Grillo alla Commissione antimafia: non si delegittimino le istituzioni locali
«Il Vibonese è un territorio difficile, profondamente segnato da una mafia pervasiva che riesce, talvolta, a insinuarsi nelle istituzioni locali, contaminandole e rendendo necessario un intervento più incisivo da parte del Governo centrale. Non per questo, però, si ha il diritto di agire come se l’intero territorio fosse gestito da mafiosi: non lo siamo tutti».
La premessa, attraverso la quale il consigliere regionale Alfonso Grillo apre la riflessione sul modus operandi con cui la Commissione antimafia ha agito in occasione della sua recente visita a Limbadi, è fondamentale per cogliere appieno il senso del suo intervento.
«Ho rispetto delle istituzioni tutte, ma - prosegue Grillo - ritengo che le stesse debbano operare senza gettare ombre sul lavoro altrui». Il riferimento va al presidente della Commissione antimafia, che - sempre secondo Grillo - «ha dato dimostrazione di faziosità, delegittimando un’amministrazione democraticamente eletta, alla guida del Comune e poi costretta alle dimissioni di massa, e addirittura mettendo in discussione l’operato del ministro dell’Interno.
Ebbene, se Alfano ha deciso di non disporre lo scioglimento del Comune di Limbadi, vuol dire che nella relazione visionata dallo stesso non vi erano elementi a sufficienza per procedere in tal senso.
Le parole dell’onorevole Bindi, pertanto, suonano come un maldestro tentativo di strumentalizzare la cosa, per dare all’intera vicenda una risonanza politica. Non spetta infatti alla Commissione valutare l’operato del ministro dell’Interno, semmai ad essa è demandato un ruolo di indagine rispetto al fenomeno mafioso e mi sorprende che nessuno dei parlamentari presenti a Limbadi l’abbia ricordato al presidente».
La conflittualità e la delegittimazione di alcune istituzioni presenti sul territorio avrebbe come conseguenza, secondo il consigliere, il degrado del confronto politico, che diventa beneficio per la criminalità organizzata. A questo punto, Grillo si concentra sulle dimissioni presentate in blocco dalla giunta e dal sindaco di Limbadi. «Una amministrazione democraticamente eletta - afferma -, che si tratti di Limbadi o di qualunque altro ente locale, merita rispetto.
Non è ammissibile che un’intera giunta comunale venga così delegittimata, come fosse sotto processo e senza il minimo contraddittorio. Buona prassi istituzionale avrebbe voluto che Prefettura, Commissione e sindaco affrontassero insieme il tema della legalità a Limbadi, un simile agire avrebbe determinato sì la presenza, l’efficacia e la credibilità dello Stato sul territorio.
Così come sarebbe stato opportuno e necessario, dopo le pesanti accuse lanciate dalla presidente di “Riferimenti”, ascoltare ciò che aveva da dire Crudo, se non altro per accertare eventuali responsabilità di quest’ultimo, rispetto al ritardo nella consegna della struttura sequestrata oggetto della discordia». Ecco, allora, la valutazione finale.
«Se tra le intenzioni della Bindi vi era quella di lasciare in Calabria un segno al suo passaggio, ci è riuscita in pieno, scrivendo una brutta pagina di storia locale. Mi auguro che questo episodio resti isolato e non comprometta il sacrificio di quanti, nelle forze dell’ordine, nelle istituzioni, nelle professioni e nelle associazioni, giornalmente combattono la criminalità, senza per questo erigersi a paladini.
La lotta alle mafie è un valore che dobbiamo trasmettere ai nostri figli, a cui dobbiamo anche insegnare di non giudicare le persone in modo affrettato. Per questo, prima di tacciare qualcuno di collusione o simile, si deve avere in mano una prova oggettiva capace di dimostrare ciò che si sostiene. La Bindi, mossa da intenzioni politiche, ha agito con estrema leggerezza, come un elefante in una cristalleria, dimostrando, tra l’altro, scarsa conoscenza del territorio».