L’INTERVISTA. De Luca in corsa per le Regionali porta al centro il “valore” energetico del crotonese

18 febbraio 2019, 16:18 Politica.24
Rori De Luca

Una conversazione politica aperta, ricca di approfondimenti e di dettagli informativi, quella che il nostro giornale ha avuto con il l’avvocato Rori De Luca, 53enne professionista di spicco nazionale, consulente e manager, che a buon diritto adesso può essere definito come un nuovo protagonista della vita politica non solo crotonese ma calabrese.


Un’intervista, per essere più precisi più una tavola ritonda”, quella nella nostra redazione, certamente nata dall’evento delle dimissioni di De Luca dalla Giunta Comunale di Crotone (LEGGI), ma che non si è esaurita né in quel frangente né tanto meno in quel frammento.

Svolgendo il nostro compito di giornalisti abbiamo voluto dare evidenza ad una prima ripresa del confronto politico sui temi e sui bisogni concreti del territorio, dopo una ormai lunga stagione di silenzi e deformazioni della realtà locale, a seguito del crollo di istituzioni di prossimità e raccordo, come la Provincia, che meglio si potevano amministrare, gestire e difendere.

La Politica, essendo immanente per intrinseca legge, traccia il polso della sua stessa evoluzione essenzialmente tramite l’apparizione sulla scena pubblica di nuovi soggetti, attori che parlano e agiscono in direzione del divenire e del superamento del passato.

La nostra impressione - che vogliamo immediatamente girare ai lettori - è stata proprio questa: siamo ad un cambio di paradigma, a una forte trasformazione della base materiale della politica locale e regionale che mette al centro le risorse del territorio, la sua preziosa dote energetica, l’opportunità di ricollocarsi all’interno di un quadro più vasto e ampio, sia regionale che nazionale, persino globale e internazionale.

Per la prima volta dopo la crisi industriale che ha cancellato le manifatture dal crotonese, ponendo una questione ambientale che non si esaurisce in una riduttiva e particellare bonifica di un vecchio sito, siamo di fronte a una diversa mappatura delle opportunità e che passa dalla riflessione e dalla scelte di un soggetto politico che risponde a De Luca, il quale lancia una sfida alle logiche dell’assistenzialismo e delle facili mediazioni al ribasso, tanto care a un certo comando politico locale.

Se son rose fioriranno, sia nelle lande desolate della destra che in quelle della sinistra, quanto in quelle del plebismo e populismo di bassa caratura.

***

La prima domanda è inevitabile. Perché la decisione di interrompere, lasciando l’incarico di assessore e di uomo “forte” della maggioranza che fa capo al movimento localista de I DemoKratici. Un divorzio spiegato brevemente in dieci punti di una lettera (LEGGI) dal tono che appare piuttosto “duro”.

(De Luca) “Credo che la durezza non sia nell’atteggiamento o nel modo, la durezza è la conseguenza della sostanza. Quindi se è duro quello che si legge è perché sono duri i fatti, e non perché io li interpreto in maniera antagonistica o distintiva, ma perché sono fatti determinanti”.

“Non ho mai avuto un buon motivo per entrare in politica e non è tanto il fatto che me ne sia andato da lì, e non dalla politica. Sono uscito (dalla Giunta, ndr.) perché il motivo per cui vi ero entrato era per me importante, proprio perché ho più di 50 anni e, dunque, dopo aver passato tutti questi anni a fare due cose - costruire percorsi professionali da una parte e dall’altra tenermi lontano anni luce dai meccanismi sociali, del civismo, della politica appunto – ero convinto che fosse un progetto che per la prima volta offrisse l’opportunità alla società civile, ovvero a chi aveva contenuti e valori, di metterli a disposizione di un progetto concreto, realizzabile”.

“Dal mio punto di vista, essendo talmente abituato - per una questione quasi di imprinting culturale - a seguire processi, quando ho creduto (e stavo per dire illuso) ci fosse un progetto vero mi sono detto che era il momento che smettessi di stare affacciato al mio balconcino”.

“Hai voglia a raccontare che si possa essere spettatore indifferente perché c’hai uno studio a Pescara, a Roma, Milano o Londra, e che sei ‘figo’ o sei bravo. In realtà ti stai raccontando delle bugie, soprattutto se hai, come avevo allora, un figlio che si accingeva ad andare all’università ed un altro di appena 10 anni e che vogliono vivere qui. Anch’io vivo qui, non me ne sono mai andato realmente sebbene abbia vissuto a Bologna, Roma o Milano”.


“Col Psc siamo fermo a 15 anni fa.

Bisogna avere una visione,

che è influenzata

da ciò che si può fare con Eni”


Tornando al documento della fine di gennaio: chiamiamola per semplicità e sarcasticamente una “lettera di commiato”; non si può negare ci siano e per la prima volta dei contenuti fortemente divergenti rispetto al programma che il sindaco Ugo Pugliese aveva presentato in campagna elettorale. Un punto di rottura, di discontinuità.

