Quote Rosa, Elena Morano Cinque: ennesima sconfitta della democrazia paritaria

Catanzaro Politica

Una giornata nera per la democrazia in Italia! La Commissione Pari Opportunità presso la Provincia di Catanzaro intende far sentire la propria voce sulla votazione di ieri sera alla Camera dei Deputati che ha bocciato l’emendamento sulla parità di genere nelle liste elettorali. - Lo scrive in una nota Elena Morano Cinque, Presidente della Commissione Pari Opportunità presso l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro-

È sconcertante che sia accaduto ed ancor più che sia accaduto durante la vigenza di un Governo guidato da un “rottamatore” (come lui stesso ama definirsi), un giovane di grandi promesse, che dice di avere a cuore la parità di genere poi, purtroppo, esattamente come gli altri si va imbrigliare da “intrighi di palazzo” e “tiri incrociati”.

Non v’è chi non vede lo scarto esistente tra parità legislativa e parità sostanziale e sociale. Ed è proprio nel gap tra la parità legale e quella di fatto che prolificano gli stereotipi di genere che diventano barriere invisibili ma determinanti nel produrre o perpetuare discriminazioni, dirette ed indirette, orizzontali e verticali.

Preso atto della storica sotto-rappresentanza delle donne nelle assemblee elettive, non dovuta a preclusioni formali incidenti sui requisiti di eleggibilità, ma a fattori culturali, economici e sociali, i giudici costituzionali hanno indicato la via delle misure specifiche volte a dare effettività ad un principio di eguaglianza. La Corte Costituzionale ha più volte ricordato come il quadro normativo costituzionale è complessivamente ispirato al principio fondamentale dell’effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell’art. 3, secondo comma, Cost., che impone alla Repubblica la rimozione di tutti gli ostacoli che di fatto impediscono una piena partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica del Paese.

L’appellativo nominale non rileva: che siano quote rosa o doppia preferenza di genere (sebbene differenti sotto il profilo formale: le prime implicano, infatti, una riserva di posti a favore dell’altro sesso; la seconda implica una possibilità di scelta offerta all’elettore che, laddove scelga di votare due persone, dovrà farlo di sesso diverso) sono pur sempre un meccanismo di riequilibrio di una disparità esistente.

Il concetto di parità si differenzia da quello di uguaglianza. Ed invero, mentre la disuguaglianza tra i due sessi è qualcosa di naturale (dunque di ineliminabile e comunque di non sbagliato); viceversa la disparità è innaturale (dunque sbagliata e va combattuta), perché riguarda il potere e la sua distribuzione tra i due generi; cioè riguarda il potere e in un certo modo anche il dovere in tutti gli ambiti, da quello pubblico, politico a quello domestico.

Si tratta di poter contare paritariamente nei luoghi delle decisioni, di poter condividere lo spazio pubblico e privato e di cooperare a tutti i livelli nella costruzione delle istituzioni della democrazia. Si tratta di essere LIBERE! La vera LIBERTA’ è, infatti, anzitutto possibilità di realizzare i propri progetti di vita, senza sacrificare se stessi, la propria dignità. E questo, mi sembra che, purtroppo, ancora oggi a troppe donne sia negato!

Di fronte ad episodi sconfortanti come quelli a cui abbiamo assistito ieri sera ci si chiede: la rappresentanza paritaria è un diritto o una conquista? A parere di chi scrive è senz’altro un diritto che, però, purtroppo, stereotipi di genere duri a morire rendono inazionabile. Dunque, se un diritto esiste ma non è esercitabile concretamente, poterlo azionare diventa una conquista assai ardua e faticosa.

La sfida della democrazia paritaria, è oggi la nuova frontiera della libertà femminile: diritti da difendere perché a rischio, diritti da rendere davvero esigibili e anche nuovi diritti da conquistare. Di fronte a dati di questo genere, obiettivo comune di tutti gli Organismi di Parità operanti a livello istituzionale dovrebbe essere quello di progettare strumenti di politica categoriale e istituzionale in grado di promuovere le donne ed elevare la loro partecipazione alla vita associativa.

Per ottenere ciò, però, non sono sufficienti sporadiche politiche di sostegno a determinate categorie, ma serve cambiare le regole del gioco, rispetto a quelle che attualmente fondano la rappresentanza su paradigmi del tutto maschili. La parola cambiamento è oggi assai di moda, abusata sulla bocca di quanti (troppi) rappresentano solo la continuità con un passato remoto. In particolare, ci chiediamo: sarà mai possibile che a cambiare le regole del gioco a favore della rappresentanza femminile nei luoghi della politica siano proprio gli uomini, quando, allo stato, le regole sono tutte a loro vantaggio? Certo, ci sono Uomini e uomini.

Quello della rappresentanza femminile è un grosso problema del nostro paese, così come quello della rappresentanza generazionale. È, in realtà, la stessa faccia di una sottorappresentazione della diversità e della pluralità della nostra società, conseguenza della mancata comprensione da parte di chi governa dei problemi sociali e delle loro possibili soluzioni. Perché mortificare così non solo l’intelligenza delle donne, ma della società civile tutta?

Quanto “capitale dormiente” sprecato!!! Quante brillanti intelligenze che, se immesse adeguatamente nel mercato del lavoro, nei posti di responsabilità e di potere, al vertice delle Istituzioni, potrebbero anche incrementare il PIL, potrebbero produrre ricchezza e favorire la competitività del Paese. Noi donne non ci arrenderemo! E così come continueremo a lottare, come già stiamo facendo, per l’introduzione della doppia preferenza di genere sia nella legge elettorale nazionale che nella Legge elettorale della Regione Calabria. Nell’auspicio che il ritrovarsi tutti riuniti in assemblea faccia emergere gli Uomini anche tra i nostri deputati!”