campioni, frutto della passione dei tifosi e degli investitori sul calcio, diventano a disposizione della malavita, intrecciando così rapporti pericolosi al limite con la legalità.
La proposta: “siate testimoni” | Il CSI Reggio Calabria, di concerto con il Ce.Re.So., pertanto, lanciano una proposta per andare oltre i cortocircuito mediatico da “processo del giorno dopo”: i calciatori coinvolti seguano, anonimamente, un percorso per capire il fondo delle loro inopportune scelte. La dipendenza dal denaro, anzitutto. E poi quello che ne consegue. Un training fatto di interiorizzazione del problema (“sono malati si giocano fino a 300-400 mila euro l’anno”) ma che assume un valore sociale. Infatti, come li esortava il Santo Padre Francesco all’incontro con i calciatori della Nazionale, il mondo, i ragazzi, li guardano e li seguono come esempi. Pertanto hanno un dovere, quello della Testimonianza: lavorano, giocando e per questo non devono tradire il tacito patto con i tantissimi appassionati, soprattutto i più giovani che amano lo sport più semplice, fatto di campetti di periferia e di sfide tra amici.
Il progetto: ascolto e azione, per prevenire | Un grande progetto nazionale sulla prevenzione del gioco d’azzardo patologico nello sport professionistico: i primi a scendere in campo, accanto alle associazioni e agli addetti ai lavori, saranno gli sportivi coinvolti in questi “scandali”. E se questa fosse quota parte della “pena” da scontare? Non è forse previsto, senza scomodare Beccaria, che una condanna possa diventare un’opportunità? Sportivamente, abituati ad accettare le sconfitte, crediamo di sì. Cristianamente, invitati a rivestire l’uomo nudo, ci sentiamo chiamati a dire di sì.