Tra questi uno degli argomenti cardine, l’Eni, e che non riguarda solo i problemi noti (subsidenza, estrazione metanifera, Imu ecc.) quanto anche il Psc, ovvero il piano regolatore della città, senza il quale non si può fare un palazzo ma nemmeno uno stadio né tantomeno avere una “visione” urbana di questa città.

“Sul discorso del Psc ci sono due argomenti: il primo è il percorso, il ‘processo’; ovvero, siamo fermi a 15 anni fa: cosa fare? Avviare il processo significa conoscerlo, leggere la legge regionale, capire gli schemi, mettere in moto il percorso e compierlo. Il che vuol dire: documento preliminare, passaggio in commissione, Consiglio Comunale, approvazione e così via ma tutto velocemente perché, come nel nostro casa, eravamo già al luglio 2017 e a febbraio 2018 eravamo già in commissione con l’approvazione del documento preliminare”.

“Poi si apre la fase concertativa e di aggiunta dei valori a monte dei quali c’è la visione. E la visione è fortissimamente influenzata da quello che si può fare con Eni. Eni come il fulcro di alcune cose non è parodia! Quando proposi per esempio l’Eni Stadium (LEGGI): non era una barzelletta, la proposta era stata avanzata e l’azienda aveva risposto, poi ci fu la retrocessione dalla Serie A alla B e l’idea perse appeal”.

“Allora: il contributo di Eni al territorio non può essere una dazione di denaro gratuita. Questo non è possibile! Può l’Eni invece chiederti cosa ti interessi: il water front o l’area industriale? A parte la bonifica, determinante anch’essa, se decidiamo che qui deve nascere un distretto ad altissimo valore aggiunto sulla tecnologia, la scienza, lo sviluppo, la formazione delle idee, un incubatore di start up, borse di studio che già Eni University fa a Milano e che potrebbero essere fatte a Crotone con studenti crotonesi, laureati anche al Nord, come mio figlio, ma che anziché rimanere lì tornano qui magari per frequentare un master. Tutto questo è qualificante. E questo territorio diventa un eldorado dal punto di vista delle capacità di tradurre in sviluppo la presenza economica di Eni”.

“È chiaro, però, che urbanisticamente devi sapere dove metterle tutte queste cose. Che ruolo gli dai. Un water front che ospiti laboratori di sviluppo, energia da fonti rinnovabili e tutta una serie di cose, come quello di cui parla anche il sindaco, l’economia blu, servizi diportistici che siano ‘veri’; con quella dotazione finanziaria puoi riuscire a realizzarli a Crotone”.

“E sa dove la città di gioca poi la sua partita più importante? Sulla Zes … Con il regionalismo differenziato la Zona economica speciale può diventare un’occasione incredibile di progettazione. E se hai accanto un’Eni a cui puoi proporre per esempio di indebitarti in tal senso per 100 milioni di euro ma ti serve una ‘leva’ da 20 milioni, te la dà. Questa è la visione di cui parlo”.


“L’estrazione del gas metano

ha generato volumi d’affari miliardari

e sul territorio la ricaduta è stata zero”


In breve, pare di intravedere e per la prima volta che il concetto di “volano produttivo” passi la mano dal vecchio latifondo, dall’industria, ecc., al ruolo che invece potrebbe ricoprire proprio il “Cane a sei zampe”.

“Torno un attimo alla domanda sul programma. In realtà questi argomenti sono un’affiliazione spontanea al programma di Pugliese. Non ci sono all’interno perché chi lo ha confezionato ha costruito una visione che in quel momento non poteva comprenderli; perché … bisognava compiere un’attività di studio, di ricognizione. Ci volevano, insomma, ‘valori’ che sono uno dei punti cardine della mia scelta di entrare in politica, e poi di uscire da quel contesto”.

“A dire il vero, però, se il programma lo usi come elemento di contestualizzazione questi punti li comprende, perché nel momento in cui immagini la città che si sviluppa urbanisticamente, che mette a valore il territorio, il porto, le infrastrutture, capisci bene che dentro c’è l’area da bonificare: e qui bisogna fare una distinzione tra Eni e bonifica perché per me sono due cose diverse, due temi radicalmente distinti ma fortemente connessi per il fatto che il soggetto protagonista è lo stesso”.

“Insomma, quando quel ‘piano’ immaginava per grandi linee quel tipo di sviluppo non poteva non aver considerato il fatto che c’è un’area così estesa che in qualche modo dev’essere bonificata. E non avrebbe dovuto trascurare e considerare che c’è un’attività di estrazione del gas metano, che dura da quasi 40 anni, e che ha generato volumi d’affari (o per dirla tecnicamente: ‘valore della produzione’) miliardari, con una ricaduta sul territorio assolutamente inesistente, di zero!”

“Quando ho letto le carte la prima volta sono rimasto letteralmente fulminato, e lo sono rimasto su due profili. Cos’è successo? Io e i miei soci e compagni di professione siamo stati incaricati di occuparci dei rapporti con Eni per quanto riguarda il Comune prima che divenissi assessore. Ero, insomma, a capo di un gruppo di advisor professionali e siamo partiti da zero, non c’era niente. C’era solo non una convenzione quanto una transazione, che è un atto ridicolo con cui si componevano interessi contrapposti in due giudizi incrociati, tra l’altro di natura risarcitoria”.

