Mafie: Bindi, Italia paese antimafia ma non sempre politica pronta
"Se l'Italia è il Paese delle mafie, è anche il Paese dell'antimafia. È vero che non abbiamo fatto abbastanza", e specie dalla politica non c'e stata la fermezza dovuta, anzi "c'è stata sottovalutazione e rimozione che hanno impedito a lungo di capire i mutamenti delle mafie in Italia e altrove, però il Paese le sue risposte le sta dando nel contrasto al crimine organizzato". Lo ha detto Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, intervenendo all'anteprima della fiction Rai "Per amore del mio popolo - Don Diana" che è interpretata da Alessandro Preziosi, nel ruolo del sacerdote ucciso dalla camorra casalese, e che andra' in onda su Rai1 in prima serata domani e mercoledi' 19, in occasione del ventesimo anniversario di quell'assassinio. Nella Nuova aula del palazzo dei gruppi della Camera c'erano anche la presidente della Rai Anna Maria Tarantola e il magistrato Raffaele Cantone, nominato dal governo commissario anticorruzione (nomina da formalizzare a giorni in Parlamento), oltre allo stesso Preziosi e al resto del cast della fiction.
Nel sottolineare che questa fiction "è un bell'esempio nella migliore tradizione del servizio pubblico", Bindi ha quindi preso spunto da una frase - "non vi sembri improprio" - che in questi giorni il pentito di mafia Gaspare Spatuzza ha detto nel corso della sua deposizione davanti ai magistrati riferendosi all'omicidio di un altro sacerdote, don Pino Puglisi, avvenuto per mano della mafia a Palermo e poco tempo prima che a Casal di Principe la camorra uccidesse don Peppino Diana. La frase di Spatuzza è stata "abbiamo dovuto ucciderlo perchè voleva il nostro territorio", parole che la Bindi ha definito "tremende, che racchiudono una verita': le mafie hanno paura di chi sa indicare ai cittadini una strada diversa dalla loro e dalle promesse false e lontane". Don Diana e don Puglisi erano preti - ha detto ancora la presidente dell'antimafia -, e "dovremmo dire 'erano magistrati' e cosi' di tutti coloro, tra imprenditori, appartenenti a forze dell'ordine, prefetti, insegnanti, normali cittadini, politici, che combattevano il linguaggio mafioso con la denuncia del male e facendo crescere la coscienza del diritto".
Bindi ha sottolineato che "la politica non ha dimostrato fermezza, volontà e impegno necessari" e che il potere mafioso si caratterizza per due aspetti: "il rapporto con il potere politico da cui non prescinde e, secondo punto, la capacita' di creare consenso. Questa è la sua forza". E la politica "è doppiamente responsabile: se non è trasparente, se tace, se sottovaluta, se addirittura è complice e se non è in grado di assicurare ai cittadini i loro diritti, compreso il diritto al lavoro e la possibilità di crescita e di sviluppo". E se all'atto repressivo non corrisponde una presenza dello Stato che faccia fruttare per il Paese i beni sequestrati, "allora continuiamo a creare consenso per le mafie". Bindi ha aggiunto che la camorra "continua ad insidiare tante aree della Campania e di altri territori del Paese, i clan hanno tanti volti diversi ed estendono il loro controllo", anche se "non è vero che in questi ultimi venti anni non sia cambiato nulla. Prima era impensabile che se ne parlasse nelle scuole o che la violenza dei clan provocasse la rivolta dei cittadini e la risposta dello Stato". Più rigore nel colpire l'economia delle mafie, ha sostenuto Bindi, assicurando che "la commissione parlamentare non farà mancare il proprio contributo in questo impegno delle istituzioni". Infine l'apprezzamento per associazioni come Libera e per quanti "hanno raccolto il testimone da don Peppino Diana e lo straordinario messaggio venuto dall'operato di quel sacerdote". (AGI)