“Coca Spa”: quel modello aziendale con cui i clan facevano “piovere” droga sull’Italia

Reggio Calabria Cronaca

Una struttura definita “complessa”, organizzata aziendalmente e capace di contare non solo sulle proprie possibilità di importare in Italia ingenti quantitativi di cocaina ma anche di smistarla grazie alla disponibilità di mezzi e strumenti “dedicati”.

Il tutto - come è sempre evidente in questi casi - sotto il “cappello” delle più importanti cosche della ‘ndrangheta reggina che si dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, quanto siano più che strutturate nel gestire il lucrosissimo business degli stupefacenti ed in maniera quasi “scientifica”.

Questo in sintesi quanto contenuto nell’inchiesta “Crypto” (QUI) che oggi ha portato all’arresto di ben 57 persone, 43 delle quali finite in carcere e 14 ai domiciliari, in un blitz scattato all’alba tra Calabria, Sicilia, Piemonte, Puglia, Campania, Lombardia e Valle d’Aosta.

Contestualmente, le fiamme gialle hanno eseguito anche un sequestro preventivo d’urgenza di beni, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia reggina, per un valore complessivo stimato in poco più di 3,7 milioni di euro.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Le porte del carcere si sono dunque spalancaper per: Humberto Alexander Alcantara, cl. 1976; Giuseppe Battaglia, cl. 1972; Gianfranco Benzi, cl. 1945; Giuseppe Cacciola, cl. 1989; Francesco Cambria, cl.1984; Francesco Cavarra, cl. 1960; Domenico Certo, cl. 1994; Nicola Certo, cl. 1987; Orazio Coco, cl. 1978; Rocco Antonio Fedele, cl. 1972; Salvatore Fedele, cl. 1974; Antonio Gullace, cl. 1981

Ed inoltre: Carmelo Liistro, cl. 1980; Alessandro Marigliano, cl. 1981; Alessio Martello, cl. 1990; Andrea Mazzei, cl. 1984; Matteo Mero, cl. 1984; Walter Modeo, cl. 1975; Marco Paladino, cl. 1985; Antonio Paletta, cl. 1984; Gennaro Paletta, cl. 1990; Giampiero Pati, cl. 1980; William Pati, cl. 1970; Antonio Marco Penza, cl. 1983; Santo Pitarà, cl. 1971;

Ancora: Giulio Pizzo, cl. 1990; Maurizio Pizzo, cl. 1964; Roberto Porcaro, cl. 1984; Bruno Pronestì, cl. 1979; Alessandro Raso, cl. 1972; Vincenzo Raso, cl. 1981; Alessandro Scalise, cl. 1992; Antonio Stelitano, cl. 1982; Lorenzo, Stelitano cl. 1986; Francesco Suriano, cl. 1979; Domenico Tedesco, cl. 1959; Giuseppe Trombetta, cl. 1993; Francesco Varone, cl. 1987; Gianfranco Viola, cl. 1971; Fabio Vitale, cl. 1974; Franco Vitale, cl. 1977; Giuseppe Vitale, cl. 1969; Rosario Zagame, cl. 1972.

Gli arresti domiciliari sono stati invece decisi per: Rocco Cacciola, cl. 1995; Michele Chindamo, cl. 1991; Paolo Cirelli, cl. 1946; Pasquale Giovinazzo, cl. 1964; Massimiliano Guerra, cl. 1969; Giorgio La Pietra, cl. 1978; Massimiliano Mazzanti, cl. 1972; Ivan Meo, cl. 1988; Stefano Montagono, cl. 1988; Marialuisa Nasso, cl. 1985; Giuseppe Pescetto, cl. 1973; Simone Pronestì, cl. 1992; Alessandro Talarico, cl. 1965; Alessandro Villani, cl. 1978.

I PRECEDENTI DELL’INCHIESTA GERRY

L’operazione rappresenta l’epilogo di una complessa attività investigativa condotta a partire dal 2017 dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e dallo Scido di Roma, con il coordinamento della Dda dello Stretto.

Si parte da una costola di un’altra vasta indagine eseguita sempre dal Gico, l’operazione “Gerry” (QUI) , che nel marzo del 2017 permise di sgominare un complesso gruppo, composto da soggetti di vertice delle ‘ndrine Molé-Piromalli e Pesce-Bellocco, rispettivamente attive a Gioia Tauro e Rosarno.