“Questa transazione si concludeva riconoscendo alla città una serie di plus, di vantaggi declinati in modo diverso (soldi fini a se stessi, dei contributi su alcune cose, delle prospettive …). Partendo da lì abbiamo elaborato un piano che aveva ad oggetto una serie di cose, ma prima di tutte una domanda: questi cos’hanno mai restituito al nostro territorio, visto che chiunque esamini la strategia di riconciliazione di Eni con le aree sfruttate trova delle tracce precise?”

“Se guardiamo alla Basilicata e alla Val d’Agri o alla reindustrializzazione di Gela ci si accorge che c’è un meccanismo di ‘restituzione strategica’, come l’apolisi del distretto meridionale, che è il famoso Dime: un nucleo, una parte di Eni con una mission, che dice: ‘tu fai questo’”.

“L’ingegnere Francesca Zarri (Responsabile del Distretto Meridionale di Eni, ndr) l’abbiamo incontrata in quell’occasione ma la cosa più importante è stata che abbiamo conosciuto il vertice della società del ‘cane a sei zampe’, Francesco Manna, che è oggi vice presidente per i rapporti istituzionali con gli enti locali. e che è venuto a sedersi nel Comune di Crotone con noi advisors e che ha immediatamente rivelato quanto valeva Crotone per loro. Ed è bastato, a noi tecnici, un incontro per comprendere di che stesse parlando”.


“Un business per Eni

da circa 4 miliardi di euro

ma a Crotone solo 2 milioni.

Siamo o no dei babbei?”


Ma quanto vale allora Crotone per l’Eni? È un dato che possiamo conoscere?

“Loro non te lo diranno mai, e noi non sappiamo neanche quanto è valsa, non avendo nemmeno un dato storico (è un dato oscillante) che, fonte Eni, come estrazione complessiva sarebbe valsa circa 4 miliardi di euro e ha lasciato sul territorio 2 milioni. Quindi, inutile che vi dica che il mio commento da professionista è che siamo dei babbei”.

“Dunque quell’approccio è nato da lì e sta dentro un’idea di sviluppo. Qualunque programma politico, anche quello di Pugliese, non deve trascurare quest’aspetto ma non può dare a capirlo perché non ne ha la più pallida idea di cosa stiamo parlando”.

L’impressione, da quanto racconta, è che questo confronto da lei avviato è ormai lettera morta, o è semplicemente sospeso?

“No. Mi spiego: quando c’è una relazione, una negoziazione ‘squilibrata’ - com’è sempre con Eni perché Eni non è un interlocutore a cui ti puoi accostare in modo paritario, è troppo forte e in termini economici, di strutture e di influenza, è come se giochi col fuoco e per non bruciarti devi imparare ad usarlo il fuoco: come accendere i fiammiferi o come conservare la fiamma; e questo presuppone, ancora una volta, il solito concetto: il merito”.

“Oggi la politica a Crotone affronta temi per i quali sono indispensabili la competenza e il valore. Ed io sono andato lì per questo motivo, facendo dapprima l’advisor. Poi mi è stata offerta la possibilità di fare l’amministratore e sa perché ho detto di sì? Perché mi sono accorto che sarei stato frustrato nel ruolo professionale, perché tutto quello che facevo, scrivevo e consegnavo non aveva nessuna possibilità di germogliare. Perché lo consegnavo a qualcuno che non era assolutamente in grado di comprenderne il valore”.

In sintesi, si sarebbe sentito sproporzionato rispetto alla dimensione culturale degli interlocutori, degli amministratori in questo caso?

“È paradossale ed è presuntuoso dirlo, ma è così. Nel senso che ho sempre chiesto di avere l’opportunità di aprire più spazio alle competenze nella politica”.

Se questa sua considerazione che dovesse trovare riscontro nella realtà allora non possiamo che confermare l’impressione di prima, ovvero che quella con l’Eni sia una partita già persa a tavolino?

“Il tutto non è fermo. Vuole sapere cosa succede? Che nel momento in cui io sono passato all’interno dei ranghi (in Giunta, ndr.) ho assunto un ruolo diverso; non potevo più fare il professionista di me stesso o usare i miei soci professionisti sfruttandoli gratuitamente - checché qualcuno dica - per fare quel tipo di attività. E quindi avevo un percorso che presupponeva la costruzione a Crotone di una task force di competenze che si interfacciasse con Eni e che poi è quello che Eni si aspettava”.

“E questo era quello che mi aspettavo, soprattutto quando metti sul tavolo tutta una serie di elementi; come ad esempio quello dell’Imu (sulle piattaforme a mare, ndr.), tema - noto ed ignoto allo stesso tempo - ancora appeso; e poi quello della transazione scaduta, che tutti chiamano convenzione ma che tale non è. Semmai l’Eni aveva proposto di trasformarla in una convenzione che non si è mai stipulata. Perché l’Eni, che sa come si muovono i processi, mandava comunicazioni formali proponendo di stipulare un accordo convenzionale che prorogasse il vecchio transattivo, trasformandolo in una convenzione e facendolo proseguire nel tempo: nessuno ha mai deliberato quell’atto”.

