Tares, Sel: non pagare è un atto di disobbedienza civile
“L’obbligo, morale e civile, di pagare le tasse è alla base di ogni convivenza democratica. Con esse si garantisce una gestione ottimale di amministrazione della cosa pubblica, al fine di garantire maggiori servizi alla collettività. - Lo affermano in una nota congiunta Francesco Colelli, Francesco Pacilè e Francesco Masè del Circolo SEL di Vibo Valentia -
Tutto questo nel momento in cui si dovrebbero rispettare dei criteri, imprescindibili, di equità e progressività (come previsto dalla costituzione), atti a tener conto delle situazioni di disagio, di tipo economico - sociale, legate ad un singolo individuo o, ancora di più, ad un intero territorio, quale il nostro, che vive oggi uno stato di disagio, senza apparenti prospettive, che non ha eguali sull’intera penisola.
Con l’emanazione delle nuove tariffe TARES il Comune di Vibo Valentia, non ha tenuto in alcun modo conto dei suddetti principi, imponendo, di fatto, una tassazione iniqua e “folle”, che mette in ginocchio famiglie e piccole - medie imprese, aggredendo in modo seriale quella micro-economia che è la linfa vitale del tessuto produttivo vibonese.
Il tutto va contestualizzato in uno scenario alquanto infausto per la nostra città, con aziende stremate da una crisi economica senza precedenti, già costrette a subire una tassazione sul lavoro troppo oppressiva rispetto alle reali condizioni economiche.
In questo scenario drammatico , la politica locale, sempre più inadeguata e fallimentare, continua a chiedere enormi sacrifici ai propri cittadini scaricando sulle loro spalle il dissesto finanziario da essi stessi generato.
Nonostante tutto, i nostri amministratori (mai nome fu così inappropriato), continuano a percepire delle laute indennità, pur essendo, di fatto, commissariati e politicamente delegittimati.
Basti pensare che per le sole cariche di consigliere, le nostre tasche, sono costrette a sborsare circa 40.000 euro al mese (che potrebbero anche essere condivisibili in un periodo di stabilità economica, non certo in questo) ai quali vanno sommati le indennità degli assessori, del presidente del consiglio, del sindaco, dei consulenti esterni e delle funzioni organizzative. È giusto oggi chiedere sacrifici ai cittadini senza accennare, minimamente, a farne in prima persona? È giusto continuare a percepire stipendi da un ente dissestato? E’ giusto subire una simile tassazione senza ricevere in cambio adeguati servizi? E’ giusto tassare dei servizi che di fatto non esistono(vedi il vergognoso problema dell’acqua e dei rifiuti)?
Non si può oggi non sposare la valevole e genuina protesta dei commercianti delle marinate (territorio già morente a causa della chiusura dei vari indotti industriali che ne garantivano la sopravvivenza) che, in un clima generale di indifferenza e apatia, hanno saputo alzare la china, chiedendo, con coraggio, una rivisitazione delle aliquote in base alle reali capacità di partecipazione economica.
Per avvalorare la protesta, non si può fare altro che creare un fronte unico, chiedendo:
1- La diminuzione di almeno il 70 % del canone imposto;
2- La possibilità di rateizzazione dello stesso;
3- L’azzeramento di tutte le indennità politiche;
4- L’avvio fattivo, della raccolta differenziata (servizio pagato e mai avviato).
Detto ciò, non si può non prendere atto del totale fallimento politico-amministrativo di un sindaco e della sua giunta sempre più fori luogo, lontani, anni luce dai bisogni reali di un territorio e dei suoi cittadini, troppo impegnati a placare le proprie lotte interne, evidentemente distratti e incapaci.”