Tabaccheria lavatrice del narcotraffico, a capo una “testa di legno”
Un’anonima tabaccheria, una tra le tante, intestata ad un altrettanto anonimo prestanome. Dietro, però, si sarebbe nascosto un “mezzo” per riciclare e reimpiegare i guadagni illeciti ottenuti col narcotraffico.
È questa l’ipotesi della Direzione Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che oggi ha fatto sequestrare agli uomini della Guardia di Finanza locale l’attività commerciale, che si trova a Palmi.
Secondo gli inquirenti la tabaccheria - come detto intestata ad un uomo del posto - sarebbe però riconducibile e gestita, con diversi ruoli, dai componenti di uno stessa famiglia.
Il lavoro in un’altra azienda
Appostamenti e sopralluoghi, l’esame della documentazione commerciale e dei conti correnti bancari dei soggetti coinvolti avrebbe difatti portato a ritenere che il titolare formale dell’impresa non avesse mai realmente gestito la stessa, anche tenuto conto del fatto che fosse dipendente in un’altra azienda ed in un altro comune.
Per la Dda, dunque, una “testa di legno”, totalmente disinteressata alla Tabaccheria, di cui non frequentava nemmeno i locali e da cui non percepiva alcuna utilità economica.
La famiglia dei carcerati
La stessa sarebbe invece risultata gestita concretamente dai familiari di due detenuti, recentemente condannati dal Tribunale di Reggio a oltre 14 anni di reclusione nell’ambito dell’operazione “Tre Croci”, per il loro coinvolgimento in un’attività di narcotraffico internazionale.
Secondo la condanna in prima grado i soggetti, attualmente reclusi, avrebbero condotto un’attività di intermediazione logistica del traffico di droga gestito attraverso il porto di Gioia Tauro, curando l’importazione delle partite di stupefacente, le fasi dell’esfiltrazione e, a volte, anche la diretta cessione di consistenti carichi di coca.
Gli interessi delle cosche
Più in generale, pertanto, la presunta intestazione fittizia della tabaccheria sarebbe stata da un lato funzionale a favorire gli interessi economici della famiglia dei due detenuti, a cui è risultata arrivare la gran parte dei flussi finanziari riferibili alla gestione dell’impresa, e dall’altreo, avrebbe avuto lo scopo di soddisfare “le esigenze di riciclaggio e reimpiego nell’attività commerciale dei proventi dell’attività di narcotraffico a cui gli stessi erano dediti nell’ambito e in funzione della cura degli interessi delle cosche”. E ciò, anche per agevolare l’attività della ‘ndrangheta, in particolare le cosche Piromalli, Molè, Crea, Alvaro e Gallico.