“Io ho trovato le carte fino al 2014 in cui c’erano le ‘mosse’, le ‘spinte’ di Eni (verso la stipula della convenzione, ndr.) … e quindi per me era chiara la linea da seguire: per primo il comitato tecnico scientifico - perché era un loro (dell’Eni, ndr.) imput e non siamo stati noi ad elaborare questa tesi così avanzata - che ho compreso doveva nascere come elemento di pacificazione”.

L’Eni infatti, dal 2003 in poi ha monitorato tutta la costa, con una serie di attività di rilevamento, e ha costruito un database che gli serve per gli studi statistici per tutta la politica di sfruttamento e non ha mai avuto nessuno con cui condividerlo”.

“Comprenderà che avere un database su un territorio che tocca i temi della salute e dell’ambiente, e che a quel territorio non gliene freghi niente, per l’Eni è un problema perché ritiene paradossale che non interessi proprio al territorio interessato”.


“La macchina di governo

e chi dovrebbe avere una visione

sminuisce gli argomenti

di un certo calibro”


È un argomento questo del database che a suo tempo abbiamo trattato accuratamente come giornale (LEGGI) ma che ha rappresentato un paradosso anche per noi: letto da migliaia di cittadini ma nemmeno una levata di scudi, un benché minimo dibattito in proposito.

“Sa perché? Perché all’interno della macchina di governo o da chi dovrebbe avere la visione, argomenti di questo calibro vengono semplicisticamente sminuiti, così com’è successo a me addirittura etichettandomi come un “saccente tecnico”. Forse sarò anche saccente, pure un tecnico, ma in realtà credo stessi facendo la politica in quel momento, quella vera per me, quella che sfrutta - nel senso nobile del termine - il potenziale incredibile che il territorio ha, per farlo diventare la leva di una rivoluzione economica, sociale, culturale e di sviluppo”.

De Luca, finora abbiamo affrontato argomenti che per la gente comune sono spesso incomprensibili, soprattutto se non si è addentro a meccanismi tecnici complessi e delicati. Ma volendo semplificare, in che modo ritiene che Eni possa essere “spinta” a contribuire al futuro sviluppo di Crotone e del crotonese?

“Come dicevamo, con Eni abbiamo parlato dell’Imu e del comitato tecnico scientifico, che era di loro interesse, e capirà che se qualcuno spinge verso qualcosa vorrà pur dire che quel qualcosa gli importi. E, quindi, su questo devo seguirlo. Ma devo anche chiedergli cosa mi dia in cambio. È pacifico”.

“Loro (Eni, ndr.) erano veramente sbalorditi dal fatto che nessuno li seguisse. Ho compreso così che da lì si doveva partire ed ho detto loro: ‘va bene, vi diamo tutta la visibilità e tutto l’impatto mediatico, sociale e culturale che vi serve ma insieme a quello dobbiamo parlare anche di contenuti veri’. Ovvero di come interagiamo sulle prospettive di sfruttamento (metanifero, ndr.) da ora in avanti”.

“L’Eni ha provato a sostenere che non vi fossero delle grandi prospettive di sfruttamento ma ciò non vuol dire che qualcosa non possa ancora fare dei suoi impianti: dal revamping ad una ‘spinta’ sull’attività dei pozzi esistenti, senza contare poi i pozzi ancora non sfruttati”.

“Ed è proprio qui che scatta l’enorme vantaggio per il territorio: negoziare la prosecuzione del rapporto. E non è un caso che mi sia mosso adesso che è successo qualcosa di nuovo, quando sono arrivati cioè i decreti che autorizzano le prospezioni”.

“Dunque, come ci mettiamo d’accordo? Iniziamo parlando di quello che abbiamo ad oggi: pozzi a mare e pozzi a terra; e parliamo di scambiare, di cosa ci guadagniamo noi se concorriamo, anzi se non ti impediamo, se non ti attacchiamo, se non solleviamo la città contro un mostro sfruttatore”.


“La trattativa con Eni?

Funziona così: tu fai una cosa

ed io ne faccio un’altra”


“Intanto abbiamo chiuso la faccenda dell’Imu, perché stavamo a ciurlare nel manico: ho proposto di fare un test ad Aldo Trumino (responsabile Imposte indirette dell’Eni, ndr.) e Francesco Manna (Vice-Presidente del Dipartimento Affari Istituzionali e Relazioni Enti Locali di Eni, ndr.), proponendo la definizione delle questione. Hanno chiamato il relativo ufficio tributi dell’azienda e così abbiamo concluso l’accordo al 115 per cento del capitale; a Cesenatico - per fare un esempio - hanno chiuso al 20%. Questi non sono indicativi marginali quanto una strategia diversa … qui a Crotone c’è un interesse che lì non c’è (a Cesenatico, ndr.), c’è un appeal che lì non hanno. Non ho ancora capito quanto sia questo appeal, e sarei presuntuoso a dire di averlo compreso, ma sono convinto che ci sia, pronto a scommetterci”.

