La dieta del futuro: la nutria in tavola
In Sudamerica le nutrie si mangiano da secoli ma, negli anni più recenti, dalle foreste sono arrivati nelle aziende agricole. Infatti, gli agricoltori si dedicano all'allevamento di nutrie, un'attività ormai relativamente ben consolidata nel Paese, dove lì è considerata come carne pregiata nelle diete locali.
Anche in Germania prima della Seconda Guerra Mondiale la nutria fu introdotta per sostenere l’economia delle popolazioni rurali della Repubblica di Weimar. Oggi in Germania e in Francia la carne della nutria è commercializzata e infatti la normativa europea prevede un iter preciso per far sì che le carni arrivino al dettaglio con tutte le tutele sanitarie del caso. Per questo se ne è parlato della nutria al Congresso Italiano di Teriologia in termini che aprono a prospettive originali.
I veterinari della AUSL di Modena, ipotizzano infatti che invece di abbattere le nutrie e poi bruciarne le carcasse, le carni di questi animali, così come accade in altri paesi e come già accaduto anche nel nostro paese negli anni ’50, potrebbero essere messe in commercio per il consumo. In Italia la nutria è stata importata a partire dagli anni '20 per creare allevamenti per la produzione delle pellicce. In seguito alla crisi del mercato delle pellicce e all’abbandono degli allevamenti negli anni 30-40 dovuto alla grave crisi economica e allo scoppio della II Guerra Mondialie, molti esemplari sono stati rilasciati in natura.
Oggi la nutria, che vive lungo le sponde e gli argini dei corsi d’acqua, ha invaso il centro e nord Italia con piccoli nuclei isolati nell'Italia meridionale e nelle isole. Questa specie provoca notevoli danni alla vegetazione e quindi l'estinzione locale della fauna associata a tali ambienti, come ad esempio il Tarabuso (Botaurus stellaris) e il Falco di Palude (Circus aeruginosus). Inoltre può fare dei danni diretti sulla fauna predando uova e pulcini di uccelli che nidificano a terra come il Mignattino piombato e il Tuffetto.
La nutria può provocare inoltre ingenti danni all'agricoltura per l'escavazione degli argini, che si indeboliscono, e per danni nei campi di cereali e riso. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti", a proposito di questo in Italia esiste un grande pregiudizio, poiché la nutria è infatti assimilata, per il suo aspetto, ad un grande topo, e a questo si associa l’impressione che sia un possibile vettore di malattie pericolose per l’uomo.
In realtà, le cose non stanno così in quanto i tanti studi epidemiologici e monitoraggi sanitari nell’area di origine della specie e nelle area di espansione, anche in Italia, illustrano una situazione che è analoga in tutte altre specie per il consumo umano che sono gestite in tutta sicurezza, grazie a norme precise a tutela dei consumatori. Pertanto da questo punto di vista si tratta di animali normalmente gestibili in una filiera di lavorazione per il consumo umano come la selvaggina minuta. La FAO la considera fra le specie più adatte per l’allevamento a scopo di integrazione alimentare delle famiglie rurali dei paesi poveri.