Visite private a spese del pubblico? In manette dirigenti medici e infermieri
Un’altra tegola giudiziaria si abbatte sulla sanità pubblica calabrese: cinque dirigenti medici, tre infermieri e due dipendenti dell’Ufficio Alpi, l’attività libero professionale intramuraria, dell’Azienda ospedaliera universitaria “Renato Dulbecco”, sono finiti infatti ai domiciliari insieme ad un imprenditore del settore della vendita di dispositivi medicali.
Un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria è invece stato disposto per un ex dirigente medico della stessa Dulbecco, a cui si addebitano fatti risalendo a quando era ancora in servizio; mentre un altro dirigente medico è stata stato sottoposto al divieto di dimora nel comune di Catanzaro.
Disposto infine il sequestro di circa un milione di euro nei confronti di otto dirigenti medici e dell’imprenditore, somme che sono ritenute come il profitto di alcuni dei reati contestati.
I reati contestati
Il blitz è scattato stamani quando i militari della Guardia di Finanza di Catanzaro e del Nas dei Carabinieri, hanno eseguito le misure emesse dal Gip nei confronti di quattordici indagati, a cui carico la Procura ipotizza a vario titolo i reati di associazione per delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato, accesso abusivo a sistema informatico o telematico, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative, peculato, falsa attestazione di presenza in servizio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio.
Gli arrestati
I domiciliari sono stati disposti quindi per Gianpiero Maglia, all’epoca dei fatti Dirigente Medico del Reparto di Cardiologia-Utic dell’A.O. Pugliese-Ciaccio; Mafalda Candigliota, Dirigente Medico del Reparto di Cardiologia-Utic dell’AOU Renato Dulbecco; Marco Scicchitano, Dirigente Medico del Reparto di Oculistica della Dulbecco.
Ed ancora, per Anna Rita Procopio, fino ad aprile 2025 infermiera del Reparto di Oculistica della Dulbecco; Riccardo Sperlì, infermiere del Reparto di Oculistica della Dulbecco; Roberto Iuliano, Dirigente Medico del Reparto di Gastroenterologia della Dulbecco; Luigi Mancuso, pensionato ma all’epoca Dirigente Medico Responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale (S.S.D.) Alpi della Dulbecco.
Infine, per Rossella Viscomi, Dipendente Amministrativo in servizio presso l’Alpi della Dulbecco; Mariateresa Debora Lanatà, Dipendente Amministrativo in servizio presso l’Alpi della Dulbecco; Antonio Attisani, Infermiere del Reparto di Cardiologia della Dulbecco; e Maurizio Gigliotti, all’epoca legale rappresentante della Emmegi Hospital.
Il ruolo dell’Alpi
Le indagini, effettuate con intercettazione e perquisizioni, fanno ritenere che otto dirigenti medici della Dulbecco, con la complicità dell’Alpi, abbiano svolto sistematicamente, negli anni, attività intramoenia allargata, ossia in studi privati al di fuori dei locali ospedalieri.
Si sarebbero così gestite in autonomia le visite, incassando dai pazienti - in contanti - il corrispettivo delle prestazioni e provvedendo a versarne nelle casse dell’azienda ospedaliera di appartenenza solo una minima parte: un modo, secondo gli inquirenti, “per dissimulare l’illiceità delle condotte perpetrate”.
Il sistema organizzato
Gli stessi investigatori ritengono quindi che questo meccanismo sia stato reso possibile dal continuo e “organizzato” apporto di due funzionarie e del dirigente (oggi in pensione) e dell’Alpi.
Quest’ultimi - per i militari “consapevoli dell’illecita attività svolta dai professionisti” - avrebbero fornito un aiuto concreto provvedendo sia ad accedere al sistema informatico dell’ospedale per registrare ex post (con date ritenute fittizie) le prenotazioni delle poche visite “regolarizzate” dai professionisti, sia indirizzando direttamente a quest’ultimi i pazienti intenzionati ad avvalersi di prestazioni in intramoenia.
Gli infermieri “complici”
In alcuni casi, i medici avrebbero anche svolto l’attività intramoenia durante il normale orario di servizio, così contribuendo a non smaltire le liste d’attesa, notoriamente estremamente lunghe.
Si ipotizza poi che due dei medici coinvolti si siano avvalsi sistematicamente, nello svolgimento della loro attività intramoenia, di infermieri dipendenti dell’Azienda ospedaliera, che vengono considerati pienamente coinvolti nella presunta attività illecita, agevolandola con specifiche condotte autonome, come ad esempio riscuotendo in contanti dai pazienti il denaro relativo alle prestazioni dei professionisti.
Gli interventi di cataratta
Secondo quanto ricostruito, poi, uno dei dirigenti medici avrebbe svolto, nel tempo, anche interventi di cataratta abusivi, sia presso una clinica privata – i cui amministratori sarebbero stati consapevoli della condotta illecita del medico, legato da un vincolo di esclusività all’Dulbecco – sia presso il suo studio privato.
A fronte di questi interventi, qualora i pazienti avessero richiesta la fattura, il medico l’avrebbe fatta emettere dall’Alpi, facendogli rendicontare, tuttavia, una prestazione diversa, perché questo tipo di operazioni non avrebbero potuto essere svolte in regime intramurario.
Le fatture “aggiustate”
Inoltre, sempre lo stesso dirigente medico – che è stato già indagato a gennaio del 2024 – con la presunta complicità di due infermieri dipendenti della sua stessa azienda e di un imprenditore cosentino, avrebbe impiegato sistematicamente parte del denaro ottenuto nella sua attività professionale, utilizzando un sofisticato sistema di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Le due società di capitali, che avrebbero consentito al medico di perpetrare la presunta truffa ai danni dell’azienda di appartenenza e, una di esse, anche di reimpiegare il denaro provento dell’attività, sono attualmente indagate per responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato.
Il presunto vincolo associativo
Sulla base degli elementi raccolti, dunque, gli inquirenti hanno ipotizzato nei confronti di sei dei dirigenti medici coinvolti, la sussistenza di un vincolo associativo che legherebbe gli stessi con i componenti dell’ufficio Alpi e con gli infermieri utilizzati per lo svolgimento dell’attività professionale intramuraria “allargata”.
Infine, sarebbe emerso che uno dei dirigenti, già direttore dell’Alpi della Dulbecco, che svolgeva e svolge attualmente l’attività di Doping Control Officer e Blood Control Officer per conto della Federazione Medico Sportiva Italiana, in ben 46 occasioni, avrebbe prodotto della documentazione (tra fatture per pasti, alberghi e spese di viaggio), ritenuta del tutto fittizia, così da ottenere i rimborsi dalla stessa Federazione. Parimenti, in numerose occasioni, avrebbe anche attestato falsamente la propria presenza in servizio.