“Allora: se si è chiusa l’Imo a tutto il capitale più gli interessi … anziché che a 15 su 14 milioni di capitale ma subito, se subito si ragiona di comitato tecnico scientifico … capisco che l’interesse dell’Eni (a trattare, ndr.) c’è … e io dico (all’Eni, ndr): ok, vi concedo il comitato a condizione che lo si governi noi, quindi che passiate il database e noi lo si faccia verificare e nel comitato direttivo, ovvero il board, ci mettiamo una maggioranza da noi governata”.

“Detto questo, ho così chiesto che connesso al passo sul comitato tecnico ci fosse collegato il rapporto con la divisione ‘Upstream’ di Eni. che ci avrebbe dovuto dire cosa avremmo fatto a Crotone sull’estrazione; e mi è stato risposto: ‘sarà così’; ovvero: tu fai una cosa ed io ne faccio un’altra”.

In pratica e per la prima volta avremmo potuto essere o, forse, potremmo ancora essere consapevoli di una previsione del colosso?

“Siamo ancora, ed ancora più di prima”.

Una postilla: ma quanto vale questa “revenue” commisurata e comparata alle cifre del bilancio annuale del Comune?

“Il nostro bilancio è di poco più di 50 milioni all’anno. Considerando che l’importo accettato dall’Eni è di 5 milioni in 5 anni, è pari dunque al 10% annuo. Tra l’altro hanno già pagato 10 milioni”.

“E il passaggio successivo, ci ritorno, è stato quello sull’Upstream. Quando ho detto che sarebbe nato il comitato tecnico scientifico, dotato di 6 milioni di budget, perché ne avevo parlato a Roma con Manna (Vice-Presidente del Dipartimento Affari Istituzionali e Relazioni Enti Locali di Eni, ndr.) che mi aveva dato questi valori, ho detto una cosa sensata e qui c’è stato lo scontro con la politica perché la politica mi ha dato del bugiardo e mi ha accusato di utilizzare questi stratagemmi per farmi pubblicità”.

Ma il motivo di questa avversione della politica se l’è chiesto?

“Boh, vuole che le dica perché? Provi a rispondermi lei a questa domanda! Guardi, conosco molto bene i fenomeni, quelli sociologici in particolare, cioè la paura dell’ombra di quello più bravo… E lo dico senza falsa modestia: mi reputo bravo perché ho passato la mia vita studiando e facendo la mia professione.”


“La politica dei cartoni animati

e la matrice di un processo,

di un moltiplicatore

che nessuno riesce a vedere”


Releghiamo questo aspetto a puri fenomeni narcisistici. Ora, però, ci sembra di comprendere che lei punti dunque allo sviluppo della città centrandolo su quest’asse, cioè quello dell’Eni per intenderci. Ma non crede che proprio questo elemento possa aver messo in allarme l’attuale potere politico? In fondo si tratta di una visione, di un metodo, che richiederebbe un cambiamento radicale della qualità del prodotto comunale, soprattutto perché ci si va a confrontare con un big player mondiale. Possiamo dire, sintetizzando, che farebbe deragliare un “meccanismo”?

“Deraglia anche per altri motivi, mette in crisi alcune condotte che riguardano altre cose che sono connesse. Guardi, qui stiamo parlano della matrice di un processo, di un moltiplicatore, che nessuno riesce a vedere nella sua dimensione. La vicenda Eni è quasi archetipica della situazione. Siamo stati rallentati molto nel chiuderla. Abbiamo risolto l’Imu e per il comitato tecnico abbiamo stentato; è passato un anno senza che decollasse niente: per volontà di Eni ma per nostra responsabilità. E ho detto ad un certo punto: ‘qui serve il salto di qualità, ci dobbiamo dotare di strumenti di supporto, tecnico e giuridico’. E l’ho detto anche alla politica”.

Ma non è che con l’arrivo di tecnici, di professionalità, il rischio temuto dalla politica e che la stessa possa perdere la sua centralità, la sua importanza?

“Ma quale politica? Se lei mi dice che a perdere importanza sia quella politica che io chiamo dei ‘cartoni animati’, le rispondo di sì. Ma oggi, nel 2019, non si può fare più questo tipo politica”.

Perdoni la parentesi farsesca, ma cosa intende per politica dei “cartoni animati”?

“È quella che non comprende il valore che più generare una cosa del genere. La questione Imu la capisce perché gli porti 15 milioni di euro di tasse sulle piattaforme, ma quando parli di comitati tecnico-scientifici e di ‘valore’ che genera sul territorio non lo comprende minimamente. Vuol solo sapere quanto costa, quanti soldi ci sono per fare cose. Soldi, tra l’altro, che sono anche più di quelli che avevo anticipato. Dopo una settimana infatti è arrivata la comunicazione ufficiale con cui Eni proponeva la nascita del comitato non a 6 ma a 7 milioni e mezzo”.

