‘Ndrangheta: clan Bonavota, 5 assoluzioni in appello
La Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro ha assolto i cinque imputati dell'operazione antimafia "Uova del drago", accusati di far parte del clan Bonavota di Sant'Onofrio, ritenuto fra i più influenti della 'ndrangheta vibonese.
In particolare, sono stati assolti dall'accusa di associazione mafiosa i fratelli Pasquale e Domenico Bonavota, figli del defunto boss Vincenzo Bonavota, e per i quali il sostituto procuratore generale Marisa Manzini aveva chiesto 5 anni di carcere a testa. Francesco Fortuna, Onofrio Barbieri ed Antonio Patania, ritenuti dall'accusa organici al clan Bonavota, e per i quali la Manzini aveva chiesto 3 anni e 4 mesi a testa per associazione mafiosa, sono stati anche assolti.
Annullata pure la confisca di beni ubicati a Sant'Onofrio (un terreno, un capannone e quote di una pizzeria) e a Roma (un tabacchino). Impegnati nel collegio di difesa gli avvocati Muzzopappa, Gaito, Rotundo, Coppi, Cantafora, Staiano, Tiziana Barilaro, Gennaro, Aricò e, per la sola confisca dei beni, gli avvocati Brancia e Muzzopappa.
Gli imputati erano stati condannati in appello il 21 ottobre 2011 a 5 anni ciascuno per associazione mafiosa. Il 20 aprile 2012 la Cassazione aveva però annullato le condanne ordinando un nuovo processo di secondo grado. L'operazione antimafia era scattata nell'ottobre 2007 ed era stata condotta dal pm della Dda Marisa Manzini col supporto dei carabinieri. Provincia di Vibo e Comune di Sant'Onofrio figuravano parti civili. Con l'operazione "Uova di Drago" - portata a termine all'alba del 30 ottobre 2007 - gli investigatori spiegarono di aver colpito le "nuove leve" del clan vibonese che negli ultimi anni avevano assunto una crescente autonomia. Secondo gli inquirenti i Bonavota avevano via via esteso il proprio potere in tutta la regione arrivando a competere con le maggiori consorterie criminali, ed a creare solide propaggini a Roma e Torino e zone limitrofe. Quella dei Bonavota fu all'epoca descritta come una cosca in continua espansione che, grazie al basso profilo tenuto negli ultimi anni, era riuscita a stringere forti alleanze con i gruppi limitrofi, dagli Anello di Filadelfia, ai Lo Bianco di Vibo fino ai potentissimi Mancuso di Limbadi. I Bonavota, sempre secondo le accuse, avevano diretto la loro azione soprattutto verso le aree industriali e commerciali di Vibo Valentia e Pizzo, dove si erano radicati da anni. La cosca avrebbe dominato da tempo il racket nei comuni di S. Onofrio, Stefanaconi e Maierato, grazie anche ad un capillare controllo del territorio attuato con il ricorso a vere e proprie ronde. (AGI)