Durante quel blitz vennero identificati gli usuari di utenze ritenute di fondamentale importanza per l’accertamento di un nuovo e diverso fenomeno criminale, di rilevante spessore in tema di traffico organizzato di stupefacenti.

L’indagine, pertanto, che vede indagati complessivamente 93 persone, avrebbe evidenziato un grave quadro indiziario a carico di esponenti di spicco della cosca dei Pesce-Bellocco, riconducibili alle famiglie Cacciola-Certo-Pronestì.

L’ipotesi è che avessero attivato una organizzazione molto ramificata, impegnata appunto nel traffico di droga, dai profili operativi internazionali, capace di pianificare ingenti importazioni di coca dal Nord Europa, ovvero da Olanda, Germania, Belgio; e dalla Spagna e di “piazzarla” in buona parte delle regioni italiane: Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia ed Emilia Romagna; ma anche all'estero, a Malta in particolare.

L’AGGUERRITA CONSORTERIA CRIMINALE

L’inchiesta avrebbe quindi fatto luce sull’esistenza di una agguerrita consorteriandranghetista, estremamente organizzata, composta da numerosi accoliti e dotata di una vera e propria flotta di mezzi necessaria per far giungere a destinazione la coca.

I soggetti deputati alla pianificazione delle importazioni di droga e al suo smistamento in Italia, infatti, operavano in un’ottica prettamente aziendale, che poteva contare sull’utilizzo di Sim telefoniche tedesche e sulla possibilità di recuperare e modificare ad hoc numerose autovetture, dotate di complicatissimi doppifondi, così da renderle praticamente “impermeabili” ai normali controlli su strada delle Forze di Polizia.

Gli inquirenti spiegano come il modus operandi dell'associazione consistesse nel reperire lo stupefacente dai paesi fornitori, da lì traportalo a Rosarno, via terra, nascosto nelle auto appositamente adattate con improbabili “doppifondi” e, successivamente, grazie alla vasta ramificazione dell'organizzazione, rifornire le diverse “piazze di spaccio” italiane.

L’INTEMEDIARIO DOMINICANO

Il gruppo avrebbe operato a stretto contatto con un cittadino della Repubblica Dominicana, Humberto Alexander Alcantara, il quale, tramite la sua attività d'intermediazione, avrebbe assicurato i contatti diretti con i fornitori sudamericani stabilitisi in varie parti d'Europa.

Sempre gli investigatori spiegano infatti ed in particolare che nell'aprile del 2018, Giuseppe Cacciola e Nicola Certo si sarebbero recati a Barcellona, in Spagna, da un contatto di Alcantara, così da definire i dettagli di un'importazione di narcotico dal Sudamerica.

Sempre nel 2018, nel luglio successivo, ancora Certo e Cacciola sarebbero invece andati in Belgio, dove avrebbero incontrato un altro contatto del dominicano.

IL PROCACCIATORE IN GERMANIA

Un altro personaggio che si ritiene abbia avuto un ruolo di primo piano nell'organizzazione, per quel che riguarda la sua proiezione internazionale, è Marco Paladino, soggetto considerato legato alla 'ndrina Gallace di Guardavalle (nel catanzarese) e stabilmente residente a Deltmond, in Germania.

Quest'ultimo, seguendo le specifiche direttive del sodalizio rosarnese, avrebbe avuto sia la funzione di procacciatore di convenienti partite di narcotico dal Nord Europa (Germania, Belgio e Olanda), sia funzioni di corriere fino al territorio calabrese.

A riprova della costruzione investigativa della Guardia di Finanza, sono state eseguite alcune perquisizioni veicolari, con successivi riscontri, all'ingresso nel territorio italiano.

LE SIM TEDESCHE CHE “CITOFONAVANO” DA ROSARNO

Come accennavamo prima, poi, Le indagini hanno cristallizzato l'uso da parte del gruppo di numerose SIM tedesche che, da Rosarno, comunicavano in maniera “citofonica” con altri cellulari a numerazione tedesca e sparsi sul territorio nazionale.