“Questo però non è un risultato, perché l’Eni è troppo forte e quindi che fa? Ti dà questo e riporta tutto al punto di partenza se tu sei stato fermo un anno; quindi, adesso, vuole rinegoziare tutto: se rivuoi il comitato ti propone una transazione sul passato”.

“Ora, è che qui diventa determinante chi si sieda (a trattare, ndr.). Se per esempio mi ci siedo io, hai voglia a chiedere di ritornare al passato; ti dico: di portarmi il presidente della divisione Upstream Europa e sigli un framework generale sulla riconciliazione vera - quella che erroneamente alcuni chiamano Local Content - cioè un accordo quadro che deve avere al tavolo, ovviamente, la Regione Calabria, la Provincia e il Comune di Crotone, e che stabilisce cosa si fa sul territorio: come io lo so, quanto ne so, quanti dati sensibili conosco prima e su quei valori che cosa ci guadagno. Punto. Altro che le royalties!”

“E allora, se si mettono tutti questi elementi in sequenza e ci si aggiunge, notizia importante, che Crotone potrebbe non essere più sotto il Dime, ovvero che sia Milano la vera politica di sviluppo Upstream … su questo costruisci una ‘leva’ talmente potente, straordinariamente forte, che è qualificante”.

Insomma, ci pare di capire che, in particolare, la spinosa questione Eni abbia avuto una sua rilevanza nella decisione di abbandonare la giunta comunale e di dimettersi. Ma la domanda a questo punto è inevitabile: il “contrasto” o chiamiamola pure “incomprensione”, con chi l’ha avuta? Col primo cittadino?

“L’ho avuto col leader della coalizione (Enzo Sculco, ndr.). Col sindaco non ho contrasti perché, purtroppo per lui, in questa vicenda secondo me ha dimostrato di non avere lo spessore. Ma per me questo non è un problema, perché se si innestano meccanismi di competizione - o di narcisismo come l’ha chiamato lei - io li so neutralizzare. Ma per farlo devi avere una delega piena, devi avere autonomia”.


Il caso dello stadio Ezio Scida:

gli errori, il rimedio e le promesse al Tar:

ma a giugno si rischia di vanificare tutto


E a proposito ci ricolleghiamo proprio alla conferenza in cui annunciò le sue dimissione, dove disse di essersi reso conto che “certe cose” non sarebbero mai andate in porto. Ne è ancora convinto?

“Non ho detto questo. Ho detto di essermi accorto che il mio contributo si esauriva nel momento in cui lo vedevo materializzato. Ho preso l’esempio dello Stadio Ezio Scida sui cui ho detto che abbiamo vinto, ma abbiamo avviato un percorso amministrativo partendo da un errore, e lo riconosco. Un errore fatto nel 2016”.

“Premettendo che l’autogiustificazione è bandita dal mio codice di comportamento, però, analizziamo: c’era fretta, c’era urgenza e abbiamo firmato senza sapere cosa firmassimo, sia Comune che società di calcio. Ma l’abbiamo raddrizzata, la situazione, avviando un percorso virtuoso, assistito, che ci ha portato ad avere ragione”.

“Ma sa il problema dov’è? Nell’esplosione di gioia quando abbiamo vinto al Tar: mi ha preoccupato! Perché questa non era la soluzione al problema, la soluzione al problema era ciò che abbiamo detto al Tribunale Amministrativo, cioè che avevamo fatto ad ottobre una delibera di Giunta che diceva che avviavamo i percorsi per individuare l’area (per un nuovo stadio, ndr.), nel Psc o fuori, e quindi la manifestazione di interesse, e poi il project financing, ovvero i soldi per fare l’operazione. Allora: bisognava fare la manifestazione d’interesse per l’area e per il project financing: era ottobre! E oggi? Dove sono i bandi? Dove sono gli atti?”

Un problema per niente banale per la città quello dell’Ezio Scida ma che pochi paiono comprenderne che rischia di deflagrare di nuovo a giugno prossimo.

“E certo! Perché non hai fatto niente, non hai chiuso il procedimento amministrativo e gli hai consentito (al Mibact, ndr) di fare ricorso al Consiglio di Stato. Quando abbiamo vinto il ricorso ho detto istantaneamente: ‘domattina dobbiamo andare al ministero a chiudere’ (la vicenda, ndr.). A giugno (il 19 si pronuncerà il Tar, ndr.) però potremmo perdere e sa perché? Potremmo perdere se il ministero potrà dire che tutto il costrutto politico, tecnico ecc., è costruito su manifestazione di interesse per l’area e sul project financing. E questi ci sono? Sono stati fatti?”

Fin qui il passato. Ora il futuro. Dopo questa esperienza sembra evidente che abbia ancora voglia di fare politica: in che modo, con quali “alleanze”?

“Sto pensando di fare politica per davvero. Anche perché il miei mi hanno già detto che sono con me”.

E chi sarebbero i suoi?

