Greco (Idm), report Cgia: serve un nuovo patto tra banche e imprese
“Quanto emerge dagli ultimi dati forniti dalla Cgia di Mestre in merito al rapporto tra imprese e banche, merita un’attenta valutazione. Tra il 2011 e il 2013, infatti, le banche hanno erogato alle imprese 87,6 miliardi di euro in meno. Questo dato è particolarmente significativo in Calabria, dove alla riduzione degli impieghi bancari corrisponde spesso l’accrescere del fenomeno dell’usura.” A dichiararlo è Orlandino Greco, leader del movimento L’Italia del Meridione.
“Le piccole e medie imprese - sottolinea Greco - sono fondamentali per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. Sebbene costituiscano le fondamenta della nostra economia, in questo periodo di recessione sono state spesso abbandonate al loro destino. Gli imprenditori che hanno intenzione di risanare aziende a corto di profitti si vedono sbattere le porte in faccia dagli istituti bancari, mentre i giovani con idee innovative non riescono a fornire mai abbastanza garanzie per ottenere un prestito utile al lancio di una nuova attività imprenditoriale.
C’è da chiedersi quale sia il fine ultimo delle banche, considerato che le stesse sono state più volte “salvate” da interventi governativi di risanamento. Le Pmi italiane creano circa il 75% dei posti di lavoro in Italia e generano circa il 60% del Pil. Nonostante questo l’accesso al credito per le imprese negli ultimi cinque anni si è quasi azzerato e, quando è presente, i tassi d’interesse sono spropositatamente alti. Oggi un’impresa che riceve un prestito da un istituto bancario si trova a restituire la somma con tassi d’interesse tali che l’utilità stessa del prestito svanisce nel nulla. I cittadini che invece richiedono un mutuo devono fornire garanzie evidentemente spropositate rispetto all’entità del prestito.
E questo è inspiegabile, soprattutto alla luce degli ultimi interventi in ambito di politica monetaria del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. Il costo del denaro è stato abbassato dello 0,05% e questo dovrebbe portare ad una riduzione dei muti a tasso variabile, mentre il parametro sui depositi è passato da -0,1 a -0,2%, questo significa che alle banche costerà di più tenere i soldi bloccati che prestarli alle famiglie e alle imprese. La Bce quindi immette denaro nel sistema dandolo alle banche private a tassi irrisori con la speranza che queste ultime attuino nuove politiche di credito. Il problema è che gli istituti di credito utilizzano quel denaro per coprire i buchi di bilancio e reintegrare i loro attivi.
Per impedire che questo avvenga, la politica è chiamata a fare la propria parte. Occorre intervenire con maggiore decisione sulle politiche per il credito adottate da quelle banche risanate attraverso fondi pubblici e abbattere con forza le mura di protezione erette dalle lobby bancarie che preferiscono investire in titoli di stato invece che finanziare l’economia reale. A nulla servono le politiche di defiscalizzazione per le imprese se non si creano le condizioni per far circolare liquidità nel circuito economico.
Le istituzioni politiche e finanziarie - conclude la nota - sono chiamate a collaborare con un unico obiettivo: sostenere le Pmi e facilitare l’accesso al credito ai cittadini. Il credit crunch è stato devastante per la nostra economia, gli istituti di credito devono tornare ad aprire i cordoni della borsa per salvare le imprese, per risollevare la Calabria, per abbattere la disoccupazione, per ridurre sensibilmente le sacche di povertà e impedire l’alimentarsi di fenomeni d’illegalità come l’usura.”