Queste schede telefoniche, evidentemente acquistate in Germania e intestate a soggetti di comodo, ovvero senza intestatari, rendevano ancor più difficile l'identificazione di chi le usasse.

A questo va aggiunto che gli indagati comicassero esclusivamente tramite SMS, evitando dunque che potesse sentirsi la loro voce, potenzialmente utile a un eventuale riconoscimento, e spesso utilizzando un molteplice livello di “protezione” costituito da messaggi contenenti codici numerici predefiniti: ad esempio, a ogni lettera dell'alfabeto corrispondeva un numero, assegnato apparentemente senza alcuna logica.

Pertanto per definire l’identità di chi inviava o riceveva questi SMS dal contenuto illecito, si sono resi necessari, oltre all'ascolto delle intercettazioni e alla decriptazione della messaggistica, frequenti servizi di osservazione o videoriprese tratte da telecamere installate appositamente.

In Germania, poi, operava anche Domenico Tedesco, residente ad Hattersheim, che avrebbe offerto appoggio logistico quando i referenti dell’organizzazione si sarebbero recati in territorio tedesco.

I DESTINATARI DEI CARICHI DI DROGA

Per gli inquirenti, un altro aspetto fondamentale dell’indagine odi oggi, sarebbe nei rapporti instauratisi con altre consorterie criminali, in special modo in Calabria e in Sicilia.

Tra i gruppi criminali destinatari dei carichi di droga vi sarebbero difatti quelli operanti nella zona di Amantea (nel cosentino) e di Cosenza, che si ritiene riconducibili rispettivamente a Francesco Suriano, esponente di spicco della ’ndrina Gentile, e a Roberto Porcaro, reggente della ’ndrina Lanzino.

Un altro sarebbe del torinese, e facente capo a Vincenzo Raso; uno ancora a Catania, riconducibile a Francesco Cambria, esponente di spicco del Clan Cappello; altri, infine, operanti tra le città di Siracusa, Benevento e Milano.

A conferma della transnazionalità dell'organizzazione, poi, viene evidenziato che tra gli acquirenti delle partite di narcotico del trio Cacciola-Certo-Pronestì sarebbero stati individuati degli esponenti di spicco della Cosca Cappello di Catania.

LA ROTTA MALTESE

Indicativa, al riguardo, sarebbe la creazione di una rotta per far giungere la cocaina anche in territorio maltese. Nello specifico gli inquirenti riportano come nel febbraio del 2018, Ivan Meo (considerato vicino ai Cappello) e due soggetti non identificati che avrebbero funto da “staffetta”, si sarebbero recati via mare da Pozzallo (nel ragusano) a Malta. Consegnata la droga Meo avrebbe “incassato” l’importo pattuito riportando in Italia oltre 50 mila, così come cristallizzato da una perquisizione veicolare e dal relativo sequestro effettuati al ritorno a Pozzallo.

LA SINERGIA TRA I GRUPPI CRIMINALI

Le indagini avrebbero poi dimostrato che tra i rosarnesi e le altre associazioni criminali si sarebbe creata una vera e propria sinergia.

Sebbene nella quasi totalità dei casi le ingenti partite di narcotico partissero dalla Calabria per approvvigionare i vari acquirenti, quest'ultimi, in alcuni casi, avrebbero ricambiato il favore rifornendo di stupefacente gli stessi rosarnesi o un altro gruppo con l'intermediazione degli stessi.

I SEQUESTRI E GLI ARRESTI IN FLAGRANZA

Con la decriptazione della messaggistica, inoltre, è stato possibile ottenere indicazioni significative sul modo di operare dell’organizzazione, così come identificare i sodali e ricostruire numerosi episodi di commercio e importazione di stupefacenti.

Infatti, nel corso delle indagini, su attivazione del Gico di Catanzaro, sono stati arrestati in flagranza di reato, da altri Reparti della Guardia di Finanza, ben dieci corrieri di droga e sequestrati circa 80 kg di cocaina che una volta in commercio avrebbe fruttato più di 4 milioni di euro, oltre che svariati chili tra marijuana e hashish.

Inoltre, dall'attività d'indagine è emerso che, tra l'aprile e il novembre del 2018, l'organizzazione abbia movimentato, oltre a quelli sequestrati, altri 140 kg di coca.