Mafie: nel 2012 in Calabria confiscati 1.650 immobili,161 aziende
In Italia i beni immobili confiscati in via definitiva alle mafie sono 11.238, mentre le aziende 1.708. I dati, aggiornati al 31 dicembre 2012, sono stati presentati nel corso del convegno “Le mafie restituiscono il maltolto. Il riutilizzo sociale dei beni confiscati per la legalità, lo sviluppo sostenibile e la coesione territoriale”, organizzato questa mattina da 'Liberà all'auditorium Gaber di Palazzo Pirelli a Milano. Nel caso dei beni immobili si tratta di 3.808 appartamenti, 2.245 terreni agricoli, 1.209 locali generici, 963 box, 415 ville e 202 capannoni. In Sicilia sono stati confiscati 4.892 beni, in Calabria 1.650 e in Campagna 1.571. I beni destinati e consegnati per finalità istituzionali e sociali sono 5.859, mentre per 907 non si è ancora giunti alla consegna.
I problemi da risolvere, spiega Libera, sono molti, a partire "da quei 3.995 beni non ancora destinati dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata". Delle 1.708 aziende confiscate, invece, 623 sono in Sicilia, 347 in Campania, 161 in Calabria e 131 in Puglia. Circa la metà operano tra commercio (471) e costruzioni (477), seguite da quelle alberghiere e dalla ristorazione (173). Tra le imprese confiscate, 497 sono uscite dalla gestione dell'Agenzia nazionale e liquidate. Delle 1.211 ancora gestite, invece, 393 sono ancora da destinare, 342 sono destinate alla liquidazione, 198 hanno un fallimento aperto durante la fase giudiziaria e per 189 è stata chiesta la cancellazione dal registro imprese e/o dall'anagrafe tributaria.
Dati che, secondo Libera, "dimostrano che non è più rinviabile un serio intervento in materia per garantire la continuità d'impresa e salvaguardare i lavoratori".
Aprendo i lavori, Lorenzo Frigerio (Libera) ha sottolineato che "il prossimo 1 marzo a Roma ci sarà la sintesi nazionale di quanto raccolto negli appuntamenti sul territorio nazionale". Prendendo la parola, la presidente del Tribunale di Milano, Livia Pomodoro, ha spiegato: "Siamo in un momento di grave crisi economica e sociale, un momento tra i più delicati perché chi è disperato può essere facilmente attirato dall'attività criminale". La crisi, in particolare, "permette, in modo più facile, l'ingresso della criminalità organizzata all'interno dell'economia sana, attraverso le infiltrazioni". E spesso, aggiunge il presidente del Tribunale, "le istituzioni non aiutano gli imprenditori a seguire la strada della legalità". Ma "non si può solo puntare il dito verso gli imprenditori, dobbiamo riconoscere di non aver messo a disposizione le strutture e i servizi necessari". Secondo Pomodoro "ci vuole attenzione da parte di tutti per far restituire alle mafie il maltolto". Poi, "se si sequestra un'azienda non si può pensare di buttare tutto a mare ma, se la si “decapità, può darsi che possa ancora funzionare". Insomma, conclude il presidente, "non si tratta di situazioni facili ma bisogna cercare di salvaguardare i posti di lavoro". (AGI)