Ritorno in città, per un italiano su 2 è “sindrome da rientro”
Fisicamente appesantiti, psicologicamente non ancora pronti, in apprensione per il senso di responsabilità e i carichi di lavoro incombenti. Per un italiano su 2 il ritorno in città è all’insegna dell’ansia e della preoccupazione e le vacanze di colpo sono già un lontano ricordo. Già durante gli ultimi sgoccioli circa 6 italiani su 10 evitano di pensare alla solita routine che li aspetta, quella casa-lavoro lavoro-casa mentre gli altri pensieri da scacciare sono le ansie del posto di lavoro (47%), il ritorno alla vita da pendolare (32%) e la sveglia al mattino (21%). I rimedi? Gli esperti sono chiari: corretta idratazione, sana alimentazione e giusto approccio psicofisico sono le armi in piu’ per affrontare al meglio il ritorno in città.
E’ quanto emerge da uno studio di In a Bottle (www.inabottle.it), condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analisys) raccogliendo le opinioni di circa 1100 italiani, uomini e donne, attraverso un monitoraggio online sui principali social network, forum e community digitali per raccogliere ansie e paure sul ritorno in citta’ e su circa 40 esperti tra psicologi, sociologi e nutrizionisti, che spiegano come approcciare il post-vacanze.
Per un italiano su 4 le vacanze sono state troppo corte e lo stato d’animo con cui ci si approccia al rientro è all’insegna dell’ansia e della preoccupazione. Tra i disturbi maggiori svogliatezza, appesantimento fisico e cervello ancora sotto l’ombrellone
Circa due italiani su 10 (19%) per vari motivi ha dovuto rinunciare alle classiche vacanze estive ma per il 24% degli italiani queste sono state troppo corte e sono volate via subito, complice anche il bisogno di staccare dopo un anno intenso. Il 16% dichiara di essersela spassata mentre il 17% afferma di essersi rilassato abbastanza. Tuttavia l’approccio al ritorno in citta’ avviene per un italiano su 2 all’insegna dell’ansia (23%) e preoccupazione (28%), il 27% risulta addirittura depresso e solo il 21% si dichiara tutto sommato sereno. Così tra i primi “disturbi” accusati al rientro, un italiano su 3 (31%) si scopre non ancora pronto psicologicamente e il 18% avverte quella svogliatezza e poca concentrazione tipica di chi si lascia alle spalle un periodo di pausa lavorativa e privo di impegni.
Ma perché dopo un periodo di riposo il nostro organismo si sovraccarica di stress anziché rilassarsi? “La fase del rientro risulta talvolta insidiosa e la ripresa lavorativa, oltre che delle abitudini quotidiane, può generare disagio – spiega Michele Cucchi, psichiatra e direttore sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano – Alcuni studi suggeriscono che è il 50% dei vacanzieri a soffrire di questa “Sindrome da Rientro”. La sintomatologia comunemente può essere caratterizzata da senso di stanchezza, difficoltà di concentrazione, mal di testa, sensazione di stordimento, confusione, attivazione neurofisiologica con tachicardia, iper-sudorazione, dolori muscolari, oltre che sintomi a maggior connotazione affettiva come perdita di entusiasmo, irritabilità, rimuginio e chiusura relazionale.
C’è poi un italiano su 3 (34%) che si sente fisicamente appesantito dopo le “licenze” estive, soprattutto legate all’alimentazione e alla nutrizione. La vacanza spesso determina alcuni effetti nocivi sulla salute – afferma Luca Piretta, nutrizionista e gastroenterologo, specialista in Scienza della Nutrizione Umana all’Università La Sapienza di Roma – Spesso è sinonimo di sregolatezza di orari, cambi dei ritmi sonno-veglia si tende ad eccedere con gli alcolici, altro fattore nocivo per l’integrità cellulare, e talvolta ci si lancia in sport estremi o di resistenza senza l’adeguato allenamento o preparazione alimentare. Per ultimo, si rischia di tornare dalle vacanze con qualche chilo di troppo, in particolare le persone che tendono ad ingrassare e che durante la vacanza non potuto o voluto mantenere il loro corretto regime alimentare.
Ansia da risultati, sbalzi di umore e stress per gli spostamenti le paure maggiori degli italiani alle prese con il rientro in città. Per superare questi scogli gli esperti consigliano una corretta idratazione, una sana alimentazione e il giusto approccio psicologico al ritorno degli impegni quotidiani
Ma cosa spaventa di più gli italiani? Parlando di lavoro, le preoccupazioni maggiori sono l’idea di tornare a chiudersi in un luogo fisico per lavorare (29%), le incomprensioni con colleghi e datori di lavoro (23%), l’ansia da risultati (18%) e lo stress degli spostamenti (15%). Per quanto riguarda il cambio dello stile di vita, il ritorno in città preoccupa perché riproporrà la cronica insoddisfazione verso quello che si fa (24%), gli sbalzi di umore che rendono irritabili e nervosi (23%), il poco tempo a disposizione per vedere figli, genitori e partner (21%).
Nonostante questo ben un quarto degli italiani (24%) afferma che non si prepara in alcun modo perché solo pensarci fa aumentare l’ansia mentre il 22% spiega che si predispone riprendendo gradualmente le abitudini quotidiane. Per gli esperti un buon recupero può iniziare da una corretta idratazione. Spiega Luca Piretta: “E’ fondamentale per permettere un corretto afflusso di sangue a i tessuti e quindi agli antiossidanti di raggiungere tutte le cellule e recuperarle dagli insulti dei radicali liberi. Inoltre è importante ricordare che tutte le reazioni chimiche cellulari avvengono solo se è presente l’acqua e questo ci deve far comprendere quanto sia essenziale questo elemento anche per ammortizzare la sindrome da rientro”.
Molto importante, infine è procedere con gradualità. Conclude Michele Cucchi: “Un elemento che può determinare le difficoltà è la velocità con cui si passa dalla modalità “off” (vacanza, buon tempo, ozio e pensieri zero) alla modalità “on” (lavoro, obiettivi, scadenze, tempo risorsa perduta). Questo determina un’attivazione neurofisiologica “scoordinata”, che si fa sentire con i segni della tensione prima che con la reazione di risposta adattiva al cambiamento. In una tale situazione una buona idratazione aiuta a sentire meno la fatica e migliora la capacita’ di tollerare e gestire il cambiamento”.