“Faccio parte di un network di professionisti che hanno importanti radici in Abruzzo, dove abbiamo dato un supporto fortissimo alla candidatura di Giovanni Legnini (parlamentare del Pd, è stato Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura e alle ultime elezioni regionali candidato a presidente dell’Abruzzo, ndr.) per un’area, sebbene preciso che noi non abbiamo un’area, una matrice; e poi che vanta grosse relazioni con il mondo accademico romano”.

Le voci più insistenti la danno però molto vicino ad ambienti del Centrodestra.

“Adesso sì”

Perché proprio adesso questo “sì”?

“Perché non ho mai avuto una preclusione e perché per me l’idea deve essere la tua e se questa è tua la puoi posizionare dove vuoi: se è buona può piacere a chiunque. Ed allora, a quel punto, devi avere la forza di metterla a disposizione di chi ha i numeri per realizzarla”.

Ma sul piano prettamente locale quali sono le intenzioni?

“Sul piano comunale sono fermo perché il mio grande mentore…”

(De Luca si ferma e indica sorridendo Peppino Cosentino, seduto al suo fianco della nostra tavola rotonda, che ribadisce sia ancora troppo presto per affrontare temi locali. E la discussione su questo argomento almeno per ora si ferma qui).

Ci sembra allora comprendere e senza alcun dubbio che stia già pensando alla prossima campagna per le elezioni regionali?

“Ci penso (alle regionali, ndr.) perché è il contesto e perché sono fortemente convinto di una cosa e cioè che Crotone ha veramente bisogno di portare tutto il suo valore fuori dal suo perimetro”.


Il Centrodestra, la lista civica,

la candidatura al Consiglio regionale

e quell’ombra sulla consigliera Sculco


La scelta logica e conseguenziale è quella, insomma, della creazione di una lista civica che sia collegata - alle prossime elezioni - al centrodestra calabrese e che faccia riferimento al candidato che sarà scelto a breve. In lizza ci sono infatti il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, quello di Catanzaro Sergio Abramo e - rumors dell’ultima ora - anche l’ex presidente della Provincia catanzarese ed oggi parlamentare di Fratelli d’Italia, Wanda Ferro.

La decisione, sebbene in itinere, di De Luca di scendere in campo per le elezioni al Consiglio regionale, però, fa sorgere una domanda su una inevitabile “contrapposizione” con l’ex maggioranza di cui ha fatto parte e che fa riferimento alla consigliera regionale Flora Sculco (di Calabria in Rete, De Luca è stato candidato nel 2016 con la propaggine locale, Crotone in Rete) - figlia del leader de I DemoKratici, Enzo Sculco - che non è escluso si ripresenti per un secondo mandato a Palazzo Campanella.

Con questa scelta non le sembra che possa, per così dire, fare “ombra” alla candidatura della consigliera Sculco? ma soprattutto, se la leggiamo in termini prettamente localistici, possiamo parlare di una possibile linea “alternativa” all’evidenze posizione politica finora, oseremmo dire, “monopolistica” de i DemoKratici?

“Allora, partiamo dal fatto che tutti non fanno che consigliarmi di non dire quello che vuoi fare perché così rischi di ‘bruciarti’ (l’eventuale candidatura, ndr). Eppure parliamo, secondo me ed in questo coso, di due ‘visioni’ completamente diverse che non riesci nemmeno a pensare di fare “contrapposizione”. Io parlo di una cosa, gli altri di un’altra; gli altri hanno uno schema, io un altro; gli altri hanno una cultura (politica, ndr), io un’altra. L’alternativa, senza dubbio, è un concetto, quello dello ‘scontro’ no”!

Interviene a questo punto Giuseppe Cosentino che chiarisce la posizione:

(Cosentino): “De Luca ha inserito due o tre considerazioni che tendono a ‘superare’ lo schema classico in cui si ragiona di politica a Crotone ed i Calabria. È il momento, insomma, per capire e chiaramente attuare dei nuovi meccanismi e Rori è pronto a parteciparvi indipendentemente dal fatto che poi sia lui a rappresentarli o meno in prima persona. È evidente che se tu ti batti per creare un futuro per il territorio e lo poggi sulle competenze, sulle conoscenze e quant’altro, di fatto già stai ‘speronando’ tutto quello che c’era in campo e non per volontà di speronare ma per conseguenza”.

Sottolineiamo anche che De Luca è un uomo ed un professionista di forti relazioni imprenditoriali, sociali. Forze che pare fossero finora vicine al movimento de I DemoKratici, ma che ora con una nuova “figura”, che si propone di “qualità”, potrebbero spostare il proprio “interesse” su un soggetto ritenuto politicamente più efficace?

(Cosentino): “Al momento, in luce ci sono alcuni movimenti che partono da molte esigenze, sebbene avvertite non da tutti, chiamiamole sensibilità elitarie, che ti dicono: mettiamo mano ad un meccanismo per cercare di ridurre le diseguaglianze, poi c’è un Calenda che sostiene bisogna essere più moderni ed europei, ecc”.

