Dall’importazione allo spaccio: la filiera della droga era cosa loro, 54 arresti

Reggio Calabria Cronaca

L'importazione dall'estero, il trasporto, lo stoccaggio in luogo sicuro ed infine la divisione, lo smercio e la vendita al dettaglio.

Gestiva l'intera filiera il sodalizio criminale scoperto a seguito di una lunga indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che si è conclusa, questa mattina, con un blitz che ha portato a 54 arresti e 28 indagati (LEGGI) tra Reggio, Villa San Giovanni, San Roberto, Seminara, Gioia Tauro e Catania.

Una vasta operazione interforze che ha visto dispiegati oltre 250 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri.

L'hub stretegico

L'indagine avrebbe permesso di acclarare la presenza di due gruppi criminali, ognuno dedito ad uno specifico ruolo nell'ambito del traffico di droga.

Il primo sarebbe stato impegnato nella vendita al dettaglio di ogni tipo di stupefacente, mentre il secondo all'importazione dall'estero della droga.

Gli ordini erano destinati ad Equador, Spagna, Germania, Olanda e Belgio, ed entravano in Italia tramite il porto di Gioia Tauro, utilizzato come vero e proprio hub strategico.

La base in casa del boss

Le indagini, sviluppate tra il 2021 ed il 2024, hanno permesso di evidenziare un gruppo solido e coeso, rinforzato anche da particolari legami di sangue e familiari, che aveva come base operativa proprio l'abitazione del suo presunto "boss", residente in un comune dell'Aspromonte.

Questi, pur essendo già agli arresti domiciliari, avrebbe continuato a gestire tutte le fasi dell'importazione di droga, individuando i canali di approvviggionamento, i luoghi dove occultare la merce in sicurezza e definendo persino il prezzo di vendita al dettaglio.

Il ruolo dei pusher

Ma non solo: lo stesso avrebbe dato anche indicazioni precise circa la riscossione dei crediti, da attuare anche tramite violenza fisica, e definito i ruoli dei singoli gregari affinché le piazze di spaccio fossero sempre rifornite di marijuana, hashish, cocaina e crack.

La sostanza, nascosta in sacconi di spazzatura o dentro comuni borsoni o tracolle, veniva affidata direttamente ai pusher che aveno poi il compito di rivenderla nel reggino e nel catanese.

Lo spaccio per telefono

Proprio un carico di marijuana sarebbe stato intercettato mentre era diretto a Catania. In quella circostanza è stato ricostruito il modus operandi dello spaccio, che avveniva sempre previo contatto telefonico.

Una volta fissato l'appuntamento ad un dato orario ed in un luogo preciso, avveniva infatti lo scambio: circostanza ampiamente documentata dall'indagine, in quanto collegata a luoghi noti dello spaccio, e che ha permesso di recuperare circa 2 chili di marijuana pronta alla vendita.

la "pulizia" dei cinesi

Il gruppo, oltre ad avere solidi legami con la criminalità organizzata e una notevole rete di conoscenze consolidate e contatti diretti per l'importazione di droga dall'estero, era impiegnato anche su altri fronti.

Sarebbe emerso infatti un notevole trasferimento di denaro in contanti a Roma, assegnato ad un gruppo specializzato - composto esclusivamente da cittadini cinesi - dedito alla "pulizia" di quelle somme, che venivano poi reimmesse nel circuito economico tramite operazioni mirate.

I messaggi criptati

L'intera rete si avvaleva di sistemi di messaggistica criptata, utilizzando piattaforme come l'oramai nota SkyEcc per poter sfuggire alle indagini.

Accertato, inoltre, un episodio di estorsione aggravata dal metodo mafioso a danno di un imprenditore, aggiudicatario di un appalto da 230 mila euro per la realizzazione di una strada tra i comuni di Roccaforte del Greco e la diga del Menta.

I sequestri di coca e soldi

Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati 117 chili di cocaina, nascosti in un autoarticolato appena uscito dal porto di Gioia Tauro, e 483 mila euro in contanti, debitamente occultati in un sito di stoccaggio impiegato dal sodalizio. Sequestrati preventivamente beni (tra beni mobili, immobili, società, rapporti finanziari e conti correnti) per un valore stimato in circa 1,5 milioni di euro.

