di Vito Barresi
Bisognerebbe accendere tanti ceri, non sette ma settanta volte sette. E adagiarli davanti all'insegna del 'Romania Style' il bar degli amici dell'Est europeo, per dopo restare in pietoso silenzio, piangendo tutti e ognuno lacrime amare e colpevoli di misericordia, sul luogo dove è stato raccolto il corpo senza vita di Maycol, il sedicenne tragicamente ucciso non tanto e non solo per l'irragionevole ira scoccata brutale nell'acme di un futile litigio quanto invece dall’infame demone che alligna al centro di quell'impressionante banalità del male, che imperversa senza ostacoli né limiti tra piccoli e grandi centri della Calabria.
Ucciso con due coltellate mentre era seduto fuori da una sala giochi, il non luogo dell’azzardo dove è stata ghettizzata in questi anni tanta parte della gioventù meridionale e calabrese, adolescenti incompresi, ignorati e spesso calpestati dal mondo adulto, quanto mai ignaro in questa epoca dei bisogni veri e dei carichi psicosociali forti che le nuove generazioni non hanno più la forza e la voglia di rivendicare e sopportare, Maycol era uno dei tanti di questa immensa generazione sommersa, condannata dalla crisi a non avere più sogni e nemmeno desideri.
Quel che si sa e quel che si dice in un paese segnato dalla 'ndrangheta, dalle faide e dall'omertà, è che ha trascorso la sua ultima sera di primavera mentre accanto, per strada, passava ignara, ombra oscura e sfuggente, la folla solitaria dei profughi, la moltitudine segregata dei 'niguri', gli africani del vicino campo di accoglienza, e con loro gli afghani e i pakistani a passeggio nell'ora d'aria ogni giorno ai margini di una carrareccia di un vecchio latifondo.
Un domani chissà Maycol avrebbe potuto essere magari un ingegnere, un artista. Forse un pilota, pronto a prendere i comandi degli aerei che atterrano e decollano al vicino aeroporto di Sant'Anna. Persino lo steward in uno scalo che in questi mesi è andato in overbooking, con l'avvio della rotta Ryan Air, la compagnia subissata di prenotazioni low-cost, proprio mentre da qualche settimana la società di gestione dello scalo si schiantava in un fallimento timbrato e decretato dal Tribunale che ha stigmatizzato in sentenza la mala gestione dei soliti manager di stampo politico clientelare.
Ma l'altra notte, sotto il bagliore di una luna fredda e diafana che illuminava gli angoli di una piazza con scene di vita giovanile, nonostante Maycol sapesse dove andare, difficilmente immaginava di incontrare un coltello in mano a un disoccupato trentunenne, che ne ha sfigurato il corpo e spento la speranza. Guai a far presto a liquidare, a gettare nel cestino della comoda categoria di un delitto per futili motivi, un misfatto inaudito che è specchio di più profonde storture e disparità.
A ben guardare nessuno può facilmente sottrarsi dalle più ampie responsabilità istituzionali che in tema di sicurezza sta lasciando gravemente e scandalosamente esposte ampie fasce deboli della popolazione, tanti soggetti davvero esonerati di cittadinanza come le donne, i giovani, gli adolescenti, le ragazze, insieme costantemente lambiti e minacciati dal crimine in Calabria.
Se non solo per questo bisogna liberarsi al più presto da schematismi interessati e pregiudizi strumentali e avere il coraggio di mettere urgentemente sotto accusa, la miopia e l'ottusità di certo modo politico e istituzionale di intendere e fare sicurezza pubblica, tutta blindata nella schizofrenia di una mitologica lotta anti 'ndrangheta che alla fine finisce per arrestare cinque volte lo stesso ex assessore regionale e nel frattempo non cura di tutelare e presidiare i territori ad alto rischio quali quelli della gioventù e dell'adolescenza.
Questa rivoluzione nella gestione politica dell'ordine pubblico, diventato un feudo di lobby e apparati ben precisi, è quanto più necessaria dopo l'uccisione del ragazzo avvenuta in Calabria. Il Ministro degli Interni Alfano intervenga di par suo davanti a tali smaccate sottovalutazioni, al lassismo e all'anarchia che alberga in molti uffici istituzionali preposti alla sicurezza dei cittadini o nel recinto dei sedicenti baluardi giurisdizionali della legalità. Rimuova i responsabili, i negligenti e i conniventi che pascolano nella retorica dell'antindranghetismo di Stato. Dia un segnale. In una battuta almeno tenti di accendere accanto ai ceri della misericordia anche la torcia della giustizia, della sicurezza dovuta e della fiducia nella legge.
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