“Ma è chiaro che la sintesi ti può portare altrove. Prendiamo l’esempio di Legnini (ex candidato presidente alla regione Abruzzo, ndr.) che ha coniugato dall’estrema sinistra ad una parte di centrodestra. Insomma, mettiamola così: la politica crotonese può e deve smettere di essere ‘artigianale’ e diventare industriale”.


“Crotone si può salvare se connessa

alla politica regionale

e questa alla nazionale.

Il sistema Paese ha bisogno di valori”


Quindi, e dalla lettura anche del suo documento, pare di intravedere un nuovo programma che finalmente matura di fronte alle contraddizioni del presente. Però non possiamo nasconderci alcune perplessità. Prima fra tutte - tornando ovviamente alle cose di casa nostra - quella che ci fa dubitare che il “pantano” in cui è caduta - soprattutto negli ultimi anni - la politica locale, sarà difficilmente redimibile.

(De Luca) “È vero. L’interpretazione è corretta nel senso della durata della stasi, dell’immobilismo. Ma io sono fortemente convinto che oggi l’obiettivo è realizzabile perché c’è una concomitanza di fattori che va al di fuori del territorio. Ovvero che Crotone si può salvare se si connette alla politica regionale e quella regionale si connette alla politica nazionale. Il sistema Paese ha bisogno di valori”.

“C’è dunque una concomitanza di condizioni per le quali la vera società civile, che ha avuto finora difficoltà ad esprimere il senso civico, finalmente si muove all’unisono. Siccome ho segnali - che vengono da un mondo molto più qualificato di me - che mi dicono che questo può accadere, mi sento molto motivato. Perché se questo può accadere in Italia, può accadere in regione ma anche a Crotone.

Immagina dunque una coalizione civica?

“Se avesse vinto (in Abruzzo, ndr.) Giovanni Legnini era pronto il ‘progetto Legnini”.

Perché oggi si arena alla luce del risultato elettorale?

“No, però è diverso. Adesso c’è un vincitore che ha i numeri per muovere il cambiamento. Per intenderci: la Lega cambia nome, cambia struttura, a nord cambierà tutto, azzereranno tutti i coordinamenti, faranno commissariare tutto. Nella Lega c’è un mutamento in corso veramente significativo, diciamo: in conversione. E rischia di diventare davvero un partito importante, e dico ‘rischia’ perché credo che neanche loro ne siano completamente consapevoli di ciò che può succedere, e ignorano totalmente cosa fare del Sud. Questa è una cosa clamorosamente importante”.

Dunque secondo lei il Sud, quindi di riflesso anche la Calabria, dovrebbe aver oggi bisogno di un “partito” a forte estrazione e vocazione “nordista”?

“Oggi o il sud si presenta ai veneti, lombardi ecc. dicendo: attenzione a sottovalutarci! S’immagini cosa significhi per colui che deve impiantare un’organizzazione politica raccontargli quei dieci punti (De Luca si riferisce all’articolo pubblicato sulla nostra testata, ndr) (LEGGI) e dirgli come in un anno di governo può realizzarli: Eni, infrastrutture, porto, aeroporto, stadio …”

“Se è un persona che ha un’abilità ‘speculativa’ in termini politici ti dirà: ‘tu chi sei, cosa vuoi, cosa vuoi fatto’. Ma devi sapere come dirglielo. Devi saperglielo chiedere. Io, dunque, non mi pongo lo schema del ‘simbolo’ - certo all’interno di contesti morali di riferimento - ma questa è l’Italia adesso”.

“Ho amicizie e legami nelle mie relazioni professionali con persone che in Veneto sono con Zaia (presidente della Regione Veneto, ndr.), hanno legami fortissimi e che sono rimasti entusiasti quando hanno sentito di cosa stavamo parlando”.

Non va dimenticato però che questi rapporti, o queste “intenzioni”, in ambito locale, e per quanto riguarda specificatamente la Lega, non possono non andare a cozzare con strutture già presenti e attive da tempo sul territorio. È il caso di ricordare che in Calabria c’è un segretario regionale che è Domenico Furgiuele, o quello crotonese, Giancarlo Cerrelli; tutti titolari di un certo “portafoglio” di consenso, non dimentichiamolo, e che potranno e vorranno dire la loro …

“Per quello che risulta a me la Lega farà saltare tutti gli schemi e in tutte le organizzazioni regionali. Già in Calabria ha un problema col coordinatore regionale. Se dovessi analizzare la situazione con i miei metodi direi che c’è un ‘disallineamento’: non è stata fatta strategia, è cresciuto il consenso e l’organigramma è cresciuto male. La lega ha cioè cercato tutto quello che gli serviva per riempire spazi vuoti. Non ha guardato alla sostanza”.

Come chiuderebbe allora questa lunga conversazione? Con una sola frase, la più sintetica possibile.

“Il meridione è una risorsa e il sistema Paese ha oggi bisogno di questa risorsa … Ma il tutto dipenderà da quanto noi meridionali sapremo spiegare di noi a chi decide. E concludo con una metafora per me perfetta per Crotone e la Calabria: qui siamo convinti che il sole sorga alle 7 perché il muro è alto, ma il sole è sorto alle 5 e gli altri l’hanno già visto”.