L'importazione dall'estero, il trasporto, lo stoccaggio in luogo sicuro ed infine la divisione, lo smercio e la vendita al dettaglio. Gestiva l'intera filiera il sodalizio criminale scoperto a seguito di una lunga indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, che si è conclusa, questa mattina, con un blitz che ha portato a 54 arresti e 28 indagati (LEGGI) tra Reggio, Villa San Giovanni, San Roberto, Seminara, Gioia Tauro e Catania. Una vasta operazione interforze che ha visto dispiegati oltre 250 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri.

L'indagine avrebbe permesso di acclarare la presenza di due gruppi criminali, ognuno dedito ad uno specifico ruolo nell'ambito del traffico di droga. Il primo sarebbe stato impegnato nella vendita al dettaglio di ogni tipo di sostanza stupefacente, mentre il secondo era dedito all'importazione dall'estero dello stupefacente. Gli ordini erano destinati ad Equador, Spagna, Germania, Olanda e Belgio, ed entravano in Italia tramite il porto di Gioia Tauro, utilizzato come vero e proprio hub strategico.

TUTTO SOTTO CONTROLLO DALL'ASPROMONTE

Le indagini sul gruppo, articolate tra il 2021 ed il 2024, hanno permesso di evidenziare un gruppo solido e coeso, rinforzato anche da particolari legami di sangue e familiari, che aveva come base operativa proprio l'abitazione del suo "boss", residente in un comune dell'Aspromonte. Questo, pur essendo già agli arresti domiciliari, avrebbe continuato a gestire tutte le fasi dell'importazione di droga, individuando i canali di approvviggionamento, i luoghi dove occultare la merce in sicurezza e definendo persino il prezzo di vendita al dettaglio.

Ma non solo: lo stesso avrebbe dato anche indicazioni precise circa la riscossione dei crediti, da attuare anche tramite violenza fisica, e definito i ruoli dei singoli gregari affinchè le piazze di spaccio fossero sempre rifornite di marijuana, hashish, cocaina e crack. La sostanza, nascosta in sacconi di spazzatura o dentro comuni borsoni o tracolle, veniva affidata direttamente ai pusher che aveno poi il compito di rivenderla nel reggino e nel catanese.

Proprio un carico di marijuana sarebbe stato intercettato mentre era diretto a Catania. In tale circostanza è stato ricostruito il modus operandi circa lo spaccio, che avveniva sempre previo contatto telefonico. Una volta fissato l'appuntamento ad un dato orario ed in un luogo preciso, avveniva lo scambio: circostanza ampiamente documentata dall'indagine, in quanto collegata a luoghi noti dello spaccio, e che ha permesso di recuperare circa 2 chili di marijuana pronta alla vendita.

ESTORSIONI E RICICLAGGIO

Il gruppo, oltre ad avere solidi legami con la criminalità organizzata e una notevole rete di conoscenze consolidate e contatti diretti per l'importazione di droga dall'estero, era impiegnato anche su altri fronti. Sarebbe infatti emerso un notevole trasferimento di denaro in contanti a Roma, assegnato ad un gruppo specializzato - composto esclusivamente da cittadini di nazionalità cinese - dedito alla "pulizia" di quelle somme, che venivano poi reimmesse nel circuito economico tramite operazioni mirate.

L'intera rete si avvaleva di sistemi di messaggistica criptata, utilizzando piattaforme come l'oramai nota SkyEcc per poter sfuggire alle indagini. Accertato, inoltre, un episodio di estorsione aggravata dal metodo mafioso a danno di un imprenditore, aggiudicatario di un appalto (da 230 mila euro) per la realizzazione di una strada tra i comuni di Roccaforte del Greco e la diga del Menta.

Nel corso dell'operazione sono stati sequestrati 117 chili di cocaina, nascosti in un autoarticolato appena uscito dal porto di Gioia Tauro, e 483 mila euro in contanti, debitamente occultati in un sito di stoccaggio impiegato dal sodalizio. Sequestrati preventivamente beni (tra beni mobili, immobili, società, rapporti finanziari e conti correnti) per un valore stimato in circa 1,5 milioni di euro.