Marcianò, il sistema va riformato, ma cancellare le Province non è la strategia giusta
L’abolizione delle Province? “Sono tutte balle”. La riforma degli enti locali firmata dal ministro Graziano Delrio e già timbrata dalla Camera non piace al consigliere provinciale Michele Marcianò. Che alla vigilia del passaggio in Senato del disegno di legge che trasforma le Province in enti di secondo grado lancia un appello: “Confido nell’impegno dei senatori, soprattutto di coloro che hanno alle spalle un’esperienza amministrativa, affinché la legge licenziata dalla Camera venga modificata radicalmente. E’ una riforma inapplicabile, non tanto perché contiene vizi di incostituzionalità, ma perché, non definendo con precisione chi farà cosa, una volta sottratta alle nuove Province una serie di funzioni è destinata a generare un aumento di costi e un clima di incertezza amministrativa che pagheranno i cittadini. Il ddl in discussione limita le funzioni delle future Province a compiti di pianificazione e viabilità. Senza organi politici e la maggior parte dei compiti trasferiti ai Comuni o restituiti alle Regioni, insomma un pasticcio indescrivibile – prosegue Marcianò.
Anche la Corte dei conti è scettica sui risparmi che la riforma dovrebbe garantire. Delrio ha parlato di 2 miliardi di euro, i magistrati contabili gli oppongono una cifra più modesta, i 105 milioni della sforbiciata ai 1774 amministratori e nient’altro. Non convince l’invarianza degli oneri: il passaggio di risorse e funzioni dalla Provincia ad altri enti locali non sarebbe a costo zero. Anzi, la Corte dei conti ha dimostrato che la contemporaneità tra soppressione delle Province (risparmi) e istituzione delle Città metropolitane (oneri) non regge finanziariamente. Per non parlare del passaggio di funzioni ai Comuni, dove la gestione dei servizi è più costosa a causa delle limitate dimensioni territoriali.
Ritengo che il problema non si risolva “tagliando” le Province, ma bensì decidendo quali funzioni le nuove articolazioni dello Stato avranno e soprattutto come svolgerle: se solo programmare, legiferare, controllare, coordinare o gestire. Oppure tutto questo insieme. Appare chiaro che una volta decise le funzioni ed i ruoli, la delimitazione territoriale obbedirà anche ad una logica legata alla identità dei territori ed alle loro affinità economiche e culturali. Da troppi anni si fa una vera e propria campagna politica e di stampa contro le Province, considerate come uno dei fattori di spesa inutile della Pubblica Amministrazione, di mantenimento della casta e di fattore che ingigantisce i costi della politica. Del resto, un’ istituzione collaudata e sperimentata da oltre un secolo e mezzo costituisce già una prova tangibile di efficienza. Certo, come tutti gli "strumenti", dipende da chi e da come lo si fa funzionare. Se – continua il consigliere Marcianò - una classe dirigente è debole, imbelle, inerte o corrotta, anche la migliore Provincia d'Italia o qualsiasi altro Ente col tempo si rivelerebbe inutile se non dannoso. Si fa finta di dimenticare che in Italia l'ente intermedio è da quarant'anni la "cerniera" di collegamento tra i Comuni e la Regione. E' l' ente che garantisce l'equilibrio tra le piccole e le grosse municipalità, l'ente programmatore delle infrastrutture sovracomunali. I più si limitano a giustificare questo taglio affermando semplicisticamente che le Province costano troppo. Guardando i numeri, sono quelle che costano meno, nel confronto con Regioni e Comuni. Ma ammettiamo per un attimo di doverle cancellare: dove si risparmierebbe? I dipendenti non possono essere licenziati, gli immobili in affitto dove lavorano i dipendenti dovranno essere mantenuti, i compiti istituzionali (strade, scuole, servizi sociali, tutela ambientale) dovranno continuare ad essere assicurati. Chiedo dunque ai denigratori – conclude Marcianò - dove sarebbe dunque il risparmio, se togliessero le Province? Nessuna risposta organica e plausibile è ancora pervenuta! Non ci rimane che attendere fiduciosi per questa battaglia di giustizia e di democrazia.”