Società svuotate per sottrarre 26 milioni ai creditori, 23 denunce e sequestri
Una colossale bancarotta fraudolenta, di oltre 26 milioni di Euro. È quanto contesta la Guardia di Finanza di Reggio Calabria a 23 persone denunciate a piede libero, tutte considerate responsabili in concorso tra loro. Nei loro confronti, a seguito della richiesta del Pm titolare delle indagini, il Gip di Palmi ha emesso un decreto di sequestro preventivo di beni immobili per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro.
LE INDAGINI, condotte dai Finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Reggio, coordinati dalla Procura della Repubblica di Palmi, avrebbero permesso di accertare che l’amministratore ed i soci di una impresa del settore della grande distribuzione alimentare, “L’Opera Srl” con sede a Cinquefrondi, avrebbero ideato - secondo gli inquirenti - un sofisticato piano finalizzato alla distrazione di beni (terreni e somme per oltre 26 milioni) attraverso la creazione di società “fittizie”, sempre a loro riconducibili dissimulando, in tal modo, la reale situazione economico patrimoniale e tentando di eludere ogni potenziale azione di recupero da parte dei creditori e dello Stato
GDF: SOCIETÀ FITTIZIE PER SOTTRARRE BENI E DENARO ALL’AZIENDA IN FALLIMENTO
09:25 | Le complesse attività investigative svolte dalle Fiamme Gialle reggine, su delega della Procura, dimostrerebbero il tentativo, dunque, di depauperare gradualmente le casse e il patrimonio aziendale della società, allo scopo di trarne illeciti vantaggi economici a danno di dipendenti, fornitori, Istituti di credito e dell’Erario. L’amministratore unico, Vincenzo Andrea Belcastro, con il concorso dei soci - secondo l’accusa mossa dagli investigatori - avrebbe creato in particolare di 5 società a responsabilità limitata, gestite da parenti e altri soggetti compiacenti, a beneficio delle quali venivano distratti beni e risorse finanziarie, così da sottrarli alla massa dell’attivo fallimentare. Lo scopo sarebbe stato quello per rendere l’impresa in fallimento, di fatto, una mera “scatola vuota”.
“Attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti a favore delle società conniventi - spiegano i finanzieri - l’intera consistenza di magazzino de “L’opera S.R.L.”, del valore di oltre 3 milioni di euro, veniva distratta progressivamente, fino ad azzerarsi completamente con l’approssimarsi del fallimento”. Nell’arco dell’ultimo biennio, poi, sarebbero spariti altri 1,6 milioni di euro presenti nelle casse della società: a Belcastro e ai suoi presunti complici sarebbe stato sufficiente far risultare fittizi pagamenti in contanti per le retribuzioni dei dipendenti o per gli acquisti dai fornitori. La società avrebbe fatto ricorso, inoltre, alla simulazione della cessione di rami di azienda in favore delle società create presumibilmente ad hoc, allo scopo di continuare a operare, attraverso queste ultime e sotto mentite spoglie, nel settore della grande distribuzione alimentare.
Infine, tramite la complicità di diversi imprenditori del settore edilizio, i vertici della società sarebbero riusciti a occultare e a distogliere dalla massa fallimentare la titolarità di alcuni terreni, di cui però avrebbero continuato a conservarne il controllo e la disponibilità. Terreni che, essendo divenuti edificabili, hanno visto accrescere il proprio valore nel tempo fino a raggiungere i 5 milioni di euro circa.
L’Amministratore Vincenzo Andrea Belcastro e, a titolo di concorso, 22 soggetti residenti nella Piana di Gioia Tauro dovranno dunque rispondere del reato di “bancarotta